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“Ssn è alla deriva e rischia di sparire. Nel 2025 serviranno 200 mld”. Certezza risorse, Lea, fondi integrativi e indicatori. Gimbe lancia il Piano di salvataggio

di L.F.

Presentato oggi il Rapporto sulla sostenibilità del Ssn 2016-2015 della Fondazione. Cartabellotta: "Manca un preciso disegno per salvaguardare la sanità pubblica, già sofferente prima della crisi economica, oggi agonizzante per la continua riduzione del finanziamento". SINTESI - RAPPORTO INTEGRALE

07 GIU - Offrire certezze delle risorse; rimodulare i Lea, ripensare la sanità integrativa, definire indicatori per monitorare le regioni e mettere sempre la salute al centro di tutte le politiche. Sono questi 5 i capisaldi del Piano di salvataggio del Ssn presentato oggi dalla Fondazione Gimbe in un convegno a Roma.
 
Lo studio della Fondazione, che ha presentato un vero rapporto ad hoc sul tema dal Titolo: "Rapporto sulla sostenibilità del Ssn 2016-2025"  parte dall'analisi della spesa sanitaria degli ultimi anni e arriva a stimare il fabbisogno al 2025. Per farlo è stato ipotizzato il potenziale contributo dei cunei di stabilizzazione identificati per la sostenibilità della sanità pubblica nei prossimi 10 anni. E tutte le stime riportate sono al netto dell’inflazione (tra le stime, da prendere con le molle, è anche stato definito l’impatto degli sprechi sulla spesa sanitaria pubblica:  24,73 miliardi euro erosi da sovra-utilizzo, frodi e abusi, acquisti a costi eccessivi, sotto-utilizzo, complessità amministrative, inadeguato coordinamento dell’assistenza).
 
Ebbene, il fabbisogno totale (finanziamento pubblico + spesa privata) è stato stimato in 200 miliardi di euro, tenendo in considerazione i seguenti fattori: attuale sotto-finanziamento; benchmark con altri paesi europei; 
rilancio delle politiche per il personale sanitario; inadempimenti LEA da limitata offerta di servizi (ADI, hospice, lungodegenze, etc.); invecchiamento della popolazione;  innovazioni farmacologiche; necessità di ammodernamento tecnologico.
 
Ma secondo Gimbe con gli attuali tassi di crescita della spesa (pubblica e privata) per il Ssn nei prossimi 10 anni le risorse a disposizione saranno di 170 miliardi.
 
Insomma si rischia un vero e proprio cortocircuito. Ma come fare per evitare la débâcle del Ssn? La ricetta Gimbe per salvare la sanità pubblica parte fondamentalmente dalla necessità di una esplicita "volontà politica documentabile da tre inequivocabili segnali, oggi purtroppo molto evanescenti: la sanità pubblica e, più in generale, il sistema di welfare devono essere rimessi al centro dell’agenda politica;
Governo, Regioni e Parlamento devono confermare all’unisono che l’obiettivo del SSN è ancora quello definito dalla 833/78 che lo ha istituito; programmazione finanziaria e programmazione sanitaria devono sintonizzarsi perfettamente sull’obiettivo prioritario di salvaguardare la sanità pubblica".
 
Questi segnali politici per Gimbe "dovranno al più presto concretizzarsi in un 'piano di salvataggio' del SSN che prevede cinque azioni fondamentali:
 
- offrire ragionevoli certezze sulle risorse destinate al SSN, mettendo fine alle annuali revisioni al ribasso rispetto alle previsioni del DEF, e soprattutto con un graduale rilancio delle politiche di finanziamento pubblico;

 
- rimodulare i LEA sotto il segno del value, per garantire a tutti i cittadini servizi e prestazioni sanitarie ad elevato value, escludendo quelle dal basso value anche al fine di espandere il campo d’azione dei fondi integrativi;
 
- ripensare completamente la sanità integrativa attraverso:
o definizione di un Testo Unico per tutte le forme di sanità integrativa;
1) estensione dell’anagrafe nazionale dei fondi integrativi alle assicurazioni private, identificando requisiti di accreditamento unici su tutto il territorio nazionale e rendendone pubblica la consultazione;
2) ridefinizione delle tipologie di prestazioni, essenziali e non essenziali, che possono essere coperte dalle varie forme di sanità integrativa;
3)  coinvolgimento di forme di imprenditoria sociale, cogliendo tutte le opportunità offerte dalla recente riforma del terzo settore73;
 
- definire indicatori per monitorare le Regioni nel processo di disinvestimento e riallocazione, integrandoli nella griglia LEA e, in caso di inadempimento ripetuto, nei criteri per il riparto del fondo sanitario; 

 
- mettere sempre la salute al centro di tutte le decisioni (health in all policies), in particolare di quelle che coinvolgono lo sviluppo economico del Paese. 

 
Ma se tutto ciò non si verificherà a cosa andiamo incontro? "In assenza di un piano di tale portata - sottolinea il Rapporto Gimbe - , lo scenario prevedibile nell’arco temporale 2016- 2025 è una graduale e inesorabile trasformazione verso un sistema sanitario misto che, in ogni caso, dovrà essere governata da decisioni politiche, consegnando definitivamente alla storia il nostro tanto decantato sistema di welfare". 

 
"L’attuale deriva del Ssn –  ha detto Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – non consegue a un disegno occulto di smantellamento e privatizzazione, ma alla mancanza di un preciso disegno per salvaguardare una sanità pubblica, già sofferente prima della crisi economica, oggi agonizzante per la continua riduzione del finanziamento".
 
"Il nostro Rapporto – ha evidenziato – affronta in maniera indipendente e con un prospettiva decennale il tema della sostenibilità del SSN, ripartendo dal suo obiettivo primario, ovvero “promuovere, mantenere e recuperare la salute delle persone”, tenendo ben presente che la sanità rappresenta sia un considerevole capitolo di spesa pubblica da ottimizzare, sia una leva di sviluppo economico da sostenere".
 
"Se vogliamo realmente salvare il SSN – ha concluso – abbiamo poco tempo: dopo aver raccolto per anni inequivocabili evidenze sulle diseguaglianze regionali, sulla scarsa qualità dell’assistenza, sulle iniquità di accesso alle prestazioni e sulla rinuncia dei cittadini alle cure,  oggi iniziamo a vedere i primi disastrosi effetti anche sulla mortalità, un dato che dovrebbe muovere senza indugi coscienza sociale e volontà politica".
 
Durante la presentazione è intervenuta anche la presidente della commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi che ha ricordato come c'è "grande preoccupazione sul fondo sanitario, sul calo personale e sulle capacità organizzative". Ma per De Biasi "siamo ad un  momento di svolta con il ddl Lorenzin su ordini e sperimentazioni e riconoscimento professioni sanitarie, molto atteso al di là delle polemiche. E poi c'è il  ddl Responsabilità professionale".

Ma a parte tutto il punto per De Biasi per ripartire è: "Governo-Parlamento-Regioni devono lavorare insieme".
 
Scettica invece sul Report è la senatrice PD Nerina Dirindin: "Ho una posizione ambivalente sul Rapporto: "Le riflessioni sulle politiche sulla salute sono fondamentali anche perché in questi anni le abbiamo trascurate. Ma per esempio dobbiamo stare attenti alle cifre anche perché secondo me quei 25 mld di sprechi che cita il rapporto sono cifre buttate lì".
 
Più convinto dei numeri del Report il presidente dell'Iss Walter Ricciardi: "Le stime a livello internazionale sono simili a quelle del rapporto di oggi". Il punto per Ricciardi è che non tutti abbiamo la preoccupazione sull'insostenibilità: "C'è consapevolezza politica? Sì. Ma non c'è consapevolezza nelle professioni (vedi dm appropriatezza) e non c'è consapevolezza nei cittadini".
 
Ma per il futuro le previsioni non sono rosee: "Gli inglesi scommettono sulla scomparsa  del servizio sanitario nazionale entro il 2020. Ma serve ottimismo anche se i bookmakers ci danno per persi".
 
A prendere parte al convegno anche il Dg della Programmazione del Ministero della Salute, Renato Botti: "Condivido molto i 5 punti della conclusione. Sicuramente credo che la certezza di risorse andrebbe garantita, così come condivido che il problema della sanità entri nell'agenda politica perché c'è anche un tema sistemico".
 
Botti ha fatto il punto anche sui nuovi Lea: "Sono pronti. C'è una discussione con il Mef e Regioni su compatibilità. Ci sono interpretazioni diverse ma speriamo in una via libera il primo possibile".
 
Per quanto riguarda invece la sanità integrativa Botti ha detto che "occorre accelerare perché ciò che abbiamo non funziona".
 
Il Dg ha parlato anche della partita della governance del farmaco che "è molto delicata. O troviamo un accordo istituzionale o ci sono grossi problemi".
 
A portare la parola delle Regioni c'era il coordinatore della commissione Salute delle Regioni Antonino Saitta: "C'è la necessità ma c'è anche lo spazio per contenere la spesa". Ma per riuscire a trovare una rotta per Saitta serve una "forte intesa Governo-Regioni per avere obiettivi e posizioni comuni. Mi rendo conto che mettere le mani in un sistema complesso vuol dire toccare degli interessi. Ma serve condivisione, perché se chiudiamo strutture in Piemonte non è possibile che da altri non le chiudano: le regole devono essere uguali per tutti."
 
Saitta ha anche parlato della riforma costituzionale. "Non credo nel centralismo ma credo che un forte intervento nazionale occorra per  stabilire regole e fare verifiche".
 
L.F.

07 giugno 2016
© Riproduzione riservata


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