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Medicine non convenzionali. Cresce l'uso e l’offerta formativa post laurea


Una ricerca pubblicata su Omics Publishing Group e condotta nell’ambito del Master in “Sistemi Sanitari, Medicine Tradizionali e Non Convenzionali” dell’Università di Milano-Bicocca, dimostra come l’insegnamento delle medicine tradizionali non convenzionali (TM/NCM) stanno lentamente guadagnando terreno in Italia. 

28 AGO - L’Università italiana sta assumendo un interesse crescente e sempre più concreto nelle Medicine Tradizionali e Non Convenzionali (TM/NCM). A dirlo è una ricerca condotta su 37 università pubbliche e 3 private (Campus Biomedico, Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Università Vita e Salute), l'anno accademico di riferimento è il 2011-2012.
 
Lo studio – il primo de genere in Italia, svolto nell’ambito della prima edizione del Master in “Sistemi Sanitari, Medicine Tradizionali e Non Convenzionali” dell’Università di Milano-Bicocca e pubblicato su Omics Publishing Group – evidenzia come alcune università italiane stanno aprendo a queste discipline cominciando così ad allinearsi alla prassi internazionale, dove l'insegnamento sulla NCM all'interno del curriculum universitario è ormai diffuso. Infatti, oltre il 90% delle università britanniche offrono corsi di questo tipo, così come l'83% dei college americani. Mentre per quanto riguarda le università europee, un recente sondaggio ha rilevato che diversi corsi su NCM sono fatti in circa il 40% degli istituti che ha accettato di partecipare alla ricerca.
 
Dunque le medicine tradizionali non convenzionali stanno lentamente guadagnando terreno in Italia. L'ultima ricerca indica che: più del 50% dei medici consigliano farmaci omeopatici per i loro pazienti, il 14,5% della popolazione italiana si avvale di Medicine non convenzionali; il 16,2% del campione ricorre a farmaci omeopatici.
 
Gli autori nel corso della ricerca hanno analizzato i programmi di formazione MT/NCM offerti dalle Università di Medicina, sia pubbliche che private, per l'anno accademico 2011-2012.
 
Un questionario con otto domande è stato inviato a tutte le facoltà di Medicina. I quesiti, sui programmi di formazione post-laurea sia in medicina tradizionale che non convenzionale, analizzavano l’alta formazione, i corsi post-laurea, eventuali specializzazioni, i master, dottorati e altri generi come l’Ecm e via dicendo).
 
Gli autori hanno anche ricostruito una mappa geografica dei diversi programmi di educazione tipi di medicina tradizionale e non convenzionale, mettendo in evidenza i più virtuosi Centri Universitari Italiani e delle Regioni in materia.
Facendo invece una “classifica” per master offerti si dimostra come il centro del Pese abbia un’offerta più ampia rispetto al resto del territorio. Per cui nel Lazio c’è la più alta percentuale di master, 29%, seguito dalla Toscana, 23%, e poi la Campania, 18%, la Sicilia, 12%, a seguire Emilia Romagna, Lombardia e Sardegna con il 6%.
 
Le conclusioni a cui giunge lo studio dicono che in un momento di crisi economica e di mancanza di risorse per il Ssn le medicine tradizionali non convenzionali possono rappresentare una via d'uscita: essendo relativamente economiche da implementare in termini di budget e ravvivando anche l'antica arte medica basata sul tocco, l'osservazione del e di empatia tra medico e paziente. Se la Biomedicina ha infatti compiuto passi straordinari nel trattamento di condizioni acute, nel suo stato tecnologico avanzato ha creato un vuoto nel rapporto medico-paziente riducendo l'arte della medicina ad una visione frammentaria della persona. Dunque una miscela fatta di Biomedicina e medicina tradizionale non convenzionale è anche adatta a quella definizione dell'Oms per cui la salute “non è solo assenza di malattia ma uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale”. 

28 agosto 2013
© Riproduzione riservata


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