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L’appropriatezza e le doppie verità

di Vincenza Truppo
05 DIC - Gentile direttore,
lo scorso 30 novembre ho letto sull'Ansa un comunicato stampa del presidente della Società italiana di Biochimica Clinica (Sibioc), Marcello Ciaccio, in cui giustamente affermava che dagli studi si evince che ben 3 test prescritti su 10 risultano inappropriati. Paventa inoltre una realtà cupa. “Se si continua così il Servizio sanitario nazionale non potrà più essere garantito” sono le sue parole riportate nel testo del comunicato.
 
Questa dichiarazione mi ha fatto molto piacere, perché finalmente anche l’altra delle due più importanti società scientifiche italiane riconosceva  quello che da anni noi ricercatori di Ermete stiamo cercando di risolvere, insieme al cosiddetto underuse dei test che provoca ancora più spreco di denaro pubblico.
 
Giustamente, come Ivan Cavicchi ci esorta da tempo a considerare, la nostra inerzia riformatrice lascia spazio alla medicina amministrata, ai tagli lineari e all’inefficacia ed inefficienza del SSN. Con questi presupposti Cavicchi ha compreso quanto di nuovo e concreto ci fosse nella nostra ipotesi e ci ha esortato a continuare. Come noi e Cavicchi, e per questo non finiremo mai di ringraziarli, hanno creduto da subito al nostro tentativo anche la Sipmel, la Fism, l’Amcli e la Fismelab, e il loro sforzo ha portato Ermete all’attenzione del Ministro e dei direttori del Ministero che sono ansiosi di conoscere i primi risultati di questa sperimentazione.
 
In questo panorama la dichiarazione del dr. Ciaccio apre uno spiraglio di luce su ambiti bui della nostra professione di medici di laboratorio e finalmente, spero, evidenzi che il board di Ermete (che ha compilato e approvato gli indirizzi di prescrivibilità dei test di laboratorio esaminati, inseriti in Ermete) è composto anche da una delle più eminenti personalità della Medicina di Laboratorio Venete, Italiane ed Internazionali, nonché da alcuni esimi professionisti locali del settore, iscritti tutti questi  alla Sibioc, oltre che da eminentissimi colleghi di simile valore della Sipmel, medicina generale e professori illustri di geriatria delle due Facoltà Venete.
 
Immediatamente, però, un vago ricordo mi ha spento questa gioia. E sono andata alla sua ricerca e ho trovato la risposta. Su QS del 23 marzo scorso il presidente Ciaccio affermava cose molto diverse, sullo stesso argomento. “Non serve tagliare gli esami di laboratorio per evitare gli sprechi. Rappresentano solo il 2% della spesa …. E per questo non vanno tagliati”, diceva Ciaccio parlando del tentativo dello Stato di porre argine all’inappropriatezza.
 
Come mai questo repentino cambio di rotta? Cosa è accaduto in questi 7 mesi nella routine laboratoristica che ha portato ad una visione del suo andamento così contraddittoria? E’ avvenuta una rivoluzione scientifica o cosa? Che io sappia, non è accaduto nulla di così eclatante. L’unico fatto nuovo, che è accaduto, è stata la richiesta diretta del  Ministero alla Regione Veneto per avere notizie sullo stato dell’arte di Ermete. Fatto questo poco significativo a mio avviso.
 
Mi sono, allora, ricordata di vecchi studi filosofici fatti sui banchi di scuola e della formula storiografica della doppia verità. Con questa formula “ci si riferisce a una pretesa dottrina di derivazione averroistica, secondo la quale rispetto ad una questione filosofica si darebbero due distinte verità (l’una razionale, l’altra di fede), fra loro contraddittorie…Prendendo come esempio il problema cosmogenetico: se la ragione naturale,……., porta a considerare il mondo come eterno, la verità della fede ne certifica invece, parallelamente, la creazione; rispetto a tale questione sussisterebbe allora una doppia verità. Tuttavia tale situazione di parallelismo non sembra darsi né in Averroè né nei suoi seguaci medievali e rinascimentali, in quanto il rapporto fede-ragione, se si accetta la fede, non è di parallelismo (orizzontale - alla pari), ma di subordinazione (verticale – Fede -->Ragione): la ragione, che non riesce a comprendere in modo adeguato la realtà, deve trovare nella fede l’ausilio che le permette il superamento del livello naturale.”Dizionario di filosofia Treccani.

Tale problematica  a suo modo è stata affrontata da altri studiosi che trovarono nell’aristotelismo padovano una risposta definitiva a suo tempo. “Ben diverso è il contesto in cui il tema della doppia verità, e quindi la presenza dei due livelli (verità di ragione e verità della fede), viene a porsi nell’ambito del più maturo Rinascimento e in particolare all’interno dell’aristotelismo padovano.
 
Il fine è ora quello di poter spingere l’analisi razionale («ex puris naturalibus» - oggi diremmo evidenza scientifica), condotta con gli strumenti della metafisica e della logica aristotelica e averroista, fino ai suoi esiti più radicali (unità dell’intelletto, eternità del mondo, necessità assoluta dell’ordine universale che comporta la negazione di ogni effettiva contingenza, ecc.), evitando la diretta frizione con la teologia (anch’essa costruita su moduli aristotelici, ma con l’ausilio delle verità di fede).” Dizionario di filosofia Treccani. Come si evince, l’aristotelismo padovano risolve i conflitti con un atto di fede che porta alla negazione dell’evidenza della contingenza, perché questa altererebbe altrimenti la verità di fede, a cui si deve credere senza alcun dubbio. Di questo humus, Galileo si nutrì ma questo stesso humus non fu capace di difenderlo, dinanzi al Sommo Pontefice, voce in Terra di Dio.
 
Non voglio credere che il dr. Ciaccio si rivolga alla fede per sanare questa sua doppia verità. Poi fede in cosa o in chi? All’Aristotelismo padovano? Non conosco personalmente il dr Ciaccio ma mi pare assurdo.
 
Poiché io sono abituata nella mia professione alla sola verità dell’evidenza scientifica, come i miei maestri mi hanno insegnato, so che non è l’evidenza dei fatti a doversi adattare alle teorie che cerchiamo di provare con le nostre ricerche, bensì sono le evidenze che vanno comprese e questa comprensione ci porta alla verità.
 
Giammai uno scienziato deve sottacere verità palesi, emerse dalle ricerche, per accreditare la propria teoria perché questo mistificherebbe la realtà dei fatti e quindi la bontà e autenticità delle sue verità scientifiche.
 
Giammai uno scienziato deve innamorarsi di una fede perché compirebbe errori a volte eclatanti e deleteri per la salute degli uomini.
 
Se tutte queste affermazioni sono condivisibili e condivise da secoli ormai, mi viene un atroce dubbio e chiedo al dott. Ciaccio se può dirimerlo: egli ancora una volta nel suo comunicato, propone in qualità di presidente Sibioc, come unica soluzione dell’inappropriatezza, la formazione frontale o a distanza dei medici. Questo approccio dopo 20 anni ha lasciato inalterato il tasso di inappropriatezza prescrittiva, come ci ha ben evidenziato il nostro eminente collega Piero Cappelletti nei sui recenti articoli. Con quale speranza di risoluzione del problema inappropriatezza, tanto grave da pregiudicare la sostenibilità del SSN, egli fa questa proposta? Quanti anni ancora bisogna aspettare affinché questa modalità di trasmissione della conoscenza abbia un qualche effetto? Riuscirà il SSN a sopravvivere a questa attesa?
 
Chiedo inoltre perché un congresso scientifico di grande valore come quello Sibioc che ogni anno ci porta il meglio delle ricerche mondiali, sottace un progetto di ricerca unico al mondo, nato in Veneto, Italia, quale Ermete?
Perché  in una relazione dedicata alla soluzione dell’inappropriatezza nel congresso Sibioc dell’anno scorso, il relatore, componente del board di Ermete, elenca le più sparute e antiche soluzioni internazionali e tace quella più innovativa in corso di sperimentazione, a cui ha partecipato attivamente?
 
Chiedo al dr. Ciaccio: perché il moderatore di quella sessione, eminente personalità veneta, italiana ed internazionale, non ha ripreso questo relatore smemorato  e non gli ha ricordato di Ermete, progetto che egli stesso ha sottoscritto due volte, a cui ha partecipato, le cui regole e metodiche ha condiviso in pieno ed in calce porta anche la sua firma autografa?
 
Forse ci sono stati problemi di primogenitura? Non voglio nemmeno pensarlo
 
Ricordo a me stessa che tacere per nascondere una verità, che ci fa male o che lede il nostro amor proprio, non fa mai bene.
 
Come uomini,  non ci risolve i problemi, perché li dilaziona soltanto. Prima o poi essi tornano fuori più grossi di prima, manifestandosi sotto forme molto camuffate di malessere, che ci costringono a seguire strade molto tortuose e dolorose per risolverle.
 
Come scienziati, tacere le verità lede l’autorevolezza scientifica delle nostre ricerche attuali e mette indubbio l’autenticità di quelle passate. Macchia, poi,  in modo irreversibile il rigore scientifico dei congressi a cui partecipiamo.
 
Come si fa a credere ad un uomo che ha detto una bugia o tace una verità? Si perde la fiducia in lui definitivamente. Non fa onore a chi compie l’atto e non fa soprattutto il bene della professione, perché mina la credibilità di tutti. Sono questi i mali maggiori di cui soffre la medicina italiana, gentile direttore.
 
Troppi personalismi, troppe carriere costruite sulle cordate, troppi culti della personalità hanno provocato guerre intestine inutili e umilianti per le persone, che le portano avanti. Dannose per la professione. Hanno rallentato l’ammodernamento dei nostri servizi anche nella loro concezione primitiva e nei fatti stanno decretando la morte del SSN. Hanno rallentato la produzione di leggi più aderenti ai bisogni dei cittadini, per tutelare l’interesse specifico di pochi.
Hanno provocato la fuga dei cervelli migliori oppure la perdita di interesse in molti validi che restano e non vogliono aderire al sistema, perché più attenti alla tutela della loro dignità personale che alla carriera.
 
Il merito viene nascosto perché può far ombra alla personalità da tutelare, se essa non si può appropriare dei traguardi raggiunti, senza avervi partecipato.
A lungo andare però, nascondere la verità fa male solo a chi sottace. Spero con tutto il cuore che non sia questo il caso.
 
Voglio credere invece che ora il dr Ciaccio e la Sibioc, che presiede, abbiano cambiato atteggiamento nei confronti della lotta all’inappropriatezza. Abbiano capito che solo uno strumento informatico, moderno e aggiornato in tempo reale, possa  supportare il medico nella sua quotidianità professionale.
 
Insieme a noi di Ermete, alla Sipmel, alla Fismelab, all’Amcli e alla Fism, ad Ivan Cavicchi, al presidente Fnomceo Chervesani, convinti sostenitori da subito del nostro progetto,  possano affrontare in maniera sistematica quello che ora paventano come pericolo. Si facciano tutori del progetto, insieme a tutti noi.
Facciano pressione con noi affinché la Regione Veneto risolva tutti i problemi tecnico-burocratici che stanno ritardando la partenza della sperimentazione di Ermete.
 
Chiediamo insieme al presidente Zaia, all’assessore Coletto, al segretario generale dell’assessorato dr Mantoan, al direttore del servizio di informatizzazione della Regione dr Gubian fino al direttore tecnico di Arsenàl e responsabile tecnico di Ermete, dr Saccavini quando partirà questa sperimentazione che serve in primis al Veneto e poi a tutta la nazione.
Chiedano a gran voce di sapere i tempi.
 
Spero abbiano compreso che il loro silenzio su Ermete sia deleterio solo per la loro reputazione tecnico-scientifica, perché se non sono d’accordo non avrebbero dovuto accettare di partecipare al progetto, non avrebbero dovuto sottoscriverlo,  non avrebbero dovuto tacere al congresso. Se credono che Ermete non sia una soluzione per stroncarlo definitivamente avrebbero dovuto bocciarlo, con una critica feroce e fondata.
 
Se invece pensavano che Ermete poteva essere una via valida, avrebbero dovuto fare anche loro da pater familias perché lo scienziato illuminato non invidia ma accompagna l’intuizione dell’allievo, ne riconosce il merito e la capacità e si mette al suo fianco, perché, se splende la luce dell’allievo, splende molto anche per merito degli insegnamenti del maestro.
 
E spero, infine, che  il nuovo anno ci veda tutti finalmente uniti a spingere la nostra professione verso i livelli di qualità e professionalità che merita in quanto pilastro essenziale della medicina moderna efficiente ed efficace.
 
Vincenza Truppo
Ricercatrice Progetto Ermete Regione Veneto

05 dicembre 2016
© Riproduzione riservata

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