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Veneto. Fedir Sanità su Azienda Zero: “Necessari accentramenti ed accorpamenti meno cruenti”

Per il sindacato della dirigenza gestionale e amministrativa del Ssn è al contempo necessaria un'organizzazione "ben sostenuta" sul territorio. Per il segretario nazionale AntonioTravia: "A fronte di un auspicato risparmio temiamo si vada invece a delineare una nuova organizzazione che rischia di produrre un allontanamento dei servizi del territorio". 


07 OTT - Anche Fedir Sanità, sindacato rappresentativo della dirigenza gestionale e amministrativa del Ssn, critica la proposta di ‘Azienda Zero’in Veneto perché “rappresenta un illegittimo accentramento di competenze che la legge nazionale pone in capo delle Asl, oltre al fatto che l'accorpamento delle 22 attuali Ulss, ridotte a 7, con molta probabilità porterà caos organizzativo e sottrazione di efficienza all'erogazione dei servizi”.
 
“Abbiamo espresso in un documento consegnato alla V Commissione il 29 settembre scorso le nostre preoccupazioni – spiega il segretario nazionale Antonio Travia – che coincidono esattamente con quelle evidenziate oggi anche da Anaao Veneto. A fronte di un auspicato risparmio si vada invece a delineare una nuova organizzazione che rischia di produrre un allontanamento dei servizi del territorio. Crediamo che fra gli stessi operatori, sia sanitari che amministrativi, possa venire meno il senso di appartenenza che è sempre stata nel Veneto la vera molla per poter fare e dare di più. In una centralizzazione forzata e spinta può produrre disaffezione e disorientamento”.

A parere della Fedir, le funzioni dell’Azienda Zero non possono travalicare quelle di mera programmazione, indirizzo e controllo e comunque le eventuali attività di gestione dirette dovrebbero essere pochissime e ben individuate ab origine. “Siamo preoccupati anche del fatto – aggiunge Travia – che un accentramento così forzato possa, se non governato con procedure e processi di lavoro trasparenti e etici, aumentare i rischi di sprechi e di quanto di più negativo possa caratterizzare una pubblica amministrazione in un processo di riorganizzazione in cui avremo certamente delle fratture tra chi dirige e chi è impegnato a dare una risposta ai cittadini”.

Le esperienze realizzate in Italia e all’estero con riguardo a mega organizzazioni non sono positive, né sul piano dei costi, né sul piano organizzativo generale (in particolare per le funzioni tecnico e amministrative). “Il rischio – afferma ancora Travia – è che l’eccessiva distanza fra il centro decisionale e i territori porti a una negativa burocratizzazione ed all’ingessamento dell’intero sistema, affidando le scelte di allocazione delle risorse troppo al centro. Le nuove mega Asl, infatti, fino a che punto saranno in grado di interpretare la specificità dei territori, i bisogni dei cittadini e le aspettative dei professionisti? Non diventeranno piuttosto l’imposizione di una offerta di sanità che viene inevitabilmente rivista al ribasso dal punto di vista del finanziamento? Il fine ultimo del riordino sembra quello di garantire omogeneità non dei risultati ma soprattutto dei costi. Per controllare al meglio le spese si preferisce accentrare ed omogeneizzare attraverso una programmazione verticistica anziché coordinare e controllare”.  

07 ottobre 2015
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