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Le "pagelle" di Brunetta. E si scoprì che i fannulloni non ci sono


Il commento. I dati della sperimentazione del nuovo sistema di valutazione del personale delle Asl, previsto dalla “legge Brunetta” sul pubblico impiego, sollecitano almeno due riflessioni che vanno al di là dei risultati. La prima è che di fannulloni, almeno nella sanità se ne sono trovati molto pochi. La seconda è che, se sono tutti bravi, sarà molto difficile applicare gli incentivi previsti dalla legge "Brunetta".
 

07 DIC - I dati della sperimentazione del nuovo sistema di valutazione del personale delle Asl, previsto dalla “legge Brunetta” sul pubblico impiego, sollecitano almeno due riflessioni che vanno al di là dei risultati.
La prima è che nella sanità sono molto pochi i famosi “fannulloni”, se per tali possiamo definire quei dipendenti con performance basse e quindi esclusi dal sistema di premialità previsto dalla legge. In tutto non più del 10-14% nelle diverse categorie.
La seconda è che il sistema per l’attribuzione del trattamento accessorio legato alle performance individuali, se di fannulloni ce ne sono così pochi, rischia di collassare sotto una moltitudine di ricorsi giurisprudenziali.
 
Ma andiamo con ordine. La prima riflessione dovrebbe portare il ministro Renato Brunetta a fare un minimo di autocritica rispetto alla sicumera con la quale ha adottato in più di un’occasione il termine fannulloni per caratterizzare la categoria dei dipendenti pubblici “salvo eccezioni”. In questo caso vale esattamente il contrario: dipendenti pubblici molto bravi o bravi “salvo eccezioni”. Un ministro della Funzione Pubblica dovrebbe essere contento di ricredersi su questo punto. Brunetta lo sarà?
La seconda riflessione dovrebbe invece condurre ad una pronta ridefinizione delle modalità premiali dato che, così come ideate, risultano di ben ardua applicazione.
Vediamo perché. Se si dovessero erogare le premialità in base ai risultati della sperimentazione nel Ssn (che indicano, nel caso dei medici ad esempio, il 46% di performance alte e il 40% di performance medie), diventerebbe molto difficile spiegare a quasi la metà dei medici della fascia “alta” che rientrerebbe nella premialità di serie A, visto che la legge fissa nel 25% (con una deroga massima del 30%) la soglia di dipendenti da inquadrare nella fascia alta di valutazione con relativo premio di serie A.
Il vulnus sta infatti in quella sorta di “numero chiuso” nell’accesso al trattamento accessorio, che di fatto risulta essere basato non sul merito del singolo ma su un calcolo pregiudiziale antecedente allo stesso processo di valutazione.
 
Sembra uno scioglilingua, ma basta leggere la legge per capire che le cose stanno effettivamente così.
La norma (art. 19) prevede infatti tre classi di valutazione (alta, media, bassa). Alla prima si stabilisce che possa accedere solo il 25% del personale valutato, alla seconda il 50% e alla terza il restante 25%. Tali soglie sono estendibili o comprimibili per un massimo del 5%.
I premi vanno esclusivamente alle prime due fasce, nella misura del 50% del monte premiale riservato alla fascia alta e di un altro 50%  alla fascia media. Alla fascia bassa non va nulla, salvo deroghe in sede di contrattazione integrativa. Il monte premiale si divide quindi tra il 75% del personale valutato. Ora, come nel caso della simulazione presentata oggi, come si fa quando tra fascia alta e fascia media, sempre nel caso dei medici, si arriva quasi all’86%?
 
La legge non prevede tale eventualità ma si limita a contemplare un secondo livello di valutazione che verrà effettuato da un “Organismo indipendente” al quale spetta di “scremare”  le prime valutazioni redatte dallo stesso ente di appartenenza dei dipendenti. A questo punto è facile ipotizzare che, per ottemperare al dettato legislativo, questa seconda valutazione si trasformerà in una sorta di “concorso” a premi a numero chiuso che, se applicato alla simulazione odierna, lascerebbe fuori dalla festa l’11% dei medici e il 14% degli infermieri, valutati comunque positivamente.
E’ vero che per il Ssn la stessa legge Brunetta demanda alle Regioni il compito di stabilire le fasce di merito e la suddivisione del monte premiale. Ma lo steccato entro il quale le normative regionali dovranno formarsi resta ben stretto e definito così da non far prevedere forti differenze tra il sistema (quello del 25-50-25) previsto per le amministrazioni statali. Senza contare poi che il termine per le leggi regionali scade il prossimo 31 dicembre 2010. Entro quella data, se le Regioni non avranno varato proprie legge varranno le fasce e le soglie nazionali fino all’emanazione dell’eventuale legge regionale.
 
Cesare Fassari
 

07 dicembre 2010
© Riproduzione riservata


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