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Covid. A che punto siamo?

di Daniela Bianco e Rossana Bubbico

Ad oggi il tasso di crescita dei nuovi casi a livello nazionale è pari all’1,8% (media degli ultimi 7 giorni) con 8 tra Regioni e Province Autonome a presentare un tasso superiore; tra queste più critica è la situazione del Piemonte. Passata la fase di piena emergenza, ora occorre ragionare anche sulla presa in carico dei pazienti non-Covid: ci sono 24 milioni di soggetti affetti da almeno una patologia cronica che hanno bisogno di diagnosi e gestione continuativa tra ospedale e territorio.

21 APR - Nelle ultime settimane si è discusso molto dei numeri della Pandemia COVID-19 rilevati nel nostro Paese non solo per capire meglio le ragioni delle differenze rispetto ad altri ma anche per riflettere sulle varie azioni di contenimento adottate e le migliori strategie da attuare per la fine del lockdown. Si è cercato di interpretare gli andamenti del numero dei contagi e dei decessi guardando giorno per giorno le variazioni con l’obiettivo ultimo di stimare il punto di inizio della tanto attesa discesa della curva dei contagi del nostro Paese, come è accaduto in Cina.

A quasi 2 mesi dalla chiusura dei 10 Comuni del lodigiano, abbiamo realizzato un’analisi dei dati resi disponibili dalla Protezione Civile e dall’ISS per dare un quadro d’insieme completo della situazione in essere a livello regionale.

La Lombardia, con 66.971 casi, risulta la Regione italiana più colpita dalla pandemia COVID-19, seguita da Emilia Romagna (22.867 casi), Piemonte (21.349 casi) e Veneto (16.127 casi). Alla data del 20 aprile soltanto Basilicata e Molise registrano un numero di casi inferiori alle 1.000 unità. Se la Lombardia registra il 37,0% dei casi complessivi, tutto il Sud riporta «solo» l’8,8% dei casi complessivi.
 
Analizzando l’incidenza cumulativa, cioè il numero di casi totali su popolazione residente, particolarmente colpite risultano la Valle d’Aosta, la Lombardia e la P.A. di Trento tutte con un’incidenza superiore ai 600 casi per 100.000 abitanti. All’opposto, Calabria e Sicilia sono le Regioni con la minor incidenza (rispettivamente 53 e 55 casi per 100.000 abitanti).

Anche all’interno delle singole Regioni l’incidenza dei casi è molto variegata: in valore assoluto le Province più colpite sono Milano, Brescia e Bergamo (con rispettivamente 16.112, 12.004 e 10.378 casi), mentre in rapporto alla popolazione figurano Cremona, Lodi e Piacenza (con rispettivamente 1.530, 1.190 e 1.188 casi per 100.000 abitanti). Sono tutte Province attigue in una zona delimitata del territorio nazionale.

Per quanto riguarda i tamponi, di cui si è discusso moltissimo negli ultimi giorni, la strategia dell’Italia fin dall’inizio ha previsto di effettuare il tampone solo alle persone che presentano i sintomi del COVID-19, in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel corso delle settimane però alcune Regioni hanno modificato questo approccio aumentando in maniera significativa il numero di tamponi effettuati: solo nella giornata del 17 aprile sono stati svolti 65.705 tamponi.
 
Analizzando il numero di tamponi rispetto alla popolazione residente emerge un chiaro gradiente Nord-Sud: tutte le Regioni del Sud, ad eccezione della Calabria, hanno realizzato circa 1.000 tamponi per 100.000 abitanti, mentre in Veneto, nelle P.A. di Trento e Bolzano, in Valle d’Aosta e in Friuli Venezia Giulia ne sono stati effettuati più di 3.000.

L’aumento del numero di tamponi effettuati rappresenta certamente una spiegazione dell’andamento del numero di nuovi casi nelle ultime settimane: dopo il valore massimo in termini di nuovi casi giornalieri registrato lo scorso 21 marzo (6.557) la curva dei nuovi casi ha mostrato un andamento molto altalenante anziché una progressiva diminuzione come accaduto in Cina.
 
Ad oggi il tasso di crescita dei nuovi casi a livello nazionale è pari all’1,8% (media degli ultimi 7 giorni) con 8 tra Regioni e Province Autonome a presentare un tasso superiore; tra queste più critica è la situazione del Piemonte che oltre a registrare il tasso di crescita giornaliero dei casi più elevato (3,2%) è anche la terza Regione per numero di casi complessivi. Lombardia, Emilia Romagna e Veneto presentano invece tassi di crescita inferiori alla media nazionale.

Oltre alle misure nazionali di contenimento messe in atto dal Governo con vari Decreti, le Regioni hanno attivato varie iniziative per rispondere all’emergenza, soprattutto nelle aree più colpite attivando programmi di riorganizzazione e potenziamento della rete ospedaliera (aumento del numero di posti letto in terapia intensiva, identificazione di strutture Hub per la gestione dei pazienti non-COVID, allestimento di ospedali da campo).

Prima della pandemia l’Italia poteva contare su circa 9 posti letto in terapia intensiva per 100.000 abitanti (con un’elevata variabilità regionale) e grazie agli sforzi compiuti la dotazione è salita oggi a circa 13: valore comunque ancora molto lontano da Paesi come ad esempio la Germania che può contare su 29 posti letto per 100.000 abitanti.
 
La costante diminuzione del numero di soggetti in terapia intensiva registrata nelle ultime 2 settimane ha portato anche ad un allentamento della pressione sui sistemi sanitari regionali: mentre al 4 aprile il tasso di utilizzo dei posti letto a livello nazionale era pari a circa il 51% con punte del 105% e del 107% in Lombardia e Piemonte, oggi la situazione mostra un tasso di utilizzo a livello nazionale pari al 33% con punte del 72% in Lombardia e Piemonte.

La diminuzione del numero di soggetti ricoverati con sintomi o in terapia intensiva e l’aumento dei casi in isolamento domiciliare (oggi il 75% dei casi positivi è gestito a domicilio) stanno indubbiamente riducendo le pressioni sulla rete ospedaliera ma fanno emergere la necessità immediata di potenziare la medicina del territorio e di aumentare in modo significativo il ricorso all’uso di tecnologie per il monitoraggio a distanza dei pazienti che sono contagiati.

Passata la fase di piena emergenza, ora occorre ragionare anche sulla presa in carico dei pazienti non-Covid: ci sono 24 milioni di soggetti affetti da almeno una patologia cronica che hanno bisogno di diagnosi e gestione continuativa tra ospedale e territorio e che necessitano di nuovi percorsi di presa in carico che si adattino al contesto di limitazione degli spostamenti (incluso anche il recarsi in ospedale) e distanziamento sociale imposto da questa pandemia, almeno fino a quando non sarà disponibile un vaccino.
 
Daniela Bianco
Partner e Responsabile Area Healthcare, The European House – Ambrosetti
 
Rossana Bubbico
Consulente Area Healthcare, The European House – Ambrosetti 

21 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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