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Una nuova classifica sulla salute nel Mondo. Italia al 20º posto. Al top Islanda, Singapore e Svezia

di Maria Rita Montebelli

E' il Global Burden of Diasease, analizza le performance di 188 Paesi e l'ha pubblicato il Lancet. Frutto del lavoro di 1.870 analisti di 124 Paesi, utilizza degli indicatori condivisi sullo stato di salute per un monitoraggio costante nel tempo della bontà degli interventi fatti e delle aree da potenziare in campo sanitario. L'Italia non ne esce benissimo, colpa soprattutto degli indici di obesità infantile, il fumo, l'inquinamento e la crescita di nuovi casi di Hiv

27 SET - E’ un po’ il barometro del progresso mondiale, uno sforzo mastodontico avviato un anno fa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sotto il nome di Sustainable Development Goals (SDG) e comprendente 17 obiettivi universali, 169 target e 230 indicatori da qui al 2030, dove un posto centrale è occupato dalla salute. 
 
In questo ambizioso progetto che ha sostituito i Millennium Development Goals, trovano posto 28 target ideali di salute planetaria che devono essere tradotti in pratica e quindi misurati, in maniera confrontabile da un paese all’altro per informarne l’agenda politica e guidare le azioni a sostegno della loro implementazione.
 
Da questa necessità nasce l’esaustivo e impressionante apparato del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD), frutto di uno sforzo congiunto di 1.870 collaboratori dislocati in 124 diverse nazioni, che lavorano ad una piattaforma analitica indipendente, condividendo il ‘linguaggio’ di 47 indicatori di salute, confrontabili sia geograficamente che nella verticalità della collocazione temporale. Il GBD fornisce stime di mortalità e di morbilità per causa, età sesso e nazione dal 1990 all’anno più recente in esame (nel caso attuale il 2015). In questa ricognizione vengono misurati anche l’esposizione ai fattori di rischio, oltre a mortalità e morbilità a questi correlate. Sono fornite inoltre delle stime sui DALYs (disability-adjusted life-years) e sull’aspettativa di vita in salute.
 
Una fotografia ragionata dello stato di salute del pianeta insomma della quale Lancet pubblica questa settimana un’ ‘istantanea’ relativa a 33 di questi indicatori. Una misura dettagliata della salute del mondo che, come molte altre benemerite iniziative di questo tipo, è sostenuta dalla Bill & Melinda Gates Foundation.
 
Un’operazione questa che consentirà di analizzare le performance dei singoli stati relativamente a questi indicatori di salute nel corso del tempo; informazioni preziose per individuare le nazioni più virtuose e quelle più in difficoltà, per informare le decisioni politiche e guidare l’allocazione delle risorse e naturalmente per monitorare i progressi fatti verso il raggiungimento dell’obiettivo SDG.
 
Nel 2015 le nazioni più performanti negli indici SDG correlati alla salute sono state Islanda, Singapore e la Svezia che hanno ottenuto tutte un punteggio complessivo di 85/100. In fondo alla classifica si trovano Repubblica Centrale Africana (punteggio 20/100), Somalia e Sudan meridionale (22/100).
Gli stati Uniti si posizionano al 28° posto della classifica dei 177 paesi considerati con un punteggio di 75/100, trascinati in basso dalla scarsa performance relativa agli indicatori del Millennium Development Goal (MDG), come la percentuale di mortalità materna, rispetto ad altri Paesi occidentali, nonché alla peggior performance su indicatori non-MDG (es. consumo di alcol, obesità infantile, mortalità da atti violenti, auto-lesionismo e avvelenamento non intenzionale).
 
Altra sorpresa negativa viene dall’indi, che, nonostante la rapida crescita economica, è ferma al 143° posto della classifica alle spalle delle Comoros e del Ghana.
 
Il nostro Paese si colloca al ventesimo posto, con un punteggio complessivo di 78/100. I margini di miglioramento sono soprattutto nelle aree dei ‘disastri’ (tasso di morte standardizzato per età da esposizione a catastrofi naturali: punteggio 61/100), dell’HIV (inteso come tasso dei nuovi casi standardizzato per età: 54/100), del fumo (52/100), dell’inquinamento da particolato fine dell’aria (53/100).
 
Meritiamo invece l’insufficienza piena nel campo del sovrappeso dei bambini da 2 a 4 anni (punteggio 39/100). Scarsino il punteggio anche per quanto riguarda la violenza del partner (66/100), un ‘6’ insopportabile anche alla luce dell’inevitabile sommerso. L’unico ‘10’ per questo indicatore infame è stato assegnato all’Islanda, che anche solo per questo meriterebbe il vertice della classifica.
 
A fronte di queste insufficienze, l’Italia ha però totalizzato un punteggio pieno (100) nei problemi di arresto della crescita nei bambini al di sotto dei 5 anni, deperimento nei bambini al di sotto dei 5 anni, malaria, NTD (malattie tropicali neglette), acqua, igiene (intesa ad esempio come sistema fognario), inquinamento indoor nelle case, guerra.
 
Maria Rita Montebelli

27 settembre 2016
© Riproduzione riservata


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