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Coronavirus. Mascherine made in Toscana... non proprio idonee

02 APR - Gentile Direttore,
sono una donna medico ospedaliera toscana, vostra affezionata lettrice. Ho appena letto l'articolo sulle mascherine "Toscana", che sto usando da settimane perché le normali mascherine chirurgiche sono diventate ormai un bene raro, riservate nel mio ospedale alle terapie intensive (dove vengono tenute in cassaforte assieme ai farmaci oppioidi) e alle sale, a tutti gli altri tocca lavorare con le “Toscana”. Scrivo "tocca" perché purtroppo sulla qualità di queste mascherine ci sono diversi commenti da fare.
 
E' certo apprezzabile l'iniziativa della Regione per far fronte alla carenza fornendo un prodotto che, se pur di necessità privo di marchio CE, ha comunque caratteristiche sovrapponibili per quanto riguarda la capacità filtrante del tessuto (le maschere "Toscana" sono state testate, relativamente a questo, dal Dipartimento di Chimica dell'Università degli Studi di Firenze). Anzi è indubbio che dato lo spropositato aumento della domanda a livello mondiale di questo "umile" dispositivo, l'unico modo per un approvigionamento adeguato sia la produzione autarchica.
 
Tuttavia non posso fare a meno di notare che per l'efficienza di una mascherina in termini di blocco delle droplets non bastano le caratteristiche del tessuto, anche la conformazione della mascherina stessa conta. Ai bei tempi delle mascherine CE, ci è stato insegnato il modo corretto di indossarle: coprire dalla radice del naso al mento, far aderire bene la maschera alla radice del naso (mediante gli appositi ferretti stringinaso), legarle ben in modo che restino ben aderenti e ferme durante l'utilizzo (anche perché non andrebbero toccate in continuazione per aggiustarsele, dopo averle messe). Ora tutto questo è impossibile con le "Toscana" che ci vengono fornite perché in tutte queste settimane non abbiamo mai visto un solo esemplare con le plissettature -figurarsi con i lacci, che non sono proprio previsti per le Toscana: solo elastici da passare dietro le orecchie.
 
Le maschere "Toscana" con cui ci tocca lavorare - un semplice rettangolo non plissettato di 3 strati di TNT sovrapposti - NON si conformano intorno al naso, rimanendo aperte (con possibile fuoriuscita di droplets soprattutto se scappa un colpo di tosse o uno starnuto) in alto lateralmente al naso, ai lati dalla guance, in basso ai lati del mento; inoltre a molti cadono in continuazione scoprendo il naso durante il lavoro (e obbligando a riposizionarle, cosa che non si dovrebbe fare, per evitare che cadano ancora più giù scoprendo la bocca), a chi ha la testa più piccola dello standard previsto da chi le ha progettate rimangono larghe e cadenti, a chi l'ha più grande tirano sul naso e dietro le orecchie comportando una dolorosa tortura che dura tutto il turno di lavoro, senza che questo ne migliori l'aderenza alla radice del naso: perché gli elastici non permettono un grande adattamento a dimensioni e morfologie diverse. Inoltre non possono essere indossate se uno, per la tipologia del lavoro che sta svolgendo, deve indossare anche una cuffia che copre i capelli - e con essi le orecchie.
 
Plissettature e lacci da legare, anche senza ferretti stringinaso, migliorano in modo significativo l'effettiva tenuta delle mascherine, con maggior comfort per chi le deve portare - oltre alla possibilità di indossarle al di sopra di una cuffia. Eppure, da settimane, a noi arrivano sempre le solite "Toscana", con obbligo peraltro come da ordinanza della Regione di indossare solo quelle in assenza delle mascherine CE: rettangoli di tessuto che sarà anche adeguatamente filtrante, ma per il resto prive di tutte le altre caratteristiche che fanno di un pezzo di tessuto una mascherina degna di tale nome.
 
Alessia Lunardini
Ospedale del Cuore, Fondazione Toscana G. Monasterio, Massa


02 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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