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Voltare pagina in Sanità. Grillo non l’ha fatto, Zingaretti ce la farà?

di Ivan Cavicchi

Convinti che con il M5S si sarebbe potuto finalmente volare alto, in sanità, il 4 marzo del 2018, molti dei voti del PD sono andati al M5S ora che, la performance politica del ministro grillino, nel doppio senso, appare alla maggior parte della sanità, deludente, quei voti, con Zingaretti che promette di voltare pagina, è possibile che ritornino da dove sono venuti

11 MAR - Per questo articolo vorrei prendere lo spunto da due fatti “politici” importanti e da due impegnative dichiarazioni:
- ieri nel corso della convention del M5S, Villaggio Rousseau (Milano) Di Maio ha dichiarato: “ora la sfida è ragionare a 30 anni, e pensare le cose che vedranno i nostri figli, e tra 30 anni si potrà dire ‘quel processo l’ha avviato il M5s quando era al governo”;
- le primarie del PD e Zingaretti che in qualità di nuovo segretario dice “voltiamo pagina”.
 
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare
Apprezzando e non per finta (chi mi conosce sa che sono sincero) lo spirito strategico e riformatore di Di Maio, temo di dovergli dare, mio malgrado, un dispiacere: con questo ministro della salute l’eventualità di cui lui parla   non potrà mai avvenire.
 
A “condizioni non impedite”, quello che presumibilmente potrà avvenire è che fra pochi anni (non c’è bisogno di aspettare 30 anni) avremo una sanità tanto regrediente da farci rimpiangere i bei tempi andati proprio perché quando è toccato al M5S di governarla, il ministro di turno non ha saputo coniugare l’intenzione di “cambiare” con l’intelligenza politica di “riformare”. A mio parere esiste uno scarto rilevante tra l’idealità del M5S e l’operato del suo ministro della salute. Un ministro che vola basso perché non può volare alto quindi con un problema di ali. Un problema aereodinamico.
 
Quanto a Zingaretti, ben venga un PD di sinistra, perché la sinistra, sulla sanità, storicamente ha sempre espresso una maggioranza culturale al punto che sanità e sinistra sono sempre state la stessa cosa, ma anche lui non si illuda che cambiare e riformare sia la stessa cosa. Per voltare pagina in sanità troppa polenta bisogna mangiare, ma soprattutto ci vuole un pensiero riformatore che a tutt’oggi, questo PD, quello fatto prevalentemente da amministratori e quello che in sanità ha fatto le peggiori cose, non ha.
 
Un problema di consenso
Penso che per un ministro della salute, quindi per il M5S, che per problemi di aereodinamica non riesce a volare alto, per altro come imporrebbe la situazione della sanità, il voltare pagina di Zingaretti, costituisca un grande problema politico di consenso elettorale.
 
Convinti che con il M5S si sarebbe potuto finalmente volare alto, in sanità, il 4 marzo del 2018, molti dei voti del PD sono andati al M5S ora che, la performance politica del ministro grillino, nel doppio senso, appare alla maggior parte della sanità, deludente, quei voti, nessuno escluso, è possibile che ritornino da dove sono venuti.
 
Tradotto nel linguaggio politico: quando un ministro della salute, al fine di risolvere i problemi della sanità, dovrebbe necessariamente occupare uno spazio riformatore, nel momento in cui non ci riesce, egli, nel momento in cui questo spazio viene occupato da altri, rischia di compromettere il consenso elettorale del proprio movimento.
 
Come è noto, sono “uno” indipendente, che non ha nessun titolo per dire al M5S e al PD cosa dovrebbero fare, ma che da tempo immemore tenta ostinatamente di proporre alla politica un pensiero riformatore perché convinto che, per fare  quello che auspicano  Di Maio e Zingaretti , la volontà di cambiare non sia sufficiente.  Per me ci vogliono necessariamente delle buone idee quelle che, purtroppo, non si trovano nell’orto, dietro casa, ma hanno bisogno di un lungo e faticoso impegno intellettuale.
 
La speranza delusa
Come forse qualcuno di voi ricorderà, al tempo del crollo elettorale del Pd (le elezioni del 4 marzo 2018), su questo giornale sostenni delle tesi piuttosto perentorie:
- se il Pd non avesse perso le elezioni noi della sanità avremmo subito fino in fondo le sue politiche contro riformatrici supponendo che chi sarebbe venuto dopo avrebbe preso un’altra strada (QS, la sanità e il Pd. Ancora sui motivi di una sconfitta, 19 marzo 2018);
- in sanità, a causa delle politiche e strategie sbagliate, il Pd ha perso un mare di voti (siamo pur sempre un settore che ha circa due milioni di addetti).
 
A distanza di un anno devo dire onestamente che, in sanità, le cose non sono andate come pensavo:
- le politiche contro la sanità sono ancora attive e, con il regionalismo differenziato sono persino accresciute;
- chi avrebbe dovuto invertire la situazione, mi riferisco a questo governo, è parere unanime che si è rivelato, almeno sino ad oggi, alquanto inefficace.
 
Il ministro “ordinario”
Era luglio dello scorso anno quando, su questo giornale, dopo aver fatto una analisi “oggettiva” del programma del ministro Grillo, scrissi sconcertato “Perché mi sento “tradito” dal programma della Grillo” (QS 26 luglio 2018).
 
In effetti da subito il ministro Grillo fece una “sua” scelta politica, non so quanto meditata e condivisa, secondo me sbagliata se confrontata con le vere criticità del settore, di lavorare “sull’ordinario” cioè scegliendo il piccolo cabotaggio, il lavoro a giornata, gli spot propagandistici, i tweet sulle più disparate inezie, i blitz ridicoli negli ospedali contestati giustamente dai sindacati.
 
In questo modo il ministro si rifiutava deliberatamente di:
- affrontare le grandi criticità lasciate in eredità dai governi precedenti, e che però sono quelle che oggi mettono in pericolo il sistema, (sostenibilità, mercato del lavoro, diseguaglianze, sfiducia sociale, modelli regressivi, crisi professionali, ecc.);
 
- avere un rapporto diretto con la sanità (clamorosa è stata la sua defezione all’assemblea di tutte le professioni contro il regionalismo differenziato, fatta al teatro Argentina);
 
- impegnarsi in un progetto di vero cambiamento cioè in una strategia di ampio respiro (incomprensibile il suo rifiuto di istituire un board per redigere un rapporto sulle criticità del sistema e definire i necessari interventi riformatori, ecc.);
 
- essere attenta alle grandi svolte culturali che si sono avute da quando lei è ministro (clamorosa è la sua indifferenza nei confronti della proposta di Trento di riforma della deontologia, nei confronti delle 100 tesi messe in campo dalla Fnomceo per ridiscutere la professione medica).
 
Se si sceglie l’ordinario è inevitabile diventare ordinari. Noi abbiamo un ministro ordinario uguale se non peggio a chi l’ha preceduta.
 
Le primarie del PD, oltre l’ordinario
Il ritorno del PD sulla scena politica, prendendo per buona la volontà di resipiscenza di Zingaretti, vale come andare oltre “l’ordinario” e mi obbliga, come analista, quanto meno ad aggiornare il mio sillogismo:
- il M5S sulla sanità vola troppo basso,
- il Pd oggi è pronto a volare più alto,
- l’unico vero argine alle politiche nefaste del vecchio PD non è il M5S, ma è   il PD ricollocato a sinistra che ci propone Zingaretti.
 
Non è colpa dell’analista se il cocomero che sembrava buono alla fine sa di sapone. Se al contrario il cocomero fosse risultato buono, come tutti noi ci aspettavamo, il problema del cocomero non si sarebbe posto. E il Pd rispetto allo spazio riformatore, avrebbe trovato il posto occupato. Al contrario oggi in sanità questo è libero e come dicevo ciò probabilmente costerà al M5S un bel po’ di voti. Attenzione non sono pochi.
 
La sanità è di sinistra
Ma cosa propone il PD di Zingaretti oltre l’ordinario?
 
Ciò che propone il PD, attraverso la mozione sulla sanità di Zingaretti, fino ad ora, non è in nulla diverso da quello che prevedeva il programma della Grillo, e quello prima ancora della Lorenzin, cioè da quello che dicono tutti, da anni, cioè non è nulla di più del puro “senso comune”, la solita minestra riscaldata che suppone indipendentemente dai governi che si susseguono, le stesse facce, le stesse politiche, gli stessi problemi. Quello che propone Zingaretti fino ad ora quindi è solo una manifestazione di volontà.
 
Se il Pd sulla sanità vuole davvero voltare pagina deve davvero voltare pagina e per farlo deve andare oltre il senso comune, oltre i soliti consigli di chi amministra la sanità, oltre il basso profilo e comportarsi come un vero partito riformatore opponendosi in primo luogo a qualsiasi tipo di invarianza perché in sanità l’invarianza uccide.
 
Se il Pd in sanità vuole davvero voltare pagina deve ridare voce alla cultura, alla società, alla scienza, alla morale, alle persone e quindi smetterla di ascoltare, come ha fatto sino ad ora, solo le ragioni dei suoi amministratori che poi sono quelli che hanno fatto i danni maggiori.
 
I veri contro riformatori in sanità, caro Zingaretti non sono i cittadini, gli operatori, i servizi, ma gli amministratori.
 
Per voltare pagina, il PD, dovrebbe fare ciò che l’attuale ministro della salute per ragioni aereodinamiche, sino ad ora, non è riuscito a fare: intervenire sullo scafo della nave, anziché limitarsi a pulire solo il ponte, per riparare le grandi falle che nel corso della traversata, navigando tra uno scoglio e l’altro, si sono accumulate con il proposito di prevenirne l’affondamento.
 
Una cosa del genere meriterebbe una grande convention nazionale per chiamare tutti a raccolta e per varare una grande progetto di ripensamento della sanità
 
Cara Giulia e caro Nicola
Se Zingaretti, per scrivere la sua mozione sulla sanità, non avesse dato retta ai suoi soliti amministratori e mi avesse chiesto consiglio con parole semplici gli avrei detto le stesse cose che, a suo tempo, ho avuto modo di dire a questo ministro della salute:
- ti ricordo che, questa tormentata sanità, è nata dal fallimento del sistema mutualistico che ci ha lasciato in eredità almeno due problemi: la spesa che cresce e una tutela culturalmente inadeguata nei confronti della domanda di questa società. Ci siamo inventati il SSN per risolvere questi problemi e un mucchio di altre cose, ma a distanza di 40 anni devo dirti che non è andata come pensavamo. La spesa continua a crescere e l’inadeguatezza si è addirittura aggravata.  Probabilmente abbiamo riformato poco, abbiamo fatto scelte sbagliate e senza volerlo abbiamo reiterato vecchi modelli di assistenza.  Pensa che cavolata abbiamo fatto: ci siamo illusi che fosse possibile riformare la sanità senza riformare la medicina. Nessuno ha mai fatto un bilancio su come è andata effettivamente la nostra avventura riformatrice e l’attuale ministro, dietro proposta, si è rifiutata di farlo, per questo chi governa la sanità ancora oggi interviene a capoccia e a casaccio.
 
- Nel 1992 abbiamo fatto una riforma per trasformare le usl in aziende eravamo convinti in questo modo di risolvere sia i problemi incrementali della spesa che quelli dell’inadeguatezza dei servizi. Ma anche in questo caso non è andata bene. Certo le aziende hanno permesso buoni risultati sul piano amministrativo, ma hanno anche creato un sacco di problemi con gli operatori con i cittadini con i servizi dando luogo ad un economicismo davvero pericoloso. Oggi sembra che l’azienda non sia più la soluzione che voleva essere una volta. Ormai non la vuole più nessuno (azienda zero anche nel Lazio). Ma toccherebbe al pensiero riformatore avanzare una proposta per riformarla e definire una nuova forma di governo.
 
- Nel 1999 abbiamo fatto un’altra riforma per razionalizzare la sanità, l’idea era buona ma non ci siamo resi conto che con la scusa dell’appropriatezza e della lotta agli sprechi e della scarsità delle risorse, abbiamo iniziato ad avvelenare il sistema con un eccesso di procedure, con un autoritarismo tecnocratico pazzesco, con approcci imperativi che mettevano in crisi le autonomie delle professioni, dei servizi. Risultato è che ci siamo ritrovati una “medicina amministrata” senza precedenti mettendo in crisi professioni nevralgiche come il medico ma soprattutto offrendo al cittadino una medicina sempre meno personale e sempre meno di qualità. Cioè sempre più inadeguata.
 
- Nel 2001 come sinistra, per rispondere alla pressione federalista della lega, abbiamo messo le mani nella Costituzione, riscritto il titolo V, e modificato quegli articoli (116/117) che oggi sono invocati per giustificare il regionalismo differenziato. Più grossa non la potevamo combinare, le diseguaglianze sono aumentate, ci siamo trovati 21 sistemi sanitari diversi, i maggiori poteri dati alle regioni hanno solo indebolito lo Stato centrale ma non hanno prodotto grandi benefici per i nostri cittadini. Oggi l’unità del paese è in pericolo abbiamo a che fare con un federalismo taroccato, regioni fiaccate dai piani di rientro, alle prese con i loro problemi di sostenibilità, che sbavano sui fondi integrativi, sulla flessibilità del lavoro, sulla possibilità di deregolare l’intero sistema nazionale. Una follia.
 
- Nel 2012 con il governo Renzi e quindi un po’ più tardi il Job act fa il suo ingresso in sanità il più pericoloso pensiero neoliberale. Quindi welfare aziendale, welfare on demand alla americana, mutue e fondi sanitari. L’idea di quel PD di destra, era mettere il privato in competizione con il pubblico, al primo dava gli incentivi e al secondo lo de-finanziava aiutandolo ma per la discesa. La sanità vive fino in fondo la sua svalutazione, tutto doveva essere a costo zero, tutto doveva essere sotto un tetto, tutto era un limite tutto era bloccato: assunzioni, turn over, spese. Un pezzo dello Stato doveva andare addirittura al terzo settore.
 
- Negli anni a seguire la questione del mercato del lavoro in sanità diventa sempre più drammatica, squilibri tra professioni, carenze gravi di medici specializzati, cresce la voglia da parte degli operatori di andare in pensione, cioè di scappare dai servizi, precariato fino all’esasperazione, medici pagati meno delle cameriere, il processo di de-capitalizzazione del lavoro è sottolineato da ogni sorta di blocco a partire dai contratti. A nessuno, meno che mai al Pd dell’epoca, viene in mente la possibilità che il costo del lavoro, anziché tagliare sugli organici, si possa contenere ripensando il lavoro, ripensando lo stato giuridico degli operatori, ripensando le prassi. Il PD di destra batte due strade: il blocco del turn over e la task schifting. Risultato, un disastro. Abbiamo: un mercato del lavoro squilibrato e forti conflitti tra professioni e, professioni ammuffite nella loro invarianza, per non dire regressive.
 
- Infine i riordini regionali quindi gli accorpamenti delle aziende cioè la liquidazione del territorio, il regolamento per gli ospedali (Dm70) cioè la pre-definizioni di volumi che senza mai cambiare un decrepito modello di ospedale, ha creato quello che sappiamo, nei pronti soccorsi, tagliando in modo scriteriato migliaia e migliaia di posti letto senza una adeguata compensazione territoriale. E poi i costi standard copiati dalla contabilità industriale, i criteri di riparto che danno scientificamente di più al nord, e meno al sud, il sud abbandonato a se stesso, la mobilità sanitaria  e il giro di 4 mld che essa rappresenta, e il contenzioso legale, le violenze contro gli operatori la crescente sfiducia della gente nei confronti della sanità pubblica, i problemi gravi di delegittimazione sociale, la gente che arriva a dubitare del valore della scienza, ecc, ecc, ecc.
 
Mentre abbiamo un ministro della salute M5S che vola basso Zingaretti Pd dice “voltare pagina”, Bene!  Ma perché nessuno dei suoi gli ha detto queste cose? Perché nella sua mozione gli hanno rifilato la solita minestra riscaldata? Chi gliela rifilata?
 
Mi sa che, con l’aria che tira, voltare pagina, per Zingaretti, sia più difficile di quello che sembra. Staremo a vedere. Intanto a nome della sanità gli facciamo i nostri auguri. E’ innegabile che abbiamo bisogno di voltare pagina.
 
Essere dei riformatori questa è la sfida
Nel convegno sul “regionalismo differenziato” organizzato il 16 febbraio 2019 dal forum per il diritto alla salute, a Firenze (è disponibile la registrazione su youtube) ho sostenuto che, per me, il fatto che l’Emilia Romagna, la regione rossa per antonomasia, sia alla testa insieme alla Lombardia e al Veneto, di una contro-riforma radicale del SSN è il segno di tre cose:
- un lungo e vasto pensiero di controriforma della sinistra che ha raggiunto il culmine,
- la sinistra di governo che negli ultimi decenni non è riuscita a produrre se non un pensiero contro-riformatore,
- la crisi della sinistra e la crisi della sanità sono la stessa cosa nel senso che chi non riesce a pensare il cambiamento fatalmente declina e degenera. 
 
“Voltare pagina” per me significa rispondere a tre domande:
- perché come sinistra siamo nati riformatori e nel tempo siamo diventati o dei contro-riformatori o degli apologeti?
- come dobbiamo essere e cosa dobbiamo fare per essere dei riformatori e andare oltre l’apologia?
- cosa vuol dire riformare la sanità?
 
Nulla di più e nulla di meno.
 
Conclusioni
La sanità attuale, con i problemi che si ritrova, senza un pensiero di riforma non ha futuro. Convinto di ciò al ministro della salute, dico:
- non si cambia niente di importante se non si riforma,
- se non si riforma prevale ciò che non cambia mai,
- le invarianze sono le principali cause dei nostri più importanti problemi.
 
Mentre al PD di Zingaretti a parte gli auguri dico che:
- ha ragione a voltare pagina cioè a recuperare le conseguenze dei nostri errori,
- ma voltare pagina significa prima di ogni cosa dire la verità sulle politiche che abbiamo fatto in questi 40 anni, e coloro che nel Pd si occupano di sanità sapendo che il PD di responsabilità ne ha tante, hanno verità che preferiscono ad altre verità in genere tutte amministrative,
- poi prendersi la responsabilità di queste verità e trarne altre politiche.
 
Ivan Cavicchi

11 marzo 2019
© Riproduzione riservata


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