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Salute delle donne. Finlandia il miglior paese al mondo, la Somalia il peggiore. Italia all’11° posto


Il 15° Rapporto di Save the Children sullo Stato delle Madri nel Mondo ha analizzato le condizioni delle mamme - e di riflesso dei loro bambini - tenendo conto di 5 indicatori: salute e istruzione, condizioni economiche, politiche e sociali. Nord Europa in testa alla classifica. In fondo i Paesi dell’Africa sub-sahariana. IL RAPPORTO.

06 MAG - È il Nord Europa che si trovano i Paesi in cui lo stato di salute delle donne, il loro livello di istruzione, le condizioni economiche, politiche e sociali garantiscono il benessere alle mamme e ai loro figli. Sono infatti Finlandia, Norvegia e Svezia che si aggiudicano il podio nella 15esima edizione del rapporto Save the Children dedicato allo Stato di Salute delle Madri nel Mondo. Al contrario sono tutti dell’Africa sub-sahariana, quelli che si collocano in fondo alla classifica, con i coda la Somalia, preceduta dalla Repubblica Democratica del Congo (RDC) e, a pari merito, da Niger e Mali, che ottengono punteggi molto scarsi per ognuno dei 5 indicatori su cui si è basato il Rapporto: salute materna e rischio di morte per parto,  benessere dei bambini e tasso di mortalità entro i 5 anni, grado di istruzione, condizioni economiche e Pil procapite, partecipazione politica delle donne al governo.

Immediatamente prima, tra gli ultimi dieci (a partire dal migliore), Costa d’Avorio, Ciad, Nigeria, Sierra Leone, Repubblica Centrafricana, Guinea Bissau.

Quest’anno l’Italia fa un passo in avanti, portandosi dal 17° della precedente edizione all’11° posto, “cambiamento – spiega Save the Children - dovuto sostanzialmente all’aumento della presenza delle donne al governo (passato dal 20,6% della scorsa edizione al 30,6% del’ultima)”.

I confronti tra i paesi ricchi e i paesi in via di sviluppo sono ancor più stridenti se si esaminano i singoli indicatori. Se in Svezia (3° posto) una donna su 14.100 rischia di perdere la vita per cause legate alla gravidanza o al parto, in Chad (170° posto) accade ad una su 15. Un bambino su 5 in Sierra Leone (172°posto) rischia di morire prima di aver compiuto 5 anni, mentre in Islanda corre questo rischio solo uno su 435 (4° posto).
 
Le madri e i bambini nelle crisi umanitarie
Il 15° Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo esamina in particolare l’impatto delle crisi umanitarie sul benessere e la sopravvivenza delle madri e dei loro bambini. “Durante le emergenze, siano esse conflitti o calamità naturali, i problemi che abitualmente affliggono alcuni Paesi – povertà, malnutrizione, violenza sessuale, gravidanze non pianificate e parti non assistiti – vengono naturalmente esacerbati, così come si accentuano le differenze economiche e di genere”, spiega Save the Children.

Sin dalla prima edizione del rapporto nel 2000, infatti, i paesi che si posizionano in fondo alla classifica sono quelli che stanno vivendo o hanno di recente vissuto una grave crisi umanitaria, un conflitto, gravi emergenze o in cui c’è un problema di accesso e qualità delle cure sanitarie.

Sono ben 250 milioni i bambini con meno di 5 anni che vivono in paesi in conflitto, nei quali si concentra ben il 56% di tutte le morti materne e infantili. In tali contesti, per ogni persona che perde la vita a causa della guerra, ce ne sono da 3 a 15 che muoiono a causa di malattie, complicazioni mediche e malnutrizione, anche perché in media gli operatori sanitari che lavorano in questi luoghi sono meno della metà di quelli necessari per far fronte ai bisogni della popolazione.

E accanto alla guerra ci sono le catastrofi naturali, il 95% delle quali colpisce i paesi in via di sviluppo. In queste situazioni, si stima che le donne e i bambini corrano 14 volte più di un uomo il rischio di morire.

Tra le 28 nazioni che negli anni hanno raggiunto le 10 posizioni più basse della classifica, 27 sono paesi fragili, in conflitto o post conflitto, mentre 18 di esse sono state bersaglio di frequenti calamità naturali. Inoltre moltissimi di questi paesi fronteggiano una perenne crisi sanitaria, dovute principalmente ad un accesso limitato all’assistenza sanitaria.

In particolare 7 paesi (tra cui repubblica Democratica del Congo, Niger, Mali e Guinea-Bissau), sono tra gli ultimi dell’indice di Save the Children sin da quando è stato lanciato la prima volta nel 2000. Sei di essi hanno vissuto un conflitto e tutti – ad eccezione della Guinea Bissau – sono stai colpiti da vari disastri naturali.

L’Asia meridionale annovera circa un terzo delle morti infantili, con dei tassi particolarmente alti nelle comunità maggiormente escluse e le aree maggiormente fragili, come ad esempio lo stato indiano di Bihar e Odessa e la provincia pakistana di Khyber Pakhtunkhwa.

Nel 1990, il 16% delle morti infantili avvenivano nell’Africa centro-occidentale, oggi solo la Nigeria e la Repubblica Democratica del Congo rappresentano il 20% di queste morti.

“Il conflitto che ha flagellato la Repubblica Democratica del Congo ha causato 5,4 milioni di morti, ma solo il 10% di queste è stata direttamente provocato dalla guerra. Si stima che conflitto siriano in corso ha causato in media la morte di 1000 donne e bambini al mese, ma sono migliaia quelli morti per la fame e la mancanza di cure mediche. Prima dell’inizio del conflitto, in Siria il tasso di mortalità infantile era di 15 bambini morti prima dei cinque anni ogni mille nati ed il Paese era in linea per raggiungere gli obiettivi del millennio 4 e 5 relativi all’abbattimento della mortalità infantile e il miglioramento della salute materna. Oggi, benché non si riescano ad avere dati aggiornati, le donne siriane continuano a partorire senza assistenza e per paura di ciò che può accadere durante il parto, pianificano parti cesarei, i bambini non hanno accesso alle vaccinazioni e si stanno diffondendo di nuovo – per la prima volta nell’ultimo decennio – la polio e il morbillo”, ha affermato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.

Emblematico, secondo Save the Children, di come le crisi umanitarie – siano esse provocate dall’uomo o dalla natura – possano mettere a dura prova il benessere delle madri e dei bambini di un Paese è il caso delle Filippine, un paese a medio reddito che sembrava sulla buona strada per raggiungere il quarto Obiettivo del Millennio (il tasso di mortalità infantile era di 30 bambini morti prima dei 5 anni ogni 1000 nati), aveva fatto anche notevoli passi avanti per raggiungere il 5° obiettivo, relativo alla salute delle madri (il tasso di mortalità materna era di 99 donne ogni 100.000), e dal 2010 ha portato avanti una importante riforma per fornire la copertura sanitaria universale. Il paese negli ultimi anni è stato funestato da tre grandi tifoni che hanno messo in discussione questi fondamentali obiettivi: Washi che nel 2011 ha ucciso 1.400 persone e prodotto 430.000 sfollati, Bopha che nel 2012 ha ucciso 2000 persone e lasciato circa 1 milione senza una casa,  e circa sei mesi fa, l’8 novembre 2013, Hayan, che ha colpito 16 milioni di persone, 10 milioni dei quali sono donne e bambini, uccidendone oltre 6.000 e ferendone quasi 29.000.

“Ma le madri di tutto il mondo, anche nei contesti più difficili, fanno di tutto per portare avanti la promessa che fanno ai loro figli nel giorno in cui li mettono al mondo, quella di proteggerli sempre. Vediamo spesso madri che durante le crisi umanitarie più acute, continuano a guardare avanti, che cercano di trasformare un campo profughi in una casa, che scappano dalle violenze con i propri figli tra le braccia. Sono quelle stesse madri che vediamo sbarcare quotidianamente sulle nostre coste, con i loro bambini, o ancora quelle che mettono il proprio figlio in viaggio, sapendo i rischi che corre a partire ma aggrappandosi alla speranza che essi siano inferiori a quelli che correrebbe se restasse. Sono quelle madri che continuano ad andare avanti concentrandosi sulla speranza che il futuro dei loro figli possa essere migliore, e alle quali dobbiamo dare una risposta”, ha concluso Valerio Neri.

Per quanto riguarda l’Italia, come accennato, nel rapporto di Save the Children di quest’anno passa dal 17° all’11°posto, sostanzialmente grazie ad un aumento sostanziale della percentuale media di partecipazione delle donne al Governo del Paese, passata dal 20,6 della scorsa edizione del rapporto all’attuale 30,6%, dato che tuttavia rimane inferiore a quello di paesi come l’Angola (36,8%), il Mozambico (39,2%), Timor leste (38,5%). Secondo i dati, le condizioni di salute delle mamme e dei bambini si mantengono a livelli alti (il tasso di mortalità femminile per cause legate a gravidanze e parto è pari a 1 ogni 20.300, quello di mortalità infantile è di 3,8 ogni 1000 nati vivi), come abbastanza alto è il livello di istruzione delle donne, pari a 16,3 anni di formazione scolastica. Al contrario subisce un decremento il reddito nazionale pro capite, che passa da 35.290 a 33.860 euro.
 
“Save the Children, al fine di migliorare concretamente le condizioni di madri e bambini, soprattutto in contesti d’emergenza, chiede agli Stati, ai donatori e a società civile di assicurare che ogni madre e ogni neonato che vivono in zone di crisi abbia accesso a cure di qualità, venga investito di più per la loro istruzione e assicurata loro protezione. Inoltre, è necessario promuovere azioni relative alla prevenzione e al riduzione del danno nelle emergenze, così come occorre continuare a perseguire l’obiettivo della copertura sanitaria universale, assicurandola sopratutto ai più vulnerabili. Inoltre è necessario che ogni intervento in contesti emergenziali sia pianificato tenendo conto  dei bisogni specifici di madri e bambini, assicurando supporto politico e risorse finanziate adeguate, azioni cooordinate che siano focalizzate sui bisogni sanitari di madri e bambini nei contesti di crisi”. E per celebrare in modo speciale la Festa della Mamma 2014, Save the Children lancia un appello perché “essa diventi un’occasione speciale per sostenere gli interventi a favore di mamme e bambini nei paesi che stanno vivendo un’emergenza”, anche attraverso i regali della Lista dei Desideri che Save the Children mette a disposizione e legati agli interventi che l’Organizzazione porta avanti nelle situazioni di emergenza, come ad esempio una visita post-parto (9 euro), e 3 set parto (21 euro).
 

06 maggio 2014
© Riproduzione riservata


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