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Veneto. Ulss 6 Euganea: dopo gli infermieri scioperano anche i medici contro precarietà, ambienti malsani e livelli di stress sul lavoro

Tra le problematiche che portano allo Stato di agitazione: carenza di relazioni sindacali; mancata definizione dei fondi contrattuali; mancata omogeneizzazione delle indennità per particolari condizioni di lavoro nelle unità operative delle tre ex Aziende Ulss; mancata definizione di regolamenti per dare omogeneità di trattamento e comportamento a tutti i lavoratori dell'Azienda; mancata analisi dei fabbisogni professionali e dei modelli organizzativi.

di Endrius Salvalaggio
21 APR - Tra medici che si licenziano, tagli del personale, riduzione degli investimenti ed ospedali che dovranno essere chiusi (all’incirca una decina), anche se si nega l'evidenza, in queste settimane ci si mettono a complicare le cose oltre 7000 dipendenti della Ulss provinciale di Padova che hanno fissato un incontro con l’amministrazione Euganea e con la Prefettura di Padova con il vice prefetto Luigi Vitteti e ciò per scongiurare uno sciopero generale tra le organizzazioni sindacali, oramai inevitabile.
 
E non sarà sfuggito nemmeno lo sciopero degli infermieri della scorsa settimana! Non c’è nemmeno il tempo di gioire per l’annuncio del nuovo ospedale - dopo l’accordo stipulato tra Regione Veneto ed il Comune di Padova - che sulla sanità veneta si riaddensano nuove nubi. Nelle scorse settimane, le sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil hanno voluto dare all’azienda ospedaliera padovana Ulss 6 Euganea qualche giorno per iniziare una seria e concreta trattativa, programmata ormai da tempo. 7000 dipendenti, questo è il bacino dei lavoratori dell’Euganea 6, lamentano ambienti malsani, precarietà dei medici, esposizioni a rischi accidentali e altissimi livelli di stress.
 
Andando nello specifico, in alcuni reparti della Ulss padovana si contano carenze di medici nell’ordine di tre e, a volte, di quattro dottori in meno rispetto alla media. Questo significa che per svolgere il servizio ospedaliero e rispettare gli standard di assistenza, il personale medico deve, obtorto collo, ricorrere allo straordinario e quindi innalzare notevolmente il livello dello stress per mancato giorno di riposo. Lo stesso vale per il personale amministrativo che è alle strette con turni di lavoro in aumento e carenza di personale perché quello cessato non è mai stato rimpiazzato.
 
Tra le critiche si sente parlare anche di ambienti poco salubri, vecchi ed ammuffiti, con spogliatoi fuori norma e con spazi ristretti. Nelle corsie e nei reparti mancano letti ad hoc, le barelle automatizzate – ci sono talvolta ancora le barelle a manovella – per cui bisogna spingere un malato da un piano all’altro con personale ridotto all’osso. Ma se anche il personale infermieristico e quello socio sanitario hanno scioperato 48 ore, significa che il malumore gravita anche su di loro. In questi due giorni di astensione al lavoro, i disagi sono stati più d’uno.
 
Gli aderenti sono stati oltre la metà degli iscritti; ebbene in alcuni ospedali del padovano il servizio riabilitativo ed anche alcune sale operatorie hanno presentato grossi disagi, inoltre il funzionamento dei normali servizi sono stati ridotti di oltre il 50%. Non è finita qui! Lo stato di agitazione continua perché, oltre a questo, v’è da dire che il personale infermieristico e socio sanitario è costituito prevalentemente da donne e, purtroppo, il loro lavoro oltreché difficile è anche pericoloso; lo dicono i dati delle ultime indagini svoltasi a livello nazionale e, le notizie sui giornali, che negli ultimi si sono verificati episodi di aggressioni, intimidazioni o minacce agli infermieri anche del Veneto. Allora, cosa lamentano gli infermieri veneti?
 
In sintesi le problematiche che portano alla proclamazione dello Stato di Agitazione sono riconducibili a: carenza di relazioni sindacali; mancata definizione dei fondi contrattuali; mancata omogeneizzazione delle indennità per particolari condizioni di lavoro nelle unità operative delle tre ex Aziende Ulss; mancata definizione di regolamenti per dare omogeneità di trattamento e comportamento a tutti i lavoratori dell'Azienda; mancata analisi dei fabbisogni professionali e dei modelli organizzativi nella prospettiva di un'integrazione delle tre ex aziende sanitarie (AssoCareNews.it).
 
È questa l’attuale cornice della sanità veneta. Il malcontento dei dottori e degli infermieri si protrae oramai da diversi mesi, obbligati a tour de force lavorativi che mettono a rischio la bontà stessa delle cure. La sanità dovrebbe essere fatta non solo di numeri, ma anche di persone: cominciando a dar voce ai medici, agli infermieri e comunque agli operatori di reparti e corsie che conoscono le problematiche e le criticità del lavoro. Invece si è preferito zittirli vietando loro, anche qualche semplice intervista.  
 
Endrius Salvalaggio

21 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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