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Beni e Servizi. Cgia: “La Pa italiana spende troppo. In sanità la spesa è esplosa: in ultimi 10 anni +61%. Ed è doppia rispetto ad Area Euro”


Uno studio dell’Associazione dei Artigiani e delle Piccole imprese di Mestre si concentra sulla spesa per beni e servizi nella Pa in confronto con alcuni Paesi europei. La principale voce di spesa è la sanità: con 30,5 mld di euro spesi per l’acquisto di beni e servizi (1,9% del Pil), un valore più che doppio rispetto a quanto sostenuto in media dai paesi aderenti all’Area dell’Euro (0,9%). “Permangono sperperi, speriamo nella centralizzazione degli acquisti”. LO STUDIO

27 GIU - “La spesa per beni e servizi in ambito sanitario in Italia nel 2014 è stata di 30,5 miliardi di euro spesi per pari all’1,9 per cento del Pil, un valore più che doppio rispetto a quanto sostenuto in media dai paesi aderenti all’Area dell’Euro (0,9 per cento)”. I numeri sono della Cgia di Mestre e sono riportati in uno studio che analizza in generale l’ammontare della spesa della Pa italiana per beni e servizi confrontandola con quella di altri Paesi europei.
 
Il giudizio d’insieme che ne emerge è chiaro: “La Pubblica Amministrazione (PA) italiana spende troppo per l’acquisto di beni e servizi”. Il dato di per se non è una novità e soprattutto in tema di centralizzazione degli acquisti, Codice degli appalti, Piano Anticorruzione il Governo ha mostrato di essere sensibile alla materia anche se per la valutazione di questi interventi i numeri ancora non ci sono. Detto ciò, dallo studio Cgia emerge che “in generale, la spesa per consumi intermedi della PA italiana si attesta attorno ai 90 miliardi di euro e pesa per il 5,6 per cento del PIL, un dato più elevato rispetto a tutti nostri i principali competitor: in Spagna, ad esempio, la spesa per l’acquisto di beni e servizi si ferma al 5,3 per cento, in Francia al 5,2 per cento mentre in Germania ad appena il 4,8 per cento del Pil”.
 
“Al netto degli stipendi, una buona parte della spesa per garantire il funzionamento della macchina amministrativa italiana non è efficiente. Questi consumi intermedi – segnala il coordinatore dell’Ufficio Studi della CGIA Paolo Zabeo - includono diversi costi tra cui rientrano, ad esempio, le spese di manutenzione ordinaria, gli acquisti di cancelleria, le spese energetiche e di esercizio dei mezzi di trasporto, i servizi di ricerca e sviluppo e di formazione del personale acquistati all'esterno, la quota parte annuale di acquisto di macchinari ecc.; sono altresì compresi i farmaci utilizzati all’interno delle strutture sanitarie”.
 
La principale voce di spesa è la sanità: con 30,5 miliardi di euro spesi per l’acquisto di beni e servizi nel 2014, pari all’1,9 per cento del Pil, “registriamo un valore più che doppio rispetto a quanto sostenuto in media dai paesi aderenti all’Area dell’Euro (0,9 per cento)”.
 
Dopo la sanità seguono con 15,8 miliardi di euro le spese per consumi intermedi per “Servizi generali della PA” (costi di funzionamento e di amministrazione di tutti i livelli di governo, escluse le spese che possono essere ricondotte ad altre funzioni specifiche) e con 10,8 miliardi di euro quelle per la “Protezione Ambientale” (es. manutenzione idro-geologica, asporto, e smaltimento rifiuti, trattamento acque reflue, fognature, etc.). Queste prime tre funzioni di spesa “spiegano” quasi i due terzi della spesa complessiva per beni intermedi e i nodi dolenti si annidano soprattutto qui. Se infatti, nell’ultimo decennio la spesa per consumi intermedi è cresciuta del 25 per cento le cause vanno individuate soprattutto nella sanità e nella protezione ambientale.
 
“Dal 2004 al 2014 la spesa per consumi intermedi nella sanità è esplosa (+61,5 per cento) passando da 18,9 a 30,5 miliardi di euro del 2014, mentre quella per la protezione ambientale, ascrivibile per la larga maggioranza alla gestione dei rifiuti, è salita del 78,9 per cento. Risultano invece in calo le spese intermedie per i servizi generali della PA (-7,7 per cento in 10 anni)”.
 
Le principali voci di spesa La CGIA ha anche “scavato” ad un livello più basso, valutando il comportamento delle altre voci di spesa per consumi intermedi. I risultati forniscono alcune indicazioni interessanti che confermano il quadro dipinto sino a qui. “È ovviamente la sanità in cima alla classifica, con la spesa per “Servizi ospedalieri” che ha toccato quasi i 16 miliardi di euro nel 2014, salendo del 38 per cento rispetto al 2004.
 
Seguono le spese di Gestione dei rifiuti (quasi 9,1 miliardi di euro nel 2014) che sono quasi raddoppiate in 10 anni (+95,6 per cento), scavalcando così quelle per i Servizi ambulatoriali che sono comunque salite del 70,1 per cento”.
 
In sensibile crescita anche la spesa per la voce “Prodotti medicinali, attrezzature ed apparecchi terapeutici” che passa da poco più di 1 miliardo di euro del 2004 a quasi 4 miliardi di euro nel 2014). “Tuttavia –rileva la Cgia di Mestre -  come indicato dalla Ragioneria Generale dello Stato, questo dipende sia dalla continua introduzione di farmaci innovativi (specie in campo oncologico), caratterizzati da un costo elevato che dalle politiche di incentivazione della distribuzione diretta dei farmaci attuate in diversi Servizi Sanitari Regionali, con conseguente rimodulazione della spesa dalla farmaceutica convenzionata (market, che non rappresenta un costo intermedio) alla farmaceutica ospedaliera (in effetti, in compensazione, negli ultimi 10 anni la spesa farmaceutica convenzionata è scesa di 3,6 miliardi di euro passando da 12 a 8,4 miliardi di euro)”.
 
Risultano invece in calo le spese dei servizi di polizia: in 10 anni sono scese del 16 per cento, passando da 3 miliardi di euro a poco più di 2,5 miliardi di euro. Quadro della finanza pubblica italiana L’analisi dei consumi intermedi consente di individuare, in un certo senso, il lato più aggredibile della spesa pubblica e quello ovviamente più esposto alle inefficienze.
 
“Per completezza – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – bisogna riconoscere come il quadro della finanza pubblica italiana stia migliorando. In particolare, si evince un contenimento della spesa per il personale, sceso sotto il 10 per cento del Pil e sotto il livello dell’Area Euro, pari al 10,2 per cento, e una prima riduzione della pressione tributaria che nell’ultimo anno, al netto del Bonus degli 80 euro, è scesa dal 29,8 al 29,5 per cento. Speriamo – conclude Mason – che il processo di centralizzazione degli acquisti avviato dalla nostra PA proceda a passo spedito, consentendo di eliminare sprechi e sperperi che purtroppo continuano ad albergare ancora adesso nelle nostre procedure legate agli acquisti”.
 


27 giugno 2016
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