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Questi i problemi che la nuova ministra della Salute si troverà a dover affrontare

di Roberto Polillo

Attuazione dei Lea, abbattimento delle liste d'attesa, rivalutazione del Fsn, potenziamento dei servizi territoriali, valorizzazione delle risorse umane, adeguamento degli organi e lotta alla precarietà. Il rischio è che invece di un incremento del Fondo ci sia un ulteriore ridimensionamento, ammantato dalla scusa di sprechi e corruzione. Serve una scossa per rilanciare il Ssn ma serve soprattutto che il Ministro della Salute sappia imporsi sul Ministero dell’economia.

04 GIU - A memoria d’uomo non c’è Ministro della salute che, all’atto del suo insediamento, non abbia indicato come obiettivi da perseguire quelli elencati dal neo ministro della Salute, On. Giulia Grillo:
• Attuazione dei LEA
• Abbattimento del liste di attesa
• Rivalutazione del Fondo sanitario
• Potenziamento dei servizi territoriali
• Valorizzazione delle risorse umane
• Adeguamento degli organi e lotta alla precarietà
 
Un elenco di assolute necessità, per rilanciare il nostro Servizio sanitario, che nessuna persona senziente potrebbe non condividere. E del resto questi punti hanno sempre fanno parte dei programmi di quelle forze politiche (tradizionalmente di sinistra o keynesiane per utilizzare un termine oggi di moda) che si riconoscono nel modello di servizio sanitario basato sul single payer di natura pubblica.
 
Non per demonizzare il mercato, ma per sottolineare il concetto che la qualità in sanità non nasce dalla competizione dei soggetti erogatori ma dalla loro integrazione in percorsi, in cui il privato può essere uno dei punti di erogazione dei servizi ma non il case manger del processo di cura o del modello assistenziale.
 
La condivisone degli obiettivi del Ministro, con unico punto di rovinosa caduta quello sulla dichiarata volontà di togliere l’obbligatorietà dei vaccini, non è tuttavia motivo sufficiente per ben sperare che alle parole seguano i fatti e questo indipendentemente dalla buona volontà nel Neo eletto Ministro.
 
Vediamo perché.
 
Il primo, totalmente indipendente dal Ministro attuale e dai suoi predecessori è che il Ministero della salute è di fatto un Ministero senza portafoglio in quanto il titolare delle risorse per il welfare state è il ministro dell’economia. E’ il MEF che decide quanto e come distribuire le disponibilità finanziarie avendo a mente quelle che sono le reali compatibilità generali dei conti pubblici.
 
Sappiamo che il programma del nuovo governo è totalmente spostato verso un aumento della spesa pubblica in disavanzo. E’ stato calcolato, infatti, che per realizzare reddito di cittadinanza, flat tax e abolizione della Fornero servirebbero oltre 100 miliardi di cui purtroppo non c’è traccia nelle reali disponibilità finanziarie del paese.
 
Questi punti, anche se solo in percentuali omeopatiche, dovranno comunque trovare una seppur minima realizzazione e dunque sarà ben difficile che il MEF apra i suoi cordoni della borsa in altri settori dell’intervento pubblico, sanità compresa. Il rischio reale è che invece di un incremento del Fondo ci sia un ulteriore ridimensionamento, ammantato semmai dalla scusa degli sprechi e dalla corruzione che, seppur presenti, non sono certo il problema principale del dissesto del nostro SSN.
 
Per quanto riguarda i LEA il problema è di identica natura. Il Provvedimento approvato il 18 marzo 2017 è di fatto lettera morta per mancanza delle risorse necessarie alla sua applicazione.  Fede ne fa che la delibera sulle nuove tariffe ambulatoriali, già predisposte da tempo, si è inchiodata sui tavoli del MEF perché priva della copertura finanziaria necessaria.
 
Nessuno crede infatti che il costo reale sia quello dichiarato di 380,7 miliardi (frutto delle differenza tra +445 per nuove prestazioni, - 64,2 di risparmi cui 60 per nuovi ticket derivanti dal passaggio dal DH al regime ambulatoriale) e nel dubbio (anzi certezza) il MEF ha congelato tutto in attesa di tempi migliori.
 
Le liste di attesa sono un altro problema attenzionato dal Ministro Grillo. Anche in questo caso trattasi di vecchia questione che ha appassionato tutti i ministri della salute e che ha fatto scrivere centinaia di rapporti. La soluzione proposta è stata sempre la solita: classi di priorità, limitazioni prescrittive alla luce di un’appropriatezza di carta, penalizzazioni per chi prenota e non si presenta e poi la più odiosa di tutte, barriere di accesso ai non residenti (in cui si è distinto con particolare zelo la regione Veneto).
 
Misure di razionalità sicuramente utili, ma non risolutive di un problema che necessita di una radicale revisione dei modelli organizzativi.  Non c’è regione e non c’è ASL della penisola che non abbia come unico obiettivo quello dell’incremento quantitativo delle prestazioni rese. I dirigenti non vengono valutati in base alla qualità e agli esiti di salute, ma solo sul numero di esami eseguiti e prestazioni erogate. Sul quantitativismo si base l’intero sistema e questo produce come effetto distorsivo uno spreco di risorse senza reale miglioramento dei livelli di salute.
 
Bisognerebbe passare dalla quantità delle prestazioni alla qualità delle relazioni intendendo con questo termine l’implementazione del lavoro in team dei professionisti. Il modello che noi proponiamo si basa sulla creazioni di network clinici in cui gli specialisti sono i consulenti dei medici di medicina generale e con loro interagiscono attraverso il web e i messaggi email.
 
Non si tratta di limitare le capacità prescrittive di nessuno, ma di creare le condizioni per cui il MMG o altro medico del SSN, possa accedere in tempo reale allo specialista di riferimento per avere un supporto tecnico, tutte le volte che intenda prescrivere un esame non di routine ( EGDS, Colonscopia, test ergometrici da sforzo, test allerogmetrici etc,).
 
Si tratta in altre parole di creare in ogni distretto delle equipes multidisciplinari in cui parte del tempo di lavoro è dedicato alle consulenze online con i medici di altre specialità ad esse afferenti. Questo consentirebbe la risoluzione di alcuni problemi clinici che il MMG o altro specialista non è in grado di affrontare da solo e la prescrizione ragionata di quegli esami che siano stati ritenuti appropriati dallo specialista che poi li eseguirà. Un salto culturale che migliorerebbe i conti e che abbatterebbe il numero di esami inutili, senza vessare i cittadini.


Un altro degli aspetti toccato dal Ministro è quello della rivalutazione della risorsa umana. Si tratta in questo caso del problema dei problemi in quanto la sanità, a differenza di molti altri settori, è ancora un tipo di servizio basato sul ruolo del professionista, essendo totalmente labour intense.
 
Anche in questo caso, per uscire dal guado servono interventi decisi e innovativi al contempo. C’è assoluta necessità di maggiori risorse finanziarie da un lato e di ricentralizzare il potere decisionale del professionista dall’altro.
 
Per uscire dalla drammatica penuria di personale occorre reintrodurre degli standard minimi di personale. Una misura sicuramente più rozza rispetto alla tanto decantata valutazione degli organici basata sui carichi di lavoro, ma sicuramente più efficace per combattere i livelli di sfruttamento attualmente raggiunti in molti ospedali italiani, dove la carenza di organici si traduce in un inaccettabile aumento del rischio clinico e nel burnout certo degli operatori
 
Per molti anni si è ritenuto che la compressione dei diritti sindacali fosse una necessità per migliorare il servizio bloccato da lacci e laccioli. La realtà che abbiamo davanti agli occhi va invece in una direzione opposta e ci dice che i pochi malcapitati rimasti in servizio, cercano disperatamente una via di fuga dall’inferno del posto di lavoro.
 
Gli scenari che il Ministro Grillo ha davanti, e a cui facciamo i nostri migliori auguri di riuscire nell’opera di migliorare il SSN, sono questi. Le premesse per fare bene, aldilà delle Sua volontà, appaiono veramente modeste e non fanno ben sperare. Per anni si è seguita la strada del de-finanziamento del servizio e della mortificazione del personale. La qualità del servizio è drammaticamente calata e anche nelle regioni più evolute il quantitativismo è diventato l’unico mantra seguito dagli amministratori locali.
 
Serve una scossa per rilanciare il servizio ma serve soprattutto che il Ministro della Salute sappia imporsi sul Ministero dell’economia. Cosa finora riuscita soltanto al Ministro Bindi che, grazie alla sua tenacia, seppe riformare il SSN dando risorse ai medici e agli infermieri. Da allora è stato solo un lento deperire del sistema e la costatazione che il decisore pubblico ha perseguito come unica strada quella della privatizzazione del servizio stendendo un tappeto rosso ai fondi assicurativi di ogni sorta e colore politico.

Questa è la realtà e su questi temi dovrà confrontarsi il Ministro per non lasciare che le sue buone intenzioni rimangano, come quasi sempre accade, lettera morta. 
 
Roberto Polillo

04 giugno 2018
© Riproduzione riservata


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