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Arresti cardiaci ed eventi avversi. Il 56,7% si può prevenire con il monitoraggio dei parametri vitali


Presentati oggi a Milano i risultati di uno studio sull’efficacia di nuove tecnologie di monitoraggio automatizzato in grado di riconoscere con maggior rapidità i pazienti a rischio di eventi avversi e arresto cardiaco. In due terzi dei casi, i pazienti mostrano segni e sintomi anomali nelle 6 ore precedenti l’arresto cardiaco.

29 MAG - Ridurre l’incidenza di eventi avversi e di arresti cardiaci, nonché i giorni di ospedalizzazione dei pazienti, salvaguardando la salute delle persone e l’efficienza economica delle strutture ospedaliere, è possibile. Lo garantisce uno studio internazionale multicentrico Vital presentato oggi al Simposio Mostra Anestesia Rianimazione Terapia Intensiva (Smart) in corso a Milano.

Infatti gli eventi avversi sono episodi apparentemente improvvisi, ma in realtà vengono annunciati dal peggioramento dei parametri vitali, campanello d’allarme per un pronto intervento al momento giusto per il paziente giusto. Il monitoraggio dei parametri vitali e l’intervento tempestivo sono quindi due aspetti fondamentali per la salvaguardia della vita del paziente, cui si accompagnano nuove strategie e soluzioni di monitoraggio per riconoscere con rapidità i pazienti a rischio e ridurre gli eventi gravi, hanno spiegato gli esperti.

“La precoce identificazione dei pazienti a rischio di deterioramento mediante l’analisi e il monitoraggio dei segni vitali ha un significativo rilievo. I segni clinici evidenziano i potenziali problemi prima che possano svilupparsi, contribuendo a ridurre la degenza. L’intervento precoce può fare la differenza nel migliorare i risultati  nei pazienti e, nel lungo termine, condurre ad una politica di contenimento dei costi negli ospedali. Questi importanti progressi si basano sul concetto chiave che la cura del paziente non è più uno sforzo individuale: i migliori risultati e gli interventi più efficaci per salvaguardare la vita dei pazienti si ottengono  quando gli operatori sanitari lavorano insieme, come una squadra, utilizzando la migliora tecnologia e i migliori dati disponibili.”, ha affermato Rinaldo Bellomo, M.D., Ph. D., Director of Intensive Care Research at the Austin Hospital in Melbourne, Australia.

I dati presentato oggi documentano, negli ospedali italiani, la presenza di eventi avversi in area medica nel 37,5% dei casi, in chirurgia 30,1%, in pronto soccorso 6,2% e in ostetricia 4%. La media nazionale degli eventi avversi in ospedale è risultata del 5,5%, percentuale minore rispetto alla media di studi internazionali che vedono il rischio di eventi avversi al 9,2%. Ancora oggi, fino al 17% dei pazienti nelle aree ospedaliere di medicina generale e chirurgia si troverà ad affrontare una complicanza imprevista. Ma, hanno spiegato gli esperti, i sintomi “premonitori” di un arresto cardiaco si presentano generalmente 6 ore prima dell’evento. E gli eventi avversi che si possono verificare nei reparti di medicina, pediatria, chirurgia e che possono degenerare in un arresto cardiopolmonare, possono essere identificati tramite alterazioni patofisiologiche quali: anomalie respiratorie 38%, anomalie multiple 27%, metaboliche 11%, cardiologiche 9%, neurologiche 6%.(6)

In definitiva, “il 56,7% degli eventi avversi si possono prevenire, con il monitoraggio dei parametri vitali”.
 
I parametri fisiologici di base (Early Warning Score) da monitorare per ridurre il rischio e identificarlo in tempo riducendo l’intervento dei team d’emergenza, anche se, secondo il protocollo dei singoli ospedali, possono essere monitorati un numero maggiore di segni vitali:(7)
-    frequenza respiratoria
-    pressione sistolica
-    frequenza cardiaca
-    temperatura
-    punteggio AVPU (scala di valutazione dello stato di coscienza)

La valutazione del punteggio EWS (Early Warning Score) permette di determinare il rischio di aggravamento e morte di un paziente attraverso il riconoscimento precoce di parametri fisiologici e  di osservazione sullo stato di coscienza.  

Con lo studio multicentrico internazionale Vital, che ha coinvolto 5 paesi, 12 reparti di medicina generale e oltre 18.000 pazienti, si è quindi studiata l’efficacia del monitoraggio automatizzato (monitor Intellivue MP5SC) attraverso un sistema elettronico che permette di individuare i pazienti a rischio di aggravamento, acquisendo automaticamente i parametri vitali, automatizzando il calcolo del punteggio EWS e rilevando i segni di aggravamento in modo da attivare più tempestivamente un intervento di emergenza. In particolare, i ricercatori hanno studiato l’efficacia dell’utilizzo del monitoraggio automatizzato in aggiunta ai protocolli di reparto misurando la sopravvivenza dopo intervento d’urgenza, gli eventi avversi severi e la lunghezza della degenza ospedaliera con i seguenti risultati:

•    Aumento della sopravvivenza dopo intervento dell’equipe d’emergenza 6%
•    Diminuzione della durata della degenza 25%
•    Riduzione del tempo speso per registrare e calcolare l’EWS 37,5%
•    Riduzione del tempo per misurare e registrare i segni vitali da 4.1 minuti a 2.5 comportando in totale 1.7 ore al giorno di assistenza che hanno permesso gli infermieri di concentrare le energie su altri aspetti della cura del paziente.

“Lo Studio Vital ha permesso di dimostrare come lo sviluppo di una nuova tecnologia di monitoraggio sia efficace nell’aiutare gli infermieri e i medici di reparto a rispondere più tempestivamente al  deterioramento clinico del paziente. Con il riconoscimento più rapido delle criticità, infatti, le squadre di pronto intervento possono essere attivate più rapidamente  e i  pazienti possono ricevere un intervento di alto livello in pochi minuti. La disponibilità di un valido supporto decisionale del personale sanitario  permette di ottimizzare l’attività di squadra dei medici  e, migliorando l’attivazione dei team di emergenza, permette di ridurre i tempi di ospedalizzazione e gli eventi fatali”, ha commentato Bellomo.

Per questo, secondo gli esperti riuniti allo Smart, in uno scenario ospedaliero di controllo dei costi e riduzione del personale, dove la qualità della cura deve essere assicurata al massimo dei suoi livelli, garantire un monitoraggio “efficace” ad una grande popolazione di pazienti allettata e/o ambulante può contribuire alla riduzione dei casi di arresto cardiaco e morte improvvisa, a limitare i costi derivanti dal trasferimento dei pazienti in terapia intensiva e ad automatizzare il workflow con conseguente riduzione degli errori e del carico di lavoro per il personale.

“Oltre al supporto tecnologico – ha infatti dichiarato Alberto Oggioni, Business Manager Patient Care and Monitoring Solutions, Philips Healthcare - Philips è impegnata nell’offerta di una soluzione completa che porti la struttura ad una ottimizzazione del processo di cura. La strumentazione è infatti solo la base da cui partire, ma Philips può offrire anche sistemi di comunicazione avanzati, strumenti che migliorino il workflow, supporti decisionali clinici e formazione del personale rispondendo alla necessità di politiche innovative di assistenza sanitaria che ottimizzano l’assistenza al paziente, i flussi di lavoro clinico e la gestione finanziaria”.

29 maggio 2014
© Riproduzione riservata


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