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La corruzione e gli sprechi in sanità costano al nostro Ssn molto di più di quanto crediamo

di Antonio Magi

Il fenomeno corruttivo blocca infatti risorse che potrebbero essere destinate all’assunzione di nuovo personale sanitario, a garantire i Lea, l’aggiornamento dei macchinari e all’edilizia sanitaria migliorando il confort per pazienti ed operatori avendo ancora a disposizione ulteriori risorse. Inoltre la legislazione non riesce a incidere in termini di repressione e prevenzione sui fenomeni corruttivi.

22 APR - Il report su “Corruzione e Sprechi in Sanità”, pubblicato da RiSSC e Transparency International Italia, ha messo in evidenza che nel settore sanitario emergono alcune caratteristiche che rendono la Sanità particolarmente vulnerabile alla corruzione. Dal punto di vista della domanda sanitaria: l’asimmetria informativa tra utente e Sistema sanitario; l’elevata parcellizzazione della domanda sanitaria e la fragilità nella domanda di servizi di cura.
 
Dal punto di vista dell’offerta sanitaria: la forte ingerenza della politica nelle scelte tecnico-amministrative; l’elevata complessità del sistema; gli ampi poteri e la discrezionalità nelle scelte aziendali e ospedaliere; il basso livello di accountability del personale pubblico; i bassi standard etici degli operatori pubblici; l’asimmetria informativa tra Sistema sanitario e fornitori privati; la crescita della sanità privata; la scarsa trasparenza nell’uso delle risorse.
 
Anche per la Commissione Europea la lotta contro la corruzione ha assunto un valore prioritario: prova ne è la pubblicazione del Rapporto a cura di ECORYS & EHFCN sulla corruzione nella Sanità in Ue nel quale si prende atto che la corruzione nel settore sanitario si verifica in tutti gli Stati membri della Ue, anche se la natura e la diffusione delle tipologie di corruzione sono diverse da uno Stato membro all’altro.
 
In Italia la principale spinta al diffondersi di abusi in tutti questi campi è, secondo il Rapporto, l’accettazione o perlomeno la tolleranza del fenomeno. Le stime più accreditate circa il tasso medio di corruzione e frode in sanità sono quelle di Leys e Button che nel 2013 lo hanno stimato in 5,59%, con un intervallo che varia tra il 3,29 e il 10%. Se si applicassero questi valori per la sanità Italiana, che vale circa 110 miliardi di euro l’anno, questo si tradurrebbe in un danno di circa 6,4 miliardi di euro all’anno.
 
Se al dato di Leys e Button (6,4 mld di € di corruzione in Italia in senso stretto) sommiamo l’inefficienza della spesa pubblica nel comparto sanitario (siamo nell’ordine del 3% del totale della spesa secondo Piacenza e Turati) e gli sprechi nella spesa sanitaria nell’ordine del 18% della spesa totale (di cui il 13% direttamente conseguente alla corruzione secondo PriceWater-House Cooper) la corruzione in totale nel nostro Paese vieni stimata, secondo questo calcolo, in 23,6 miliardi di €.

Ciò premesso appare necessario pensare e comprendere quello che si sarebbe potuto fare e che non si è fatto in sanità con 23,6 miliardi di euro. Recentemente ho parlato, in un precedente articolo, delle liste di attesa, di Lea disattesi, di Regioni in piano di rientro.
 
Facciamo due conti
In questi anni abbiamo ridotto le risorse in cassa per la sanità: dal 2010 al 2015, il sistema italiano, già sottofinanziato nel confronto con i vicini europei, ha subito un taglio ulteriore da 30 miliardi di euro nelle risorse con risparmi sul personale, blocco del turnover e mancato sviluppo tecnologico delle infrastrutture.  Per il 2017 dal Fondo sanitario, per il quale erano stati stanziati 113 miliardi sono stati tolti altri 422 milioni.

Il blocco del turnover in sanità ha portato ad un assottigliamento considerevole degli organici e contemporaneamente un invecchiamento degli operatori facendo perdere, in assenza di nuove assunzioni di personale più giovane, la trasmissione delle conoscenze mediche chirurgiche e professionali, per non parlare della disoccupazione giovanile e della drastica riduzione di massa salariale con inevitabili ripercussioni e futuri danni sul sistema previdenziale. Insomma un vero disastro e non solo in campo sanitario. Secondo i dati ufficiali si è passati in sanità dalle 682.197 unità operanti nel 2007, alle 652.254 del 2015 che continuano a calare. Nel 2016 si stima che il personale dipendente del Ssn si sia ulteriormente ridotto di oltre 30.000 unità arrivando a circa 622.000 unità.

- Il Personale medico dipendente ospedaliero in Italia oggi si è ridotto a 105.000 medici a tempo indeterminato con una ulteriore futura perdita annua, per raggiunti limiti di età, di circa 4.651 unità nel periodo 2016-2020; di ulteriori 6.445 unità anno nel perido 2021-2025 e di 4.514 unità nel periodo 2026-2030.

- I Medici di Medicina Generale oggi sono circa 41.301 e si ridurranno per raggiunti limiti di età circa 8.393 unità nel periodo 2016-2021, e circa 23.504 unità nel periodo 2021-2026.

- I Medici Specialisti Ambulatoriali a tempo indeterminato oggi sono 13.451 e si ridurranno per raggiunti limiti di età a 3.716 unità nel periodo 2016-2021 e circa 5.975 nel periodo 2021-2026.

Questi dati con buona pace della medicina territoriale, di AFT e UCCP, delle liste di attesa e dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali PDTA, dei Pronto Soccorso affollati e della riforma ospedaliera.
Considerando quindi il costo annuale totale del settore sanitario pubblico a diretta gestione in Italia pari a 45.502.796.958 euro di cui 38.963.795.724 per la dipendenza (27.451.399.713 per il comparto e di € 11.512.396.011 per i dirigenti medici) e di 6.539.001.234 per i medici convenzionati (Medici di medicina Generale, Pediatri di libera Scelta e Specialisti Ambualtoriali interni) e il costo della corruzione ai contribuenti italiani stimato in 23 miliardi di euro, si potrebbero risolvere problemi legati al mancato turnover sostituendo il personale sanitario dipendente o convenzionato andato in pensione pensando anche di incrementare questo personale per ulteriori attività legate a garantire in tutto il Paese i Lea, l’aggiornamento dei macchinari (ecografi, TC, RM ecc.) e nell’edilizia sanitaria migliorando il confort per pazienti ed operatori avendo ancora a disposizione ulteriori risorse.

È dunque evidente come la corruzione uccide il futuro del nostro paese e mette in pregiudicato la sanità pubblica e la previdenza.

La legislazione anticorruzione
Il Prof. Paolo Esposito dell’Università del Piemonte Orientale ha messo a confronto le due “legislazioni anticorruzione” ovvero la 231/2001 e la 190/2012. L’impressione che ne ha derivato è che la legge anticorruzione e i decreti delegati non hanno tracciato con chiarezza modalità applicative in favore degli operatori, né inciso in termini di repressione o prevenzione dei fenomeni corruttivi questo soprattutto in mancanza di una diffusa cultura e formazione manageriale. Inoltre, la legislazione non ha inciso sulla scelta di manager capaci di gestire la sanità facendo gli interessi del solo Sistema pubblico.
Guardando all’esperienza della scarsa efficacia dell’applicazione della legislazione il rischio è che si continui “a fare come quel tizio che cercava le chiavi sotto un lampione non perché le avesse perse lì, ma perché quello era l’unico punto illuminato della strada” (Fitoussi, 2013). Bisogna andare a ricercare le cause dei fenomeni corruttivi e analizzarle gli stessi, senza limitarsi a guardare solo laddove si conosce continuando a sbagliare. Le risorse ci sono ma prendono una strada sbagliata. 
 
Antonio Magi
Segretario generale Sumai Assoprof

22 aprile 2017
© Riproduzione riservata


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