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Se l’Italia è diventata un’esportatrice di giovani infermieri

25 GEN - Gentile direttore,
ringraziando dell'opportunità, mi ricollego al vostro articolo “Ssn. Sempre meno personale” i dati sono davvero preoccupanti, cala il numero dei dipendenti, aumenta vita media, aumenta la cronicità e disabilità, l'età media dei lavoratori, sale di conseguenza il numero delle domande di assistenza. Il numero dei precari è salito, ma, soprattutto, il numero degli Infermieri “flessibili” tramite agenzie interinali da 9.884 a 10.934 (+1.050) nell'arco di un anno (2013-2014).
 
L'Italia, negli ultimi cinque anni, ha importato infermieri dalla Romania e dall'Ucraina per far fronte alla domanda interna di questi professionisti, oggi invece, il paese è diventato un esportatore di giovani infermieri in altre nazioni europee.
 
La migrazione dei lavoratori sanitari all'estero ha comunque ricadute negative e positive: riguardo alle  prime, quando un numero significativo di infermieri lasciano il proprio paese si ha una perdita di capitale umano, della forza lavoro, di conseguenza, il sistema diventa fragile, rischia il collasso;  la seconda invece, al rientro nella propria terra di origine i lavoratori sanitari portano con se competenze e  capacità significative acquisite all'estero.
 
Da una parte, sentiamo che alcuni infermieri italiani che vivono all'estero hanno nostalgia di ritornare nel loro Paese Natale. Ecco una testimonianza diretta: venerdì 15.1.16, mentre ero bloccato nel traffico fiorentino ed ascoltavo un programma pomeridiano alla radio, ho sentito l'intervista di un collega, Rosario, che aveva partecipato ad un concorso pubblico per infermiere ed ora lavora nell'ospedale londinese con un contratto a tempo indeterminato.
 
Rosario ha dichiarato che gli infermieri in Inghilterra sono molto apprezzati, socialmente ed economicamente riconosciuti. Le aziende ospedaliere UK investono sul personale e promuovono la crescita professionale: programma di inserimento lavoro, aggiornamento, master gratuito, etc. Una delle parole che mi ha colpito è “la tutela” sottolineata più volte, cioè “noi siamo tutelati” e il giornalista ha aggiunto  “cosi sono più tutelati anche i cittadini”.
 
E' vero che quando c'è un investimento sul personale ed un apprezzamento del proprio profilo professionale, riconosciuti  socialmente ed economicamente si ha, a mio modesto parere, un impatto quasi sempre positivo verso i cittadini, quindi, una doppia gratificazione.
 
D'altra parte, esistono invece infermieri che lasciano temporaneamente l'Italia e si recano in altri paesi per lavoro tramite organizzazioni non governative (ONG) riconosciute dal Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale. Alcuni di questi sono dipendenti statali, altri hanno contratti privati e/o libero-professionisti.
 
Siamo tutti consapevoli che la situazione italiana è turbolenta per lavoro ed è molto preoccupante, si riconfermano quindi i dati sui buchi in pianta organica, ma non credo che  la giusta soluzione sia quello di optare per la richiesta di straordinari, aumento del numero di reperibilità e /o rivolgersi alle agenzie di somministrazione lavoro “interinali” per tamponare le carenze, quando si possono assumere direttamente i professionisti infermieri senza intermediari.
Mi chiedo: se l'Italia è una dei membri della Comunità Europea, perché non blocca la fuga di professionisti infermieri formati nel loro paese secondo i fabbisogni nazionale? Perché non investe sullo sviluppo del personale e sulla soddisfazione degli utenti?
 
Meno personale vuol dire essere consci della probabilità che si possano verificare rischi, in primis per il cittadino, poi per gli operatori sanitari e non, con un aumento di conflitti interni.
 
Auspico che la politica e gli organi preposti, nonostante sia stato assunto un considerevole numero di infermieri italiani in Gran Bretagna, inizino ad ascoltare attivamente i giovani infermieri, visitare i luoghi di lavoro, elaborare i vari disagi segnalati e/o percepiti dai cittadini e dal personale, non archiviarli , con l'obiettivo di implementare un nuovo modello assistenziale omogeneo, migliorare la programmazione sull'accesso ai corsi di laurea in scienze infermieristiche e azzerare la demotivazione ed insoddisfazione professionale.
 
Abukar Aweis Mohamed  
Consigliere Collegio IPASVI di Firenze
Ref. Punto d'Ascolto e Cooperazione Sanitaria Internazionale.

25 gennaio 2016
© Riproduzione riservata

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