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I medici italiani sono ancora “liberi”?

di Ivan Cavicchi

Lo status originario di professione liberale è sopravvissuto solo sotto forma di “ossimori” nei tanti cambiamenti con i quali questa professione ha dovuto fare i conti. Tempo pieno e tempo definito, extramoenia e intramoenia, dipendenza e convenzione, professione  libera o dipendente, e libera e dipendente. Ma oggi il sistema degli “ossimori” è in crisi

08 DIC - Francesco Albertiha definito la  libera professione  dei medici come “non libera  professione” cioè come una sorta di prigione, (QS 5 dicembre). E’ un ossimoro che sicuramente  evidenzia delle contraddizioni. La sua proposta  è ripensare, in invarianza di sistema, la libera professione semplicemente rendendola più  libera. Costantino Troise anche lui parla spesso di ossimori lamentandosi dello stato giuridico del medico (dipendente/dirigente), o riferendosi alla 229 (autonomia/gestione) e propone  di voltare pagina ripescando l’idea della  “categoria speciale” (QS 26 novembre). Anche Riccardo Cassi si lamenta degli ossimori per sottolineare e non a torto il problema della spersonalizzazione del medico (professione/burocrazia) (QS 27 settembre) e teorizza la definizione di un nuovo ruolo e di una nuova area contrattuale .
 
Che succede? Gli ossimori sono entrati in crisi? Non funzionano più? O più semplicemente non convengono più?
La professione medica rispetto all’ultimo mezzo secolo si è configurata come  probabilmente la più ossimorica e la più ambigua fra tutte le professioni dello stesso genere. Il suo status  originario di professione liberale è sopravvissuto proprio sotto forma di ossimori nei tanti cambiamenti con i quali questa professione ha dovuto fare i conti: tempo pieno e tempo definito, extramoenia e intramoenia, dipendenza e convenzione, professione  libera o dipendente e libera e dipendente ecc. L’ambiguità, nel senso etimologico  del termine, è stata sino ad ora  la sua strategia. (“Ambiguus” vuol dire “spingere da una parte e dall’altra”).
 
A questa ambiguità originaria  è corrisposta strumentalmente quella dello Stato che ne ha fatto la giustificazione principale  per sottopagare i medici, cioè per scaricare una parte dell’onere retributivo sui cittadini. La questione della libera professione di cui si lamenta Alberti, è probabilmente la più paradossale: nasce non priva di sovrastrutture ideologiche sull’esclusività, con un intento moralizzatore quindi per difendere il sistema pubblico dalle speculazioni di molti  medici, ma diventa malgrado le buone intenzioni, il più iniquo strumento di privatizzazione del sistema, configurandosi  allo stesso tempo come  una grave fonte di iniquità e di ingiustizia sociale (indagini conoscitive del Senato, rapporti dei Nas. Sulla questione ho già scritto (QS 8marzo 2012; QS15 marzo 2012), mi limito a sottolineare che l’errore o se si preferisce il limite culturale della riforma Bindi fu quello di aver tentato maldestramente di razionalizzare gli ossimori ma non di superarli quando già allora avremmo potuto farlo.
 
18 anni fa, il quadro dei problemi legati alla professione medica, era già molto chiaro al punto che  io stesso, da sindacalista, pubblicai  un libro con uno strano titolo “la rivolta dei minotauri, il lavoro in sanità da problema a soluzione” (Laterza 1995). Sostenevo che gli operatori metà tecnici e metà burocrati, metà dipendenti e metà liberi professionisti, nell’interesse primario del malato e delle professioni bisognava superarli a favore di un genere nuovo di operatore…che già allora chiamai “autore”. L’idea era di liberare  il minotauro (un  ossimoro a sua volta)  da un labirinto burocratico seguendo la strada dell’autogoverno del lavoro.
 
Oggi da quel che sembra, gli ossimori, quindi i minotauri, sono in una crisi che si configura come   crisi dell’ambiguità, cioè del   poter essere nel mondo  in più modi diversi, e che ci dice che oggi l’ambiguità non paga più. Forse per questo alcune professioni più di altre, sono  alla ricerca  di  nuove ontologie professionali, mentre altre tradiscono le loro irrisolte frustrazioni di ruolo inseguendo senza senso competenze ibride e marginali. La domanda che si pone Troise è quanto mai rivelatrice: ”fino a che punto il pubblico impiego è coerente con la natura professionale, la specificità e la delicatezza dell’attività medica”. Altrettanto rivelatrice è la frase di Alberti quando  scrive della “colpa di essere dipendenti” quasi a dirci  che quella che una volta era una condizione  vantaggiosa e tollerante oggi è diventata una condizione svantaggiosa e intollerante. E probabilmente è proprio così.
 
Ormai la spesa pubblica per le ragioni note  agli occhi di molti operatori sta diventando professionalmente  svantaggiosa e penalizzante. Da qui l’idea  di alcuni, ancora detta sottovoce, di potersi emancipare dai condizionamenti della dipendenza pubblica, magari allargando i rapporti convenzionati a tutta la dipendenza; ma anche l’idea  di altri che al contrario pensano di uniformare tutto ad una dipendenza pubblica totipotente. Ma  mentre  in un caso o nell’altro le professioni  cercano  faticosamente una ridefinizione giuridico contrattuale, le ambiguità, continuano a circolare come se  il loro tempo non fosse finito. Le Regioni hanno iniziato ad esaminare un  atto di indirizzo (ancora in bozza) con il quale pur mantenendo lo schema della convenzione per i medici di base propongono di riallocare molte autonomie riconosciute alla convenzione in tema di organizzazione del lavoro, direttamente  alle Regioni. I motivi sono i più diversi, molti  condivisibili,  ma intanto  l’idea di base è che la convenzione debba essere profondamente ripensata all’insegna di nuovi obblighi contrattuali  pubblici.
 
Le mie proposte  da molti anni vanno in un'altra direzione…l’autore è un genere nuovo di operatore che supera ossimori e ambiguità perché è  tempo, da molto tempo, di cambiare. Autonomia in cambio di responsabilità misurata sulla base dei risultati. Tra dipendenza pubblica e lavoro convenzionato, tra ossimori e ambiguità, scelgo la strada dell’autogoverno garantito e controllato  del lavoro a qualsiasi livello del sistema. Di questo parleremo il 18 dicembre in un seminario di studio Anao Assomed.
 
Ivan Cavicchi

08 dicembre 2013
© Riproduzione riservata


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