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La salute del mondo. La fotografia del Global Burden of Disease 2015

di Maria Rita Montebelli

Dal '90 ad oggi l’aspettativa di vita è cresciuta di oltre dieci anni e ormai nel mondo si muore più di malattie non trasmissibili (7 casi su 10) che infettive. Calano i fumatori, ma aumentano i diabetici e le persone in sovrappeso/obese. E le disabilità sono sempre più quelle tipiche della terza età: mal di schiena, artrosi, perdita dell’udito e della vista. Migliora il tasso mortalità infantile, molto meno purtroppo quello della mortalità neonatale

07 OTT - Dopo l’annuncio della scorsa settimana Lancet dedica un numero monografico al Global Burden of Disease, sforzo ciclopico di un esercito di 1870 ricercatori indipendenti che operano in 127 paesi del mondo.
Nei vari studi, tutti finanziati dalla Bill & Melinda Gates Foundation, vengono passate in rassegna 249 cause di mortalità, 315 malattie e danni, 79 fattori di rischio relative a 195 nazioni analizzate tra il 1990 e il 2015.

L’impressione globale è che la salute del mondo stia migliorando. E tanto anche, come dimostra il fatto che l’aspettativa di vita si è allungata di oltre dieci anni dal 1980, arrivando a toccare nel 2015 i 69 anni per gli uomini e i 74,8 anni per le donne. Risultato che gli esperti attribuiscono principalmente ad un calo di mortalità per malattie infettive come HIV/AIDS, malaria, diarrea. Importante anche il contribuito dato dalla riduzione di mortalità per malattie cardiovascolari e in parte per i tumori, anche se decisamente più contenuto.

Si muore comunque più numerosi (dai 48 milioni di decessi del 1990, si è arrivati ai 56 milioni del 2015), ma per motivi diversi. Nel 2015 infatti 7 decessi su dieci sono stati causati da malattie non trasmissibili (malattie cardiovascolari, ictus, diabete, insufficienza renale cronica, Alzheimer e altre demenze, abuso di droghe). E in ogni caso ci sono patologie nei confronti delle quali non è il caso di abbassare la guardia. E’ il caso dell’AIDS che da solo nel 2015 ha provocato 1,2 milioni di morti (sebbene in riduzione del 33,5% dal 2005) e della malaria che di morti ne ha fatti oltre 730 mila nello stesso anno (anche in questo caso con una riduzione del 37% dal 2005).

Le principali cause di disabilità nel mondo.A non essere molto cambiate nell’ultimo quarto di secolo sono invece le cause di disabilità. Mal di schiena e dolori cervicali, alterazioni dell’udito e della vista, depressione, anemia da carenza di ferro figurano nella parte alta della classifica delle cause di disabilità.
Una persona su 10 nel mondo nel 2015 era affetta da almeno una tra otto forme di patologia cronica (cioè perduranti per oltre 3 mesi l’anno): carie dentali (2,3 miliardi di persone), cefalea tensiva (1,5 miliardi), anemia da carenza marziale (1,47 miliardi), perdita dell’udito (1,2 miliardi), emicrania (959 milioni), herpes genitale (846 milioni), alterazioni della vista (819 milioni), infestazione intestinale da ascaridi (762 milioni).
La gente insomma vive più a lungo ma con più ‘acciacchi’ che in molti casi configurano una vera e propria disabilità che impatta sulla qualità di vita. 191 nazioni su 195 hanno sperimentato un aumento di 6,1 anni di aspettativa di vita in salute tra il 1990 e il 2015, sui 10,1 anni totali di allungamento della vita. Questo significa che sul totale degli anni di vita guadagnati, almeno 4 saranno vissuti con delle disabilità.
Il carico di disabilità ha spostato insomma il suo baricentro dalle patologie infettive, materne, neonatali e nutrizionali (infezioni da HIV/AIDS, malaria, infezioni delle vie respiratorie, diarrea, morbillo, malnutrizione) alle disabilità non trasmissibili (abuso di oppiodi e cocaina, riduzione dell’udito, perdita della vista, osteoartriti). Fenomeno legato principalmente all’aumento della popolazione e al suo invecchiamento e motivo di seria preoccupazione per la sostenibilità dei servizi sanitari di tutto il mondo.

Le principali cause di mortalità precoce. Nel 2015 i principali fattori di rischio per una cattiva salute e per mortalità precoce sono stati: ipertensione arteriosa, fumo, diabete, obesità e malnutrizione infantile. In crescita esponenziale dagli anni ’90 la pandemia di obesità/sovrappeso, l’uso di droghe, l’esposizione a cancerogeni occupazionali (benzene, scarico di motori diesel), inquinamento da ozono, elevati livelli di glicemia; tutte condizioni che hanno un impatto notevole sull’incidenza di diabete, malattie cardiovascolari e tumori. Sul banco degli imputati anche altri fattori di rischio, ‘nascosti’ nella dieta (ricca di sale e povera di verdure, frutta, cereali integrali, noci e semi, pesce) che vengono considerati responsabili del 10% della cattiva salute nel mondo. A questi vanno poi aggiunti ipercolesterolemia, alcol e inquinamento ambientale sui quali non sono stati fatti grandi progressi dagli anni ’90.
Dove si è lavorato molto bene invece secondo gli autori è sulla riduzione del fumo (l’esposizione al fumo si è ridotta di un quarto nel mondo, manche se resta saldo nella ‘top 5’ dei principali nemici della salute) oltre che sul fronte dell’acqua potabile e delle fognature, che tuttavia rimangono importanti cause di malattia.
 
Salute materno-infantile. Molto buono il risultato ottenuto sulla riduzione di mortalità tra i bambini al di sotto di 5 anni, passata dai 12,1 milioni del 1990 ai 5,8 milioni del 2015. Un progresso legato principalmente al miglior controllo di malattie infettive quali malaria, diarrea, morbillo. Non si è centrato l’obiettivo ambizioso del Millennium Development Goal, di ridurre di 2/3 la mortalità infantile tra il 1990- 2015, ma si può essere soddisfatti. Con le dovute eccezioni naturalmente. Nell’Africa sub-Sahariana  i tassi di mortalità infantile sono ancora dell’ordine di 174 per 1000 nati vivi; lontani anni luce dal prossimo obiettivo, quello del Sustainable Development Goal, di arrivare al di sotto di 25/1000 nati vivi.
Difficile anche vedere grandi progressi nella riduzione della mortalità neonatale (nel primo mese di vita); le principali cause di morte in questa fascia d’età sono asfissia e traumi neonatali. I peggiori tassi di mortalità neonatale nel 2015 sono stati registrati in Mali, Repubblica Centroafricana, Pakistan.
 
Focus sull’Europa.
Nel 2015, la mortalità per droga ha superato i limiti previsti in Scozia e Norvegia; quella alcol-relata in Danimarca e Finlandia.
Un dato inaspettato è quello della mortalità infantile che ha superato l’atteso in Scozia e Galles.
Meglio del previsto invece il risultato sulla riduzione della mortalità precoce per ictus, frutto forse di un miglioramento sul fronte della prevenzione (meno fumatori, miglior controllo della pressione arteriosa), dell’assistenza (stroke unit) e della diagnosi.
Quella più claudicante sul fronte della salute è l’Europa dell’Est, dove le cose vanno male soprattutto sul fronte della violenza, della cirrosi e dell’abuso di alcol e droghe. In Russia i livelli di mortalità prematura e patologie alcol-correlate hanno superato di 10 volte le aspettative e quelle da droga sono andate oltre l’atteso di 6 volte.
 
Maria Rita Montebelli

07 ottobre 2016
© Riproduzione riservata


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