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Specializzandi nei PS del Veneto. Aaroi Emac: “Rischioso inserire i neolaureati al primo anno di specializzazione”

Il sindacato interviene sulla legge del Veneto che dà la possibilità, su base volontaria, agli specializzandi del primo anno a svolgere il loro lavoro presso i pronti soccorso, definendola una soluzione estrema, da usare soltanto dopo il decreto Calabria. “Innanzitutto occorre assumere tutti gli specializzandi del terzo anno, con personale capace di tutorarli, e poi, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, si può intraprendere la strada dettata dal Veneto”

di Endrius Salvalaggio
24 MAG - D’ora in avanti, in Veneto, gli specializzandi iscritti al primo anno, potranno lavorare nei pronto soccorsi con contratti da libero professionisti o di collaborazione coordinata continuativa. Lo prevede una legge regionale, approvata dopo una serie di audizioni con le organizzazione sindacali in V commissione salute. Una legge che però non ha convinto tutti e su cui anche l’Aaroi Emac, sindacato degli anestesisti rianimatori e medici dell’area critica, esprime perplessità.

“Siamo stati convocati in audizione con le altre organizzazioni, sindacali e scientifiche – spiega Massimiliano Dalsasso, segretario Veneto di Aaroi Emac – per la discussione sulle disposizioni di adeguamento ordinamentali 2022. Quando è stato il nostro turno abbiamo evidenziato che, pur riconoscendo la carenza di medici nell’area emergenza urgenza, saremmo orientati innanzitutto ad  assumere tutti gli specializzandi del terzo anno, con personale capace di tutorarli, come previsto dalle disposizioni del decreto Calabria e poi, a margine, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, si può intraprendere la strada dettata dalla Regione del Veneto”.  

“Noi non siamo contro queste proposte”, precisa Dalsasso. “Tuttavia - chiarisce - siamo contro le proposte rischiose se non circoscritte nel tempo e nel numero. Si parla sempre di medici che di fronte ad un paziente in situazioni critiche devono saper prendere in pochi minuti decisioni salva vita, ma in realtà non è questo l’aspetto più delicato e pericoloso di chi fa questo mestiere. Infatti non è poi così difficile chiedere aiuto ai colleghi più esperti di fronte a situazioni gravi: anzi quanto più la gravità è estrema tanto più è evidente. La vera, grande difficoltà sta da un lato nel riconoscere tempestivamente i primi e spesso celati segni prodromici di situazioni potenzialmente pericolose e, dall’altro, nel non eccedere per inesperienza in forme di medicina difensiva sovraccaricando il sistema di consulenze ed indagini non necessarie. Queste considerazioni si imparano solo sul campo e nel tempo, avendo frequentato diversi reparti per acquisire la necessaria visione multidisciplinare”.

Secondo l’analisi del segretario Dalsasso, lavorare nei pronti soccorsi risulta essere una delle aree dove, allo studio, deve essere affiancata una elevata esperienza e questa la si acquisisce lavorando inizialmente con dei tutor e poi a fianco a medici con esperienza decennale o addirittura ventennale. “Lavorare in area critica vuol dire lavorare sotto un elevato stress emotivo e produttivo che si supera solo se si è equilibrati, motivati e sicuri di sé. Tornando agli specializzandi in Veneto, gettare in questo calderone i neolaureati del primo anno di specialità, oltre a costituire un rischio potenziale per i pazienti e per loro stessi, si rischia anche di ottenere il risultato che faccia disinnamorare i giovani medici nei confronti di questo lavoro causandone la fuga verso altre più tranquille e proficue attività”. 

Al netto delle necessità urgenti, per Aaroi Emac non ci si può più permettere di costruire un sistema sanitario basato sull’emergenza continua e sulle carenze infinite. L’aumento delle borse di studio per specializzandi, la cura della formazione, il miglioramento delle condizioni di lavoro ed economiche, in particolare nell’area critica, per questo sindacato, devono essere il volano di una rinascita che abbia come fulcro una grande e prospettica visione di ampio e lungo respiro. “In caso contrario la situazione di emergenza coinvolgerà tutto i sistema sanitario. Questo si può realizzare solo con il coinvolgimento attivo e continuo di tutte le parti in causa, se non vorremo vedere giovani laureati come i “ragazzi del ‘99”, l’ultima leva dopo la Caporetto del SSN”, conclude Massimiliano Dalsasso

Endrius Salvalaggio

24 maggio 2022
© Riproduzione riservata

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