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Dimissioni ospedaliere. Nell’Ulss 2 della Marca Trevigiana parte un progetto per anziani e disabili

Il distretto di Pieve di Soligo riserverà 20 posti letto presso le strutture accreditate per non-autosufficienti del territorio per accogliere anziani o disabili dimessi dall’ospedale e stabilizzati dal punto di vista clinico, ma che necessitano di assistenza continua e non sono ancora in grado di rientrare in famiglia. Ogni paziente potrà restare fino a 20 giorni, prorogabili a 30. I costi sanitari di 45 euro giornaliere saranno a carico dell’Ulss 2, quelli alberghieri (sempre 45 euro al giorno) a carico del paziente.

di Endrius Salvalaggio
29 AGO - Partirà tra pochi giorni (1° settembre) il nuovo servizio sul percorso di continuità assistenziale tra ospedale e territorio. Nell’Ulss 2 della Marca Trevigiana, il distretto di Pieve di Soligo riserverà 20 posti letto nelle case di riposo del territorio per accogliere anziani o disabili dimessi dall’ospedale e stabilizzati dal punto di vista clinico, ma che necessitano di assistenza continua e non sono ancora in grado di rientrare in famiglia. Saranno messi a disposizione presso delle strutture accreditate per l’assistenza delle persone non-autosufficienti, per 20 giorni, prorogabili fino a 30, in attesa di valutare la possibilità o di un rientro graduale in famiglia, sostenuto dai servizi di assistenza domiciliare, oppure l’inserimento stabile in una casa di riposo, un eventuale ulteriore ricovero ospedaliero o in una struttura sanitaria intermedia (ospedale di comunità).

“Saranno ospitalità temporanee e di emergenza, in ambienti attrezzati e protetti – sottolinea l’assessore al sociale Manuela Lanzarin – per assicurare assistenza appropriata e continuativa nella fase post-ospedaliera, quando le famiglie sono in difficoltà nell’organizzare il rientro e gestire cure adeguate al proprio congiunto non più autosufficiente. Il nuovo modulo sperimentale che sarà attivato dal distretto di Pieve di Soligo (che ha già al proprio attivo percorsi di continuità assistenziale) consentirà di valutare una nuova soluzione “ponte” tra ospedale e territorio: non è una alternativa agli ospedali di comunità, perché si rivolge a persone che hanno già superato la fase delle cure ospedaliere e sono stabilizzati dal punto di vista clinico, ma di un ricovero di “sollievo” temporaneo, che consentirà alla rete dei servizi di valutare meglio le necessità assistenziali della persona, i bisogni della famiglia e di impostare il percorso assistenziale più opportuno”.

Il servizio presso le strutture accreditate prevede la compartecipazione dell’assistito e/o della famiglia. La quota sanitaria del ricovero sarà di 45 euro giornaliere a carico dell’Ulss 2, mentre la quota alberghiera, massimo 45 euro giornaliere, a carico dell’assistito. Se l’ospitalità dovesse protrarsi oltre il trentesimo giorno, il costo sarà interamente a carico dell’assistito.

“La sperimentazione regionale durerà un anno – informa l’assessore – e sarà seguita da un apposito tavolo di monitoraggio. Gli inserimenti saranno gestiti dalla centrale operativa territoriale, oppure potranno essere richiesti dall’assistente sociale del Comune. Il distretto sociosanitario valuterà le condizioni della persona, l’urgenza della dimissione ospedaliera, le condizioni della famiglia o del domicilio nella fase di convalescenza, nonché si accerterà del piano di assistenza individualizzato offerto dalla casa di riposo individuata per l’ospitalità di emergenza. L’obiettivo è non lasciare i pazienti più fragili senza la necessaria assistenza, soprattutto nella fase delicata delle dimissioni ospedaliere, quando bisogna organizzare, anche con opportune attrezzature, presidi e prestazioni assistenziali, attenzioni e cure indispensabili per una persona che almeno momentaneamente non è più autosufficiente”.

Critica sul punto è il consigliere veneto Bartelle Patrizia del Movimento 5 stelle; la stessa contesta l’ammontare della retta, molto impegnativa sia per la famiglia che per l’assistito inoltre, al fatto che i veri beneficiari, sempre per il consigliere Bartelle, sono le strutture private, vere destinatarie del compenso. “C'è da augurarsi di avere una patologia acuta essere operati e poi dimessi potendo tornare a casa, e magari spendere i 100 euro in un Hotel confortevole per una salutare convalescenza. Non poteva mancare poi, per essere sollevati fino in fondo, l'apertura alle strutture private: un modo elegante per girare soldi agli imprenditori che investono nel settore sanitario sfruttando i buchi del settore pubblico. Del resto la maggioranza delle Ipab pubbliche hanno altro a cui pensare in questo momento: devono chiudere bilanci sempre più striminziti e devono difendersi dalle riforme dell'assessore Lanzarin. Tutti casi per i quali i veneti non resta che applicare nei fatti un vecchio slogan della Lega: paga e tasi”.

Endrius Salvalaggio

29 agosto 2018
© Riproduzione riservata

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