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Rapporto Farmactoring. "Basta colpire i cittadini. Intervenire su sprechi strutturali"


La sanità è in crisi. Ma per la Fondazione Farmafactory ha  "buone prospettive di sostenibilità". A patto di smettere con i tagli che colpiscono solo i fabbisogni sanitari dei cittadini intervenendo, piuttosto, sulle spese "improprie" in ambito amministrativo, logistico e di personale. La sintesi del Rapporto.

13 GIU - In un momento in cui a livello nazionale si discute della spending review e, quindi, di ulteriori tagli alla spesa pubblica, capire dove è possibile risparmiare è essenziale. Anche per evitare quello che è accaduto finora, cioè tagliare i fabbisogni sanitari dei cittadini senza reali riforme strutturali del sistema che permettano di eliminare spese improprie in ambito amministrativo, logistico e di personale.
È questo il monito che il Rapporto 2012 della Fondazione Farmafactoring sul sistema sanitario rivolge ai policy makers. I risultati del Rapporto, prodotto in collaborazione con Fondazione Censis e Cergas-Bocconi, sono stati presentati oggi a Roma da Vincenzo Atella, direttore scientifico della Fondazione Farmafactoring e docente all’Università Tor Vergata di Roma), insieme a Elio Borgonovi, presidente del Cergas, Giuseppe De Rita e Carla Collicelli, rispettivamente presidente e vice direttore del Censis.

Il contesto di partenza è noto. In questi anni, la sanità italiana, al pari degli altri settori della pubblica amministrazione, sta subendo l’impatto delle politiche di riequilibrio del bilancio pubblico, i cui effetti hanno intensità diversa tra le Regioni con Piano di rientro, vincolate a rigorosi piani di ristrutturazione finalizzati a riportare sotto controllo i principali fattori di spesa, e le Altre Regioni. Questi effetti interagiscono e si oppongono sempre di più alla crescente domanda di cure di una popolazione che continua ad invecchiare. E se il processo di contenimento della spesa sanitaria ha carattere nazionale e coinvolge i cittadini di tutte le regioni, la sua intensità è molto più alta in alcune regioni (quelle con Piano di rientro), dove si registrano conseguenze reali e percepite più negative.

L’obiettivo dichiarato del Rapporto è di capire meglio i meccanismi e il sistema di inventivi attraverso cui gli interventi della politica incidono sulla capacità del sistema di rispondere ai bisogni sanitari dei suoi cittadini. Per individuare, poi, gli strumenti adatti a garantire che il nostro sistema sanitario di essere sostenibile economicamente pur continuando ad assicurare un’elevata qualità delle cure. Quella stessa qualità che nel tempo ci ha permesso di essere considerati tra i migliori sistemi sanitari al mondo.

Secondo il Rapporto, “è fuori di dubbio che il sistema sanitario italiano (per una serie combinata di motivi) sia un sistema sostanzialmente sano e con delle buone prospettive di sostenibilità se confrontato con quello di paesi simili al nostro per livello di sviluppo”.

Ovviamente, ciò non vuol dire che il sistema non sia migliorabile; “siamo lontani dalla perfezione e la spesa sanitaria dovrà essere monitorata con molta più attenzione per capire dove sono le inefficienze e per rispondere meglio ai bisogni della popolazione”.

La sfida dei politici sarà, però, quello di affrontare i problemi della sanità in un contesto di approccio strutturale e non secondo interventi ad hoc come ampiamente fatto negli anni passati. Questo perché, rileva il Rapporto, ad oggi, “gli interventi di policy mirati al contenimento della spesa sanitaria, hanno colpito solo quella parte di costi direttamente riferiti al fabbisogno sanitario degli italiani, quindi la spesa per effettive necessità come visite mediche, accertamenti, farmaci o ricoveri ospedalieri. Rimane invece ancora una discreta possibilità di manovra, in termini di politiche attuabili, su tutto il residuo della spesa e, in particolare, sulle voci relative alla spesa per il funzionamento del sistema sanitario e costi amministrativi”.

Un’evidenza a cui si arriva attraverso l’analisi dei risultati di politica sanitaria per il contenimento della spesa negli ultimi anni. In particolare, osserva il Rapporto, la seconda metà del 2011 è stata una fase particolarmente difficile per la gestione dei conti pubblici. La posizione del nostro Paese è divenuta progressivamente più difficile e meno sostenibile, con conseguenze di tipo economico e politico. Ancora più dura è stata per le Regioni in piano di rientro (e i loro cittadini). Peraltro, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia e Puglia continuano a registrare risultati di bilancio negativi, che pesano per l’86,4 per cento del disavanzo complessivo. In valori assoluti le situazioni più preoccupanti sono quelle del Lazio e della Campania, che da sole pesano per circa i due terzi del disavanzo complessivo. Rilevanti anche i disavanzi registrati in Puglia e Sardegna, che insieme pesano poco meno di un quarto del disavanzo totale. In termini pro-capite, però, oltre al Lazio – un disavanzo di 183,7 euro pro-capite - si segnala il Molise con un disavanzo procapite che sfiora i 170 euro.

Ma anche là dove è stato garantito l’equilibrio dei contri, occorre – secondo il Rapporto Farmafactoring – ricostruire come le Regioni vi siano effettivamente riuscite. Emerge allora che le Regioni hanno dovuto fare affidamento principalmente su risorse proprie, attinte dai bilanci o recuperate con l’incremento delle leve fiscali regionali. Condizioni che hanno chiaramente gravato maggiormente sui cittadini delle Regioni in piano di rientro. In pratica, dunque, secondo il Rapporto, “gli interventi di policy mirati al contenimento della spesa sanitaria, hanno colpito solo quella parte di costi direttamente riferiti al fabbisogno sanitario degli italiani, quindi la spesa per effettive necessità come visite mediche, accertamenti, farmaci o ricoveri ospedalieri”, senza, tuttavia, attuare le necessarie riforme strutturali. In pratica, se è vero che da una parte “è migliorata la gestione delle spese ‘proprie’ della sanità (farmaci, accertamenti diagnostici, visite specialistiche e ricoveri)”, secondo il rapporto molto resta ancora da fare sul pronte delle spese “improprie”, cioè “amministrative, di personale, logistiche etc”.

Una condizione su cui i policy makers sono chiamati a riflettere con attenzione. Anche in vista della spending review, che mette la sanità ‘mirino’ dei prossimi tagli.
 

13 giugno 2012
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