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Giornata malato oncologico. Il Terzo Rapporto: 2,2 milioni di italiani con il cancro, ma aumenta la sopravvivenza


Quattro italiani su cento vivono con una diagnosi di tumore. Ma c’è una buona notizia. Continua a crescere la sopravvivenza. Quasi 1,3 milioni di persone ha superato il tumore da più di 5 anni (57% dei malati circa) e circa 800 mila sono vive dopo oltre 10 anni dalla diagnosi. Lo rileva il Terzo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologi presentato oggi al Roma.

12 MAG - Sono 2 milioni e 250 mila gli italiani che vivono con una diagnosi di tumore (il 4% dell’intera popolazione). La maggior parte sono donne (il 56%, pari a 1 milione e 256 mila). Ma quasi 1 milione e 300 mila malati di cancro (circa il 57% dei malati) sono ancora in vita a 5 anni dalla diagnosi e circa 800 mila sono vive dopo oltre 10 anni. La quota più alta di lungo sopravviventi, vale a dire di persone che hanno avuto una diagnosi di tumore da almeno cinque anni, riguarda coloro che hanno avuto diagnosticato nella loro vita un tumore alla mammella (il 66% del totale pari ad oltre 331 mila persone nel 2010); segue il tumore alla vescica, con circa il 60% di lungo sopravviventi (circa 135 mila nel 2010); poi quello al colon-retto con il 54% (vale a dire 161 mila nel 2010) di lungo sopravviventi sul totale delle persone che hanno avuto una diagnosi di tumore di colon-retto nella loro vita; sono intorno al 40% (circa 28 mila nel 2010) i malati con una diagnosi da almeno 5 anni tra quelli con tumore alla trachea, ai bronchi e polmoni.
Questi i principali dati emersi dal Terzo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologi elaborato dall’Osservatorio costituito dalla Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia), dal Censis, dall’Inps, dall'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), dall’Airo (Associazione italiana radioterapia oncologica), dalla Sie (Società italiana di ematologia), dal ministero della Salute e dall’Istituto Tumori di Milano, e presentato oggi al Roma presso il Senato, in occasione della VI Giornata nazionale del malato oncologico.

Un Rapporto che mette in primo piano la buona notizia delle crescenti possibilità di sopravvivenza dal tumore, ma che lancia anche l’allarme su tutta una serie di criticità che affliggono i pazienti e che creano forti disparità di cura e di qualità della vita tra malati. Disparità sullìicidenza, anzitutti. Se fino a qualche anno fa il Sud presentava un “vantaggio” dovuto a una maggiore presenza di elementi protettivi nei confronti dei tumori (dieta mediterranea) e a una minore diffusione di fattori cancerogeni (tabagismo, inquinamento ambientale), questo vantaggio si sta man mano dissolvendo. Anche se le aree del Nord presentano ancora livelli di incidenza di circa il 30% più elevati che nel Sud.
Ma quali sono le patologie neoplastiche che colpiscono di più? La diagnosi più frequente tra il sesso femminile (42%) è il tumore della mammella, con circa 38.000 nuovi casi stimati nel 2008 e circa 7.800 decessi. Tra gli uomini, il 22% dei casi (quasi 220 mila persone) è formato da pazienti con tumore della prostata, con 23.500 nuovi casi stimati nel 2010 e circa 7.000 decessi. Se si considera l’intera popolazione, la neoplasia in assoluto più frequente è quella del colon retto. In Italia colpisce 78 persone ogni 100.000 abitanti, per un totale di più di 47.500 nuovi casi l’anno (47.612 stima al 2008). Tra i big killer anche il tumore al polmone, causato nell’87% dei casi dal fumo di sigaretta. Per questo con l’aumento del vizio del fumo tra le donne, cresce anche l’incidenza tra le donne: se il rapporto era di 5 a 1 a svantaggio degli uomini, oggi si è dimezzato passando a 2,5/1. Nel 2008 in Italia si sono ammalati di tumore al polmone 25.147 uomini e 6.955 donne, in totale oltre 32.000 persone e il livello di sopravvivenza a 5 anni varia dal 10 al 15%. I decessi nel 2008 sono stati 26.211.

L’offerta del sistema Paese: 1,1 posti letto ogni 10.000 abitanti
È questa la media italiana di posti letto in area oncologica, ma anche in questo caso le disparità regionali sono evidenti. A stupire non è tanto la forte dotazione del Molise (2,1 p.l. per 10.000 abitanti), visto la presenza nella Regione di un Istituto di cura e ricovero a carattere scientifico, dotato di un centro di eccellenza per la chirurgia oncologica cerebrale, il cui bacino di affluenza comprende buona parte delle Regioni centro-meridionali. Preoccupa invece il difetto di oltre il 50% rispetto alla media nazionale della P.A. di Bolzano (non compensato da un elevato numero di presidi con servizio di oncologia, come è nel caso della limitrofa P.A. di Trento) e quello riguardante la Regione Puglia. In queste Regioni, infatti, la disponibilità di posti letto in area oncologica si ferma rispettivamente a 0,2, 0,4 e 0,6.
Al contrario, per quanto concerne le dotazioni di posti letto nell’area della radioterapia, a fronte di una media nazionale di 10,2 posti letto per 1 milione di abitanti, la Provincia di Trento supera addirittura i 40. Dotazioni nettamente superiori anche in Toscana e in Friuli Venezia Giulia, mentre quattro Regioni, Valle d’Aosta, P.A. di Bolzano, Marche e Basilicata continuano ad essere del tutto prive di posti letto per radioterapia.

I viaggi della speranza. Il Nord è la destinazione più ambita
Il 39% degli italiani è pronto a migrare in un’altra Regione in caso di malattia, dato che sale al 48% per il meridione. Il 39,1% sarebbe anche disposto ad andare all’estero per curarsi e il 3% lo ha già fatto. Infatti, come emerge dai dati del Rapporto, solo otto Regioni presentano un indice di attrazione superiore all’indice di fuga, sia per i ricoveri per tumore che per i ricoveri per chemioterapia.
Particolare il caso della Basilicata, dove ad alti livelli di fuga corrispondono anche alti livelli di attrazione, probabilmente dovuti alle condizioni ancora più critiche delle Regioni limitrofe, che rendono la Basilicata un punto di riferimento per i ricoveri per tumori e chemioterapia.
L’indice di fuga maggiore è quello della Calabria sia per i ricoveri per tumori (55,62%) che per quelli di chemioterapia (32,86%). Dall’altra parte, la Regione più ricercata per i ricoveri per tumori è il Molise (indice di attrazione pari al 31,65%), mentre per i ricoveri per chemioterapia la Regione più ambita è il Friuli Venezia Giulia, con un indice di attrazione del 38,78%.

Radioterapia. Solo 6 Regioni garantiscono adeguati livelli di strumentazione
La radioterapia italiana ha registrato una considerevole crescita in tutti, o quasi, i suoi aspetti, dal numero dei centri di Radioterapia alle loro dotazioni strumentali. Tuttavia il Rapporto evidenzia come da un’analisi dell’Airo (Associazione italiana di radioterapia oncologica) risulti che la radioterapia italiana è ancora fortemente sottodimensionata. Basti pensare che la dotazione ideale dei Linac (Acceleratori Lineari) è stimata in circa 7-8 unità per milione di abitante, obiettivo raggiunto solo in 6 Regioni su 21, con una assoluta supremazia del Nord Italia.
“Queste situazioni limitano fortemente l’accesso dei pazienti alla radioterapia”, evidenzia il Rapporto ricordando che i trattamenti radioterapici sono lunghi e a volte durano anche più di 2 mesi, costringendo chi non ha un servizio di radioterapia nella propria città a spostamenti o veri e propri trasferimenti in altre città per il periodo di cura.
Altro punto critico sul quale ha posto l’attenzione l’Airo è il grado di vetustà delle apparecchiature: “Esistono in Italia ancora troppi Linac più vecchi di 10 anni che non permettono di erogare trattamenti sofisticati, contribuendo così ad aumentare le difformità”.
Allo stesso tempo la dotazione di personale, soprattutto medico, è stimata essere in netta diminuzione rispetto alla domanda. “Un recente studio americano, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology del Dicembre 2010 – ricorda il Rapporto -, prevede un incremento della richiesta di trattamenti radioterapici nei prossimi 10 anni del 20% circa. Se a questo prevedibile aumento della domanda non corrisponderà un adeguamento anche del personale medico-infermieristico e tecnico, oltre che della dotazione tecnologica, sarà difficile offrire trattamenti adeguati dal punto di vista qualitativo in relazione al carico di pazienti”.

Le disparità assistenziali pesano sulle tasche dei cittadini
Quasi 142 milioni di euro annui. E' il costo che pesa direttamente sulle tasche delle persone che rappresentano i nuovi casi di tumore alla mammella ogni anno. Il costo annuale a carico delle persone e relative famiglie riferito a coloro che hanno avuto una diagnosi di tumore alla mammella nei cinque anni precedenti può essere stimato, invece, oltre ai 700 milioni di euro annui. Cifre di non poco conto. Su cui il Censis, con la collaborazione della Favo, sta investigando ulteriormente attraverso l’analisi di un campione nazionale di pazienti oncologici da cui sarà possibile enucleare informazioni decisive per una definizione piena del costo sociale totale delle patologie oncologiche. Ma la prima stima per il tumore alla mammella è sufficiente a lanciare l’allarme. “Le disparità nelle condizioni assistenziali dei pazienti oncologici hanno implicazioni significative sui costi sociali e, in particolare, su quelli privati che pesano sui malati e sulle famiglie” perché, osserva il presidente della Favo, Francesco De Lorenzo, “le migrazioni sanitarie interregionali generano non solo flussi finanziari tra i Servizi sanitari locali, ma anche una serie di costi aggiuntivi, per spostamenti e altre voci, che vengono direttamente sostenuti dalle persone malate e dai loro congiunti. La riduzione del costo sociale ha ovviamente una strada maestra nel miglioramento delle cure e nell’innalzamento progressivo della loro efficacia”. Costo sociale che in totale, secondo il Rapporto, è pari a oltre 380 milioni di euro per i nuovi casi nel 2010 (inclusivo anche dei costi diretti a carico del Servizio sanitario nazionale, oltre che di quelli privati), e a 1,9 miliardi per le persone con diagnosi di tumore nei cinque anni precedenti.

12 maggio 2011
© Riproduzione riservata


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