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Censis-Rbm Salute. Tra liste d’attesa e disorganizzazione italiani sempre più insoddisfatti della sanità regionale. “È ora di puntare su finanziamento doppio”


Negli ultimi due anni secondo la ricerca è salita fino al 45% la quota di cittadini insoddisfatti del sistema sanitario. Al sud si supera il 50%. Le ragioni: “Lunghe liste d’attesa, lunghezza code agli sportelli, per fare le analisi, dal medico, ecc. e dalla mancanza di coordinamento, che costringe a girare da un ufficio all'altro”. Cresce chi rinuncia a cure per motivi economici. Presentata anche classifica dei sistemi regionali. Lombardia al top, Calabria in coda.

25 NOV - Per il 45% (+2,4% rispetto al 2015) degli italiani la sanità regionale è peggiorata negli ultimi 2 anni. Questo uno dei dati emersi dalla ricerca  Censis-Rbm Assicurazione Salute presentati ieri in occasione dell'evento “Secondo Pilastro Sanitario e Bilateralità territoriale nella prospettiva della Riforma del Titolo V della Costituzione” svoltosi a Venezia.

In particolare, la ricerca mostra come “la percentuale sale al Sud e sulle isole, arrivando al 52,9% di insoddisfazione, 49% per il centro, 39% per il Nord ovest e 35,4% per il Nord est”. La motivazione dello scontento deriva per lo più dalle “lunghe liste d’attesa, dalla lunghezza delle code nelle varie strutture (ad esempio, agli sportelli, per fare le analisi, dal medico, ecc.) e dalla mancanza di coordinamento tra strutture, servizi e personale, che costringe a girare da un ufficio all'altro”.

“In 5 anni, dal 2011 al 2016, gli italiani che rinunciano alle cure sono passati da 9 milioni a 11 milioni – spiega Carla Collicelli, Advisor Censis – e questo ha fatto sì che assistessimo al boom della spesa sanitaria privata, arrivata a oltre 34 mild di euro. Sono, infatti, 10,2 milioni gli italiani che hanno aumentato rispetto a qualche anno fa il ricorso al privato”.

Tra i dati più rilveanti emersi ci sono i tempi di attesa per le visite specialistiche: “per effettuare una colonscopia senza biopsia si devono aspettare 143 giorni, per una risonanza magnetica 75 giorni e per una mammografia 66. “Se non si accede, quindi, alla sanita privata – rileva il report - si corre il rischio che malattie gravi non vengano diagnosticate in tempo”.

Due milioni di campani rinunciano a cure. Ma per gli italiani la sanità non è solo peggiorata e lenta, è anche più cara a causa della crisi economica.  Il Censis ribadisce che sono sempre di più quelli che rinunciano alle cure. In questo spaccato d’Italia i primi costretti alla rinuncia sono i campani: oltre 2milioni, si arriva a sfiorare il milione e 700 mila in Sicilia, 1 milione e mezzo nel Lazio, 1 milione in Lombardia, e poi troviamo Puglia, Calabria, Piemonte e via via tutte le altre con la Val d’Aosta fanalino di coda.
 
La classifica delle sanità regionali. Lombardia al top. Fanalino di coda la Calabria. Presentata durante l’evento anche l’indice di Buona Sanità dei Sistemi Sanitari Regionali con un’altra classifica presentata da Marco Vecchietti, consigliere delegato di RBM Assicurazione Salute nel corso del convegno. Nella top five troviamo al primo posto la Lombardia, seguita da Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, le province autonome di Trento e Bolzano. A chiudere ultime classificate Lazio, Sicilia, Basilicata, Sardegna e Calabria.
 
“Ciò che vorrei sottolineare – ribadisce Marco Vecchietti, consigliere delegato RBM Assicurazione Salute – è che la Buona Salute richiede finanziamenti ed investimenti adeguati. Le Regioni con una spesa sanitaria pro capite maggiore mediamente hanno liste di attesa più basse e livelli di soddisfazione dei cittadini più elevati”.
 
Al convegno era presente anche Federico Gelli, responsabile Sanità Nazionale Partito Democratico che con il referendum ormai alle porte ha detto: ”Con la Riforma Costituzionale se vincerà il si, avremo una sanità senza quelle derive federaliste che hanno portato in questi anni all’esplosione della spesa sanitaria e all’aumento della distanza tra regioni del nord e del sud.  Il sistema salute trarrà quindi straordinari vantaggi e sarà in grado di garantire una maggiore equità ed uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale. Alla luce di quale sarà l’esito referendario dovremo poi riflettere sulle risorse che comprendono anche un’ingente quota di spesa privata, tema già inserito nella Riforma della sanità voluta nel 1999 dall’allora ministro Rosy Bindi”.
 
“Oggi siamo abituati ad un sistema in cui gli erogatori del SSN sono affiancati da erogatori privati, che spesso lavorano in convenzione, però è un sistema di monofinanziamento, il finanziamento è quello delle tasse, pagate dal cittadino, che sostengono il SSN – ha sottolineato poi Marco Vecchietti-. Quando in realtà le strutture del SSN o del privato in convenzione non sono in grado di erogare il servizio, ciascuno di noi apre il portafoglio, ovviamente chi i soldi li ha paga chi non li ha non paga (in Veneto su 5 milioni di abitanti, 500 mila hanno rinunciato alle cure nell’ultimo anno per motivi economici – dato inferiore rispetto all’Italia che è il 18%, in Veneto 10%, minore ma non irrilevante). Noi diciamo: affianchiamo a questo sistema che è doppio in offerta, anche un sistema di finanziamento doppio, via fiscalità generale e uno che organizzi la spesa privata del cittadino, ottenendo una riduzione dei costi unitari delle prestazioni. Chi si convenziona con noi, la stessa prestazione sanitaria privata che vende al cittadino, a noi la vende ad un prezzo più basso, ma è naturale perché noi acquistiamo per 7 milioni di persone, è ovvio che non possa fare lo stesso prezzo che fa al singolo. Perché quindi non lavoriamo insieme per spiegare ai cittadini che questa alleanza serve, che sarebbe a beneficio di tutti?”.

“FASI e Assidai costituiscono un modello di sanità integrativa eccellente per governance, solidità finanziaria e per la scelta di politiche sanitarie che puntano a prevenzione, assistenza socio-sanitaria e copertura di tutto il nucleo familiare – evidenzia Stefano Cuzzilla, presidente Federmanager -. La detassazione del welfare che è presente nella Legge di Bilancio 2017 va nella giusta direzione: se si incentivano gli imprenditori e il sistema produttivo diventa consapevole che la produttività del business dipende anche dalla salute dei propri lavoratori, si può raggiungere una massa critica sufficiente a estendere la platea di beneficiari. La leva fiscale può far funzionare il sistema sanitario in una logica di collaborazione pubblico-privato che abbatte la spesa che i cittadini sostengono di tasca propria, quando ci riescono e non sono, invece, costretti a rinunciare alle cure”.

Dal Canto suo, il Veneto è una regione che vanta un’esperienza di bilateralità in campo assistenziale e sanitario, in particolare l’esperienza recentemente abbracciata con Sani. InVeneto dimostra l’importanza della sanità integrativa che parla con il territorio e intercetta i bisogni di prossimità dei lavoratori e dei cittadini.

“Noi immaginiamo un ruolo sempre più importante per i Fondi Sanitari Territoriali, a prescindere da quale sarà il risultato del referendum sulla riforma costituzionale, che ridisegna le competenze in materia di sanità tra Stato e Regioni – dichiara Gerardo Colamarco, segretario generale Uil Veneto -. La Uil Veneto promuove insieme a Confartigianato Imprese, Cna, Casartigiani, CGIL e CISL un Fondo Sanitario Integrativo Regionale per i lavoratori delle imprese artigiane del Veneto denominato “SANI.IN.VENETO”. Lo scopo del fondo è di mettere a disposizione dei lavoratori dipendenti delle aziende aderenti trattamenti e prestazioni socio-sanitarie integrative e complementari al Servizio Sanitario Regionale. Va sottolineata con forza la vocazione integrativa di SANI.IN.VENETO che vuole porsi come una “seconda gamba” strutturale del Servizio Sanitario del Veneto contribuendo a garantire più elevati livelli assistenziali. Si tratta di un’importante opportunità anche perché prevede, a differenza di quella nazionale, l'inclusione di tutti i settori (nessuno escluso, dopo l'adesione del settore edile) e di tutte le forme di rapporto di lavoro (incluso il contratto a termine con la sola esclusione del contratto a chiamata). Si tratta, in sostanza, di una dimostrazione pratica di come dovrebbe operare quel Secondo Pilastro Sanitario al centro del dibattito odierno e della sua imprescindibile collegamento con i territori di riferimento.”

Presente anche la Confcommercio Veneto che ha siglato un accordo con RBM Assicurazione Salute grazie al quale potrà garantire in Veneto agli imprenditori associati a Confcommercio un Piano Sanitario analogo a quello che la Contrattazione Collettiva Nazionale riserva ai lavoratori dipendenti delle imprese del terziario:”Per noi è importante avere come prima possibilità uno strumento simile al fondo est per i dipendenti valido per il titolare e famigliari – sottolinea Masssimo Zanon, presidente Confcommercio Veneto -. Molto positiva la possibilità di estenderlo anche ai famigliari dei nostri collaboratori come un abito su misura, considerando che le altre proposte sono più onerose”.
 


25 novembre 2016
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