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Sanità europea e sanità americana. Non sono poi così distanti. Ma per le difficoltà economiche

di Nicola Salerno

Certamente le due sanità convergono anche su buone pratiche e soluzioni a problemi comuni. Ma la vera convergenza la ritroviamo 'in negativo' ed è legata alle difficoltà economiche e alle criticità che ne derivano, frutto di debolezze strutturali che su entrambi i fronti stanno dimostrando la presenza di insufficienze nelle istituzioni e negli strumenti attuali

26 NOV - I sistemi nazionali, e i due modelli europeo e statunitense, sono rimasti distanti, impenetrabili e “fedeli alla loro ricetta”, o c’è stata qualche simbiosi con convergenze dell’uno sull’altro? A questa domanda l’ultimo lavoro del centro studi Reforming (in allegato lo studio integrale) appronta delle prime risposte analizzando le serie storiche proprio in questa luce, e poi collegando l’analisi dello storico con l’analisi delle proiezioni a medio lungo periodo della spesa sanitaria. Così il confronto può spaziare lungo un secolo, dal 1960 al 2060.
 
Si riconoscono numerose tendenze convergenti, all’interno dell’Europa e tra l’Europa e gli Usa. In alcuni casi si può supporre che esse derivino dalla condivisione, pur lenta, di best practice o di soluzioni a problemi comuni o simili (si pensi a certe proporzioni interne tra sottocapitoli di spesa). Ma a dire il vero la spinta convergente più forte sembra venire da un problema non risolto: dalle dinamiche stesse dei fabbisogni e della spesa e dalle criticità che ne derivano. Una convergenza, si potrebbe dire, “in negativo”, frutto di debolezze strutturali che su entrambi i fronti stanno dimostrando la presenza di insufficienze nelle istituzioni e negli strumenti attuali.
 
Se si analizzano i più recenti Programmi di stabilità dei Paesi europei, è possibile calcolare quattro indicatori di sostenibilità:
1. il peso su ogni attivo delle risorse necessarie per finanziare in pareggio la spesa sanitaria e di assistenza ai non autosufficienti;
2. il peso su ogni attivo delle risorse necessarie per finanziare in pareggio la spesa per sanità, assistenza ai non autosufficienti e pensioni;
3. l’indicatore 1. espresso non per attivo ma per occupato effettivo;
4. l’indicatore 2. espresso non per attivo ma per occupato effettivo.
 
I quattro indicatori possono esser letti direttamente come indicatori di sostenibilità del pay-as-you-go pubblico, ovvero del meccanismo oggi alla base del finanziamento di pensioni e sanità in tutti i Paesi europei, e che chiama gli occupati a finanziare, tramite imposte sui redditi da lavoro e contributi, l’erogazione delle prestazioni per gli altri cittadini che ne hanno diritto.
 
In Italia, oggi ogni attivo contribuisce (virtualmente se non è occupato) al finanziamento delle prestazioni sanitarie acute e per assistenza ai non autosufficienti con risorse annue pari a circa il 20,5% del Pil pro-capite. Questa proporzione è destinata a crescere sino a superare il 26,6% nel 2060. Ogni occupato oggi sostiene (effettivamente) il finanziamento della sanità con risorse pari al 22,4% del Pil pro-capite, destinato ad aumentare mano a mano sino a superare il 28,6%. Se si aggiunge anche la voce di spesa pensionistica, il peso su ogni attivo passa dall’odierno 58,3% al 67,3% nel 2060 (+9 p.p.), mentre il peso su ogni occupato dal 63,7% al 72,2% (+8,5 p.p.).
 
In Germania
, oggi ogni attivo contribuisce al finanziamento delle prestazioni sanitarie acute e per assistenza ai non autosufficienti con risorse annue pari a oltre il 19% del Pil pro-capite. Questa proporzione è destinata a crescere sino a sfiorare il 30% nel 2060. Ogni occupato oggi sostiene il finanziamento della sanità con risorse pari al 20,7% del Pil pro-capite, destinato ad aumentare mano a mano sino a toccare il 32% nel 2060. Se si aggiunge anche la voce di spesa pensionistica, il peso su ogni attivo passa dall’odierno 41,3% a circa il 62% nel 2060 (+18 p.p.), mentre il peso su ogni occupato dal 44,5% al 65,8% (+20 p.p. circa).
 
In Francia, oggi ogni attivo contribuisce al finanziamento delle prestazioni sanitarie acute e per assistenza ai non autosufficienti con risorse annue pari a quasi il 23% del Pil pro-capite. Questa proporzione è destinata a crescere sino a superare il 27% nel 2060. Ogni occupato oggi sostiene il finanziamento della sanità con risorse pari a oltre il 25% del Pil pro-capite, destinato ad aumentare mano a mano sino a sfiorare il 30% nel 2060. Se si aggiunge anche la voce di spesa pensionistica, il peso su ogni attivo passa dall’odierno 55,5% a circa il 63,5% nel 2060 (+8 p.p.), mentre il peso su ogni occupato dal 61% a oltre il 68% (+7 p.p. circa).
 
Una condizione relativamente migliore sembra avere il Regno Unito, anche grazie al suo sistema pensionistico che ha già assunto da tempo un assetto multipilastro maturo e contribuisce ad alleviare il carico corrente del pay-as-you-go pubblico. Tuttavia, anche per il Regno Unito gli incrementi nel tempo degli indicatori di sostenibilità, compresi tra i 12 e i 14 p.p. da oggi al 2060, segnalano la necessità di mantenere alta l’attenzione per gli aggiustamenti strutturali futuri.
 
In Spagna, oggi ogni attivo contribuisce al finanziamento delle prestazioni sanitarie acute e per assistenza ai non autosufficienti con risorse annue pari a quasi il 15% del Pil pro-capite. Questa proporzione è destinata a crescere sino al 22% nel 2060. Ogni occupato oggi sostiene il finanziamento della sanità con risorse pari a circa il 19% del Pil pro-capite, destinato ad aumentare mano a mano sino a sfiorare il 24% nel 2060. Se si aggiunge anche la voce di spesa pensionistica, il peso su ogni attivo passa dall’odierno 35,4% a oltre il 54% nel 2060 (+20 p.p. circa), mentre il peso su ogni occupato da circa il 44% a oltre il 58% (+14 p.p. circa).
 
Soglie così alte sono raggiunte anche dagli Stati Uniti, basta solo analizzare con attenzione i dati di fonte Congress Budget Office e Census Bureau Population Division.
L’analisi delle proiezioni può esser scomposta in tre blocchi:
1. il primo relativo alla spesa pubblica per assistenza sanitaria di base e pensioni;
2. il secondo relativo alla spesa sanitaria pubblica complessiva e alle pensioni;
3. il terzo relativo alla spesa sanitaria totale pubblica e privata e alle pensioni.
 
Si tratta di tre blocchi di perimetro crescente, in cui il blocco successivo ingloba il precedente e vi aggiunge ulteriori voci di spesa.
Considerato che la spesa pubblica per pensioni conta il 4,6% del Pil nel 2010 e non supera mai il 5% del Pil lungo tutto l’orizzonte temporale, il primo blocco può riferirsi all’assistenza di base, quella che in Italia definiremmo Lea (Livelli essenziali di assistenza) o Lep (Livelli essenziali delle prestazioni). Ogni attivo contribuisce al finanziamento delle prestazioni sanitarie di base con risorse annue pari a circa l’11% del Pil pro-capite. Questa proporzione è destinata a crescere sino al 30,5% nel 2060. Il carico su ogni occupato è pari a oltre il 13% del Pil pro-capite, destinato ad aumentare mano a mano sino a superare il 32% nel 2060. Se si aggiunge anche la voce di spesa pensionistica, il peso su ogni attivo passa dall’odierno 21,7% a oltre il 41,1% nel 2060 (+20 p.p. circa), mentre il peso su ogni occupato da circa il 24% a oltre il 43 (+19 p.p. circa). Rispetto all’Europa, il peso dell’assistenza di base parte da livelli più bassi ma, in prospettiva, sperimenterà trend acuti, paragonabili a quelli più intensi in Europa registrabili per la Germania.
 
Se, invece dell’assistenza sanitaria di base, si prende in considerazione il complesso della sanità pubblica, il carico per attivo e per occupato ovviamente aumenta. Ogni attivo contribuisce al finanziamento delle prestazioni sanitarie pubbliche complessive con risorse annue pari a circa il 17% del Pil pro-capite. Questa proporzione è destinata a crescere sino al 26,6% nel 2020. Il carico su ogni occupato è pari a quasi il 19% del Pil pro-capite, destinato ad aumentare mano a mano sino a superare il 26% nel 2020. Se si aggiunge anche la voce di spesa pensionistica, il peso su ogni attivo passa dall’odierno 26,8% a oltre il 35,3% nel 2020 (+9 p.p. circa in 10 anni), mentre il peso su ogni occupato da circa il 29,6% a circa il 37,3 (+8 p.p. circa). I livelli di partenza sono inferiori a quelli dei Paesi dell’Europa occidentale, ma la dinamica appare subito intensa e guidata quasi interamente dalla sanità.
 
Se, infine, si passa al terzo blocco e la spesa sanitaria presa in considerazione è quella complessiva pubblica e privata, il carico su attivi/occupati diviene ancora più alto, posizionandosi da subito su livelli molto simili a quelli europei. La differenza riscontrabile consiste in livello un po’ più bassi per gli Stati Uniti nell’immediato, a fronte di trend che appaiono un po’ più intensi e che, prolungati sino al 2060, produrrebbero livelli prospettici superiori negli Stati Uniti rispetto all’Europa. Ne emerge una considerazione chiara: la pressione su attivi e occupati ha gli stessi ordini di grandezza dappertutto e si pone, in altri termini, come un problema non europeo ma “transatlantico”.
 
Se sistemi con radici e ispirazioni così diverse, pubblici e privati, europei e statunitensi, prestano il fianco agli scenari di crescita della spesa sanitaria e del carico su attivi/occupati, esiste una soluzione? Al di là degli sforzi di efficientamento (organizzazione dei sistemi sanitari nazionali, concorrenza tra provider, concorrenza nel mercato assicurativo, responsabilizzazione dei cittadini fruitori e dei medici prescrittori, etc.) e del disegno di accessi selettivi, il punto critico appare proprio quello del criterio di finanziamento. Se alla maggior spesa si tenterà di far fronte utilizzando quote crescenti dei redditi prodotti anno per anno dal sistema economico, l’effetto sarà quello di una crescente pressione fiscale e/o contributiva.
 
Un punto cardine dovrà essere la diversificazione multipilastro del finanziamento, per affiancare al criterio a ripartizione pubblico (pay-as-you-go), a quello privato di mutualità pura, e a quello assicurativo privato (pooling), il criterio basato su investimenti reali di lungo termine sui mercati, sull’accumulazione reale. Un punto che, nei meccanismi fondamentali, si presenta tel quel sia per la sanità che per le pensioni, anche se sinora più indagato e discusso, e in parte affrontato, per queste ultime che per la sanità. Ovviamente l’accumulazione non è una panacea e non le vanno assolutamente attribuite automatiche virtù taumaturgiche. Le mancano alcune proprietà positive e salienti sia della ripartizione (è il canale più adatto alla coesione inter e inter generazionale e alle finalità redistributive) che della mutualità e della copertura assicurativa (contro grandi eventi avversi, l’accumulazione potrebbe non essere capiente o, se lo è, potrebbe venire in larga parte assorbita). Inoltre, un eccesso di accumulazione reale esporrebbe troppo al rischio di mercato e potrebbe essere esso stesso fonte di instabilità dei mercati (in concomitanza con i flussi di investimento e di disinvestimento). Esiste un rischio di over-reliance sulla accumulazione reale che è speculare e simmetrico a quello di over-reliance sulla ripartizione.
 
I Paesi occidentali hanno di fronte compito, tutt’altro che facile, di ridosare cum granu salis ripartizione e accumulazione. Questo riassesto strutturale, che corrisponde anche ad una piena presa di coscienza dei profondi cambiamenti nelle economie e nelle società dei Paesi occidentali rispetto al Novecento, l’Italia è pienamente coinvolta. 
 
Nicola Salerno
Economista di Reforming.it

26 novembre 2014
© Riproduzione riservata


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