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Sigarette elettroniche. I liberal italiani: “Quella tassa è ingiustificata”


Si tratterebbe di “un arbitrario tratto di penna da parte del potere pubblico, magari su pressioni lobbistiche”. Al massimo si potrebbe ipotizzare una tassazione delle fiale contenenti nicotina. Lo sostiene Pietro Monsurrò, fellow dell’Istituto Bruno Leoni, in un Briefing Paper  dedicato al tema.

18 LUG - “Le sigarette elettroniche sono normali prodotti commerciali per i quali, al momento, non sono noti ‘costi sociali’ accertati rilevanti. Per tenere conto di eventuali rischi, nell’attesa di evidenze conclusive, si può immaginare una forma di tassazione molto moderata, che prenda a riferimento – per esempio – il contenuto di nicotina”. È quanto sostenuto da Pietro Monsurrò, fellow dell’Istituto Bruno Leoni, nel suo Briefing Paper “Tassare le sigarette elettroniche?”.

“È auspicabile quindi che sia i nuovi rivenditori che i tabaccai potranno vendere i nuovi prodotti: sarebbe del resto grave che, dati gli investimenti già effettuati da parte degli esercenti dei nuovi negozi di sigarette elettroniche, un arbitrario tratto di penna da parte del potere pubblico, magari su pressioni lobbistiche di alcune categorie di operatori economici, mandi questi esercizi commerciali a gambe per aria”, sostiene Monsurrò.

Lo studio tenta di stimare il possibile gettito – tenendo conto sia della perdita di gettito dal business del tabacco tradizionale, sia del maggior gettito presumibilmente sottratto al contrabbando – in diversi scenari di imposizione. In relazione alle misure contenute nel Decreto del Fare, Monsurrò spiega: “Il mercato delle sigarette elettroniche con e senza nicotina sarà fortemente depresso, rimanendo attrattivo quasi esclusivamente per chi cerca di smettere, venendo a mancare l’incentivo di un minore costo. A parità di altre condizioni aumenterà quindi il fumo di sigarette normali (incluse quelle di contrabbando), e i posti di lavoro nell’indotto si ridurranno considerevolmente”.
 

18 luglio 2013
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