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Imprese del farmaco. Quelle italiane le più penalizzate d’Europa


06 NOV - Negli ultimi dieci anni lo scenario dell’industria farmaceutica ha subito profonde trasformazioni che hanno avuto impatti notevoli soprattutto sulle dimensioni e sulla struttura del settore. Secondo il nuovo Rapporto 2012 di Meridiano Sanità, sono tre, in particolare, le macrotendenze registrate a livello globale per il settore:
• un rallentamento della crescita del settore soprattutto nelle economie avanzate;
• una nuova geografia del settore, sia dal punto di vista del mercato che dell’industria di produzione, in cui si registra il peso sempre più rilevante assunto dai Paesi emergenti;
• una minore produttività degli sviluppi scientifici e tecnologici che richiedono investimenti in R&S molto più alti e complessi.

Se nel 2005 l’Unione europea copriva quasi un terzo del mercato, entro il 2015 è previsto che lo stesso segmento costituirà meno di un quinto. Mentre i Paesi emergenti, i cosiddetti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) e il resto del mondo assumeranno un ruolo sempre più importante all’interno del mercato farmaceutico mondiale, passando dal 19% del 2005 al 38% nel 2015.

“Lo shift del mercato farmaceutico mondiale dall’Europa e dagli USA verso i BRIC e il resto del mondo – spiega ancora il Rapporto - si accompagna ad un generale rallentamento del settore: nel quinquennio 2010-2015 il mercato mondiale crescerà ad un tasso medio annuo del 4,8% a fronte di un 7,1% registrato nel quinquennio precedente. Sono soprattutto le economie avanzate a registrare il rallentamento maggiore, passando dalla variazione media annua del 5,3% registrata nel quinquennio 2005-2010 all’1,1% del 2010-2015”. Più che doppia rispetto alla media è invece la variazione media annua registrata nei Paesi emergenti (13,0% contro il 14,1% registrato nel quinquennio precedente).

Una delle tendenze in stretta connessione con le dinamiche del mercato è la maggiore complessità della R&S e l’aumento dei costi. Tale tendenza ha portato l’industria farmaceutica ad investire quote progressivamente maggiori in R&S.
“Non è un caso infatti – spiega il Rapporto - , che i dati diffusi quest’anno dalla Commissione europea dimostrano come il settore farmaceutico europeo risulti essere il primo (fra gli altri settori industriali europei) per rapporto fra investimenti in R&S e vendite nette: se tutta l’industria europea investe complessivamente il 3,3% delle vendite nette, l’industria farmaceutica investe oltre il 15%. Il valore espresso in termini assoluti, circa 27,8 miliardi di euro, equivale al 3,5% del valore aggiunto dell’intero settore manifatturiero europeo e al 19,1% della spesa BERD mondiale”.

La causa principale dei costi crescenti, spiega Meridiano Sanità, “è dovuta al fatto che la Ricerca si sta sempre più indirizzando verso terapie personalizzate, più efficaci, ma anche più costose. Inoltre, solo 1 molecola su 10 mila riesce a superare tutti i test necessari per essere finalmente immessa sul mercato”.
Nel frattempo, ai costi crescenti associati alla Ricerca si accompagna una compressione dei ricavi nelle vendite (e quindi una contrazione dei margini), principalmente dovuta alle scadenze di brevetto dei farmaci.

Se nel 2001 i costi richiesti per rendere disponibile un farmaco erano pari a circa 800 milioni di dollari, attualmente tali costi superano 1,3 miliardi di dollari.

“I costi delle fasi tipiche di un progetto R&S di un nuovo farmaco – precisa ancora il Rapporto -, sono aumentati considerevolmente nel tempo, anche per via di un’ulteriore complessità riportata nei processi stessi (si veda ad es. la fase 3). Inoltre, l’alto grado di complessità della R&S ha portato alla necessità di creare partnership e network scientifici: attualmente la scoperta di un farmaco non interessa più esclusivamente i confini aziendali, ma tende a coinvolgere progressivamente un numero maggiore di soggetti altamente specializzati, in grado quindi di ottimizzare ciascuna fase del processo”.

Ne deriva “un settore profondamente trasformato, ristrutturato, altamente complesso ed interrelato, che deve reagire rapidamente alle incombenti scadenze delle coperture brevettuali di una quota crescente di mercato (oltre il 50% del totale ancora in patent, quota ancora superiore per quanto riguarda il canale retail)”.

Ma cosa è accaduto per il settore in Italia. “Oltre a subire le tendenze globali sopra delineate, si trova in una situazione particolarmente difficile dovuta ai vincoli di finanza pubblica. A ciò si aggiunge l’attuale recessione e più in generale una assenza di crescita economica significativa nell’ultimo decennio”, afferma il Rapporto Meridiano Sanità. Secondo il quale “esistono inoltre situazioni specifiche della realtà italiana che deprimono ancora di più il settore farmaceutico e ne ostacolano lo sviluppo”. E cioé:
1. prezzi dei farmaci più bassi rispetto alla media europea (margini inferiori);
2. costi maggiori su determinati servizi principali (burocrazia, energia e trasporti);
3. pressione fiscale superiore a 15 punti percentuali rispetto ai EU Big 5;
4. tempi di pagamento lunghi ed in crescita;
5. esistenza di tetti di spesa;
6. ritardi nell’accesso dei nuovi farmaci sia a livello nazionale sia a livello regionale;
7. mancanza di stabilità e uniformità nella normativa nazionale e regionale.

Da un confronto dei prezzi dei farmaci di classe A in alcuni Paesi europei emerge che l’Italia ha i prezzi più bassi, che vanno dall’8,3% in meno rispetto ai farmaci francesi, al 41,7% in meno rispetto ai farmaci tedeschi.

Il tempo medio di inclusione nel prontuario nazionale dei nuovi farmaci nel periodo 2007-2009 è stato pari a 326 giorni, con una grande variabilità regionale. In aggiunta, dal primo livello regionale all’uso effettivo nelle strutture sono necessari in media altri 70 giorni.

“Gli elementi sopra descritti – spiega il Rapporto - di fatto producono un effetto spiazzamento sul livello degli investimenti nel settore farmaceutico italiano, con potenziali conseguenze nel breve, nel medio e nel lungo termine, sia dal punto di vista della sostenibilità della presenza industriale che sul piano occupazionale”.

Il trend del prezzo dei farmaci negli ultimi 10 anni ha subito cali in tutta Europa. Il fenomeno, tuttavia, spiega il Rapporto Meridiano Sanità, “è risultato essere particolarmente accentuato in Italia, dove il prezzo dei farmaci (rimborsabili e non) ha registrato una riduzione due volte superiore a quella registrata nei 5 maggiori Paesi europei: fra il 2001 e il 2011 il prezzo dei medicinali in Italia è sceso del 28% (15% nelle principali economie europee) a fronte di un’inflazione pari al 24% (22% nei Eu Big 5)”.

Oltre alla compressione dei ricavi dovuta alla riduzione dei prezzi dei medicinali, sulle imprese dell’industria farmaceutica grava il peso di alcune voci di costo, quali la logistica, la burocrazia e i costi associati all’energia, che sono tendenzialmente maggiori in Italia rispetto alla media europea.

E ancora, il settore italiano subisce anche una pressione fiscale superiore di oltre 15 punti percentuali70 rispetto alla media degli EU Big 5. Infine, per Meridiano Sanità, un ulteriore esempio di come il problematico contesto della finanza pubblica italiana impatta sul settore farmaceutico è costituito dai tempi di pagamento dalle strutture pubbliche per le imprese del farmaco. Nonostante un calo registrato nel 2010 che ha portato i tempi di pagamento attorno ai 200 giorni, il 2011 e il 2012 hanno nuovamente registrato un aumento pari al 20%. Attualmente la media dei pagamenti si attesta intorno ai 250 giorni, con alcune Regioni stabilmente oltre i 700.

Secondo Meridiano Sanità, “in tale scenario appare a rischio la sopravvivenza stessa dell’industria farmaceutica in Italia, un’industria che fino ad oggi ha avuto un ruolo rilevante per il sistema economico e produttivo del Paese”. Innanzitutto va registrato un sensibile ridimensionamento degli studi clinici del settore: fra il 2008 e il 2011 sono diminuiti del 23%, passando da 873 a 673. Anche i dati afferenti all’occupazione nel settore sono ugualmente “preoccupanti”: nel 2011, le imprese del farmaco hanno occupato 65.000 addetti (-2,5% rispetto al 2010) e 6.000 ricercatori (-0,8% rispetto al 2010 e -4% rispetto al valore del 2007) con cali previsti anche nel 2012.

Ma per Meridiano Sanità “il dato più allarmante è proprio quello dell’occupazione totale dell’industria farmaceutica, che negli ultimi anni è sceso al di sotto dei valori registrati nel decennio precedente, perdendo diecimila addetti fra il 2006 e il 2011”.

“Il calo occupazionale nella farmaceutica in Italia è un fenomeno particolarmente preoccupante, che rischia di amplificarsi nei prossimi mesi con notevoli conseguenze sull’intero indotto del Paese”, osserva il Rapporto, secondo il quale “è inoltre importante valutare anche il contributo diretto e indotto al Paese dell’industria farmaceutica”.

Se si vuole davvero incrementare la produttività del Sistema Paese, per essere in grado di raggiungere livelli di crescita più elevati di quelli conseguiti negli ultimi 10-15 anni, sostiene allora Meridiano Sanità, “da un punto di vista di politica industriale è rilevante valutare i vari settori in base ai risultati, preservando e incentivando in primis quelli che hanno strutturalmente performance migliori. Da questo punto di vista l’industria farmaceutica risulta essere senza dubbio un settore prioritario su cui investire”.

 

06 novembre 2012
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