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Il rilancio del lessico militare nell’organizzazione sanitaria

di Daniele Rodriguez

La recente ordinanza del commissario Figliuolo lascia aperti diversi interrogativi. Intanto spero che non si pensi che, finché tiene la prima linea, il nemico non possa entrare in contatto con la seconda linea. Ma le anomalie non sono finite qui ci si dimentica infatti del personale sanitario e sociosanitario che opera “nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali” pur contemplato come da vaccinare obbligatoriamente nel decreto legge 44

11 APR - Una riflessione che Luca Benci amava ripetere (e che ha anche scritto in un suo libro, ma non ricordo quale), presentandola come paradigmatica, almeno in parte, della struttura gerarchica e autoritaria delle organizzazioni sanitarie di un tempo (e che è comunque, ancora in qualche sede, persistente) riguardava il lessico in uso nelle strutture ospedaliere, spesso mutuato da quello militare. Delle sue molte esemplificazioni, mi limito a citare le poche che ricordo: ordini (del medico), montare di guardia, guardiola, indossare l’uniforme/la divisa, divisione, reparto, debellare la malattia, chiedere il congedo (cioè le ferie); nonché, più recentemente, medicina difensiva, evento sentinella.
 
Luca Benci è mancato quando si era appena concretizzata, nel nostro Paese, la coscienza della pandemia che ci stava travolgendo. Non ha quindi partecipato al dibattito sul Covid-19 ma è prevedibile che, se avesse potuto essere con noi, avrebbe sicuramente stigmatizzato i paragoni bellici che molti, da subito, hanno proposto in merito alla situazione di emergenza indotta dalla pandemia.
 
Oggi Luca sarebbe stata la persona più adatta per riflettere, con acume ed ironia, sull’espressione “in prima linea” che compare nella ordinanza n. 6 del 9 aprile 2021 del commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, generale di corpo d’armata Francesco Paolo Figliuolo. Tale ordinanza stabilisce che “la vaccinazione di tutto il personale sanitario e sociosanitario, in prima linea nella diagnosi, nel trattamento e nella cura del Covid-19 e di tutti coloro che operano in presenza presso strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private”, sia prioritaria parallelamente a quella delle persone di età superiore agli 80 anni (e poi, via via, quelle tra i 70 e 79 anni e quelle fra i 60 e 69 anni) e a quella delle persone con con elevata fragilità.
 
Rimpiangendo la mancanza di Luca, associandomi a lui nell’idea che l’applicazione della logica e del lessico militari alla sanità fosse una consuetudine ormai superata (almeno dopo il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502), provo a svolgere qualche osservazione con cui prendo atto della ambiguità, che caratterizza questo rigurgito della logica e del lessico militari applicata alla sanità, e delle distorsioni concettuali ed organizzative a cui essa conduce.
 
È evidente che, nell’ordinanza n. 6/2021, si vuole considerare la prestazione del personale sanitario o sociosanitario come attività di un combattente contro il nemico e che a questo aspetto si sia voluta dare una enfasi le cui ragioni di carattere sanitario ed organizzativo-gestionale sfuggono totalmente.
 
Le categorie che l’ordinanza individua sono due:
a) il personale sanitario e sociosanitario in prima linea nella diagnosi, nel trattamento e nella cura del Covid-19;
b) tutti coloro che operano in presenza presso strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private.
 
Si osservi in primo luogo che b) si riferisce non solo a personale sanitario e sociosanitario ma a una categoria vastissima ed eterogenea, a contorni indefiniti, che include, per esempio, anche gli amministrativi ed i fornitori in genere. Il personale sanitario e sociosanitario sub a) comprende esclusivamente professionisti ed operatori impegnati “nella diagnosi, nel trattamento e nella cura del Covid-19”, non il restante personale sanitario e sociosanitario che fornisce prestazioni a contatto con persone affette da forme patologiche diverse dal Covid-19.
 
Seguendo la logica dell’ordinanza 6/2021, il personale sanitario e sociosanitario è organizzato in uno schieramento di combattimento, suddiviso in una prima ed in una seconda linea.
 
È una suddivisione in due linee di cui non si avvertiva, e non si avverte, il bisogno: perché sminuire l’impegno del personale sanitario e sociosanitario che opera su persone portatrici di forme nosografiche non riferibili al Covid-19 e collocarle in seconda linea, insieme a persone (anche non professionisti od operatori sanitari o sociosanitari) genericamente presenti nelle strutture sanitarie e sociosanitarie e non necessariamente a contatto con i ricoverati?
 
Inoltre, sussiste incoerenza dell’ordinanza n. 6/2021 rispetto a fonti normative di rango superiore. Cesare Fassari ha già ricordato, in questo stesso QS, che il comma 1 dell’art. 4 del decreto legge 1° aprile 2021, n. 44 contempla che “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2”.
 
Il decreto legge 44/2021 si riferisce solo agli esercenti le professioni sanitarie e agli operatori di interesse sanitario; non include cioè – come invece fa l’ordinanza 6/2021 – tutti coloro che svolgono la propria attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali.
 
Stando all’ordinanza 6/2021, il personale sanitario e sociosanitario della seconda linea, ancorché a contatto con persone ammalate, è sullo stesso piano di amministrativi e fornitori che non hanno rapporto fisico di prossimità con gli ammalati e che potrebbero essere vaccinati prima di detto personale sanitario e sociosanitario della seconda linea.
 
Perché questa diversa considerazione del personale sanitario e sociosanitario comunque a contatto con persone ammalate? Si presume che questo personale sanitario e sociosanitario, in seconda linea, mostri minore eroismo di fronte al nemico rispetto al personale in prima linea o che addirittura non sia esposto a rischio di contagio?
 
Spero che non si pensi che, finché tiene la prima linea, il nemico non possa entrare in contatto con la seconda linea. Dovrebbe essere chiaro che si tratta di nemico in grado di attaccare direttamente la seconda linea eludendo la prima.
 
Le anomalie non sono finite qui. L’ordinanza 6/2021 si dimentica del personale sanitario e sociosanitario che opera “nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali” pur contemplato come da vaccinare obbligatoriamente nel decreto legge 44.
Si tratta di una retroguardia non meritevole neppure di menzione in rapporto alla protezione vaccinale?
 
Daniele Rodriguez
Professore ordinario i.q. di Medicina legale

11 aprile 2021
© Riproduzione riservata


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