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Carenza infermieri. Contro (Opi Veneto): “In Veneto mancano 3.885 unità”

In Veneto il rapporto infermieri/abitanti si aggira intorno a 6,4/1000 abitanti. Il presidente degli Ordini provinciali evidenzia come un rapporto non equilibrato aumenti il rischio di morte del paziente. “Se poi pensiamo ad altri indici di qualità assistenziale, come le cadute, la qualità della documentazione sanitaria e le lesioni da decubito, possiamo ben capire le ricadute di questa carenza”. E per Contro neanche un aumento del ricordo al privato potrebbe essere sufficiente ad affrontare l’aumento dei bisogni in futuro

di Endrius Salvalaggio
09 NOV - Il 30 ottobre scorso si era parlato con il Presidente del Coordinamento Regionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche del Veneto nonché presidente dell’Opi di Rovigo, Marco Contro, sul numero chiuso delle università, riorganizzazione del modello esistente, carenza di personale e altro ancora. Continuiamo con lo stesso, a completamento del nostro ragionamento, sull’effettivo numero di infermieri per abitante, che ci vede al di sotto della media europea e su come potrebbe essere il servizio sanitario tra qualche anno in vista di questi squilibri. Lo stesso Presidente non è per nulla ottimista.

In Italia il rapporto infermieri/abitanti è di 6.5 ogni 1000 abitanti, mentre la media UE è di 8.4, con 17.7 della Norvegia. Presidente Contro, come commenta questi dati?
I numeri parlano chiaro ed evidenziano una carenza del numero di infermieri, fenomeno divenuto specifico nel nostro paese. Se poi aggiungiamo il blocco del turn over e l’aumento dell’età media degli infermieri (una media di 47 anni), ci rendiamo conto che la quadratura del cerchio diviene sempre più una fatica di Sisifo.

A fronte di ciò, l’aumento della spettanza di vita con l’incremento della cronicità e della coesistenza di più patologie, hanno mutato il quadro dei bisogni assistenziali ed impongono al sistema sanitario di trovare una soluzione strutturale alla carenza di infermieri, che è divenuta urgentissima ed improcrastinabile.

È stato evidenziato che dove il rapporto infermiere/paziente è di 1/6 il rischio di decesso è del 30% inferiore rispetto a realtà in cui il rapporto è di 1/8 e che ad ogni paziente assistito in più corrisponde un aumento del 7% del rischio di morte. Se poi pensiamo ad altri indici di qualità assistenziale, come le cadute, la qualità della documentazione sanitaria e le lesioni da decubito insorte durante la degenza, possiamo ben capire le ricadute generali di questa carenza. In una parola, risparmiare sul numero di infermieri risulta effimero sul breve periodo, ma genera un sensibile aumento dei costi e una inadeguatezza dell’assistenza a lungo termine, per tacere sull’effettività del diritto alla salute, positivamente sancito dall’art. 32 della nostra Carta Fondamentale.

All’aumento dei carichi di lavoro, diminuisce la sorveglianza e l’attenzione, con aumento degli eventi avversi, aumenta anche l’esaurimento emotivo e fisico degli infermieri, che non riescono ad assolvere al proprio mandato, da cui scaturiscono i ben noti fenomeni di malessere. In Veneto il rapporto infermieri/abitanti si aggira intorno a 6,4/1000 abitanti.

Sempre in Veneto il rapporto medico/ infermieri è di 1 a 3. La Regione ha dichiarato più volte che la carenza di medici è di 1295 unità perciò, la carenza di infermieri in Veneto è di 3885 unità.

Si calcola che la carenza di infermieri, già importante soprattutto al Nord, aumenti ogni anno a causa dello squilibrio tra i pensionamenti (17 mila all'anno) e le nuove assunzioni (8 mila all'anno). Cosa succederà?
Purtroppo, la situazione attuale è il frutto di molte scelte effettuate in passato, che si sono rivelate fallaci e dannose per il nostro sistema sanitario. Appare superfluo che, se il nostro sistema non sarà in grado di ripensare con lungimiranza se stesso, andrà incontro ad una fatale implosione e non sarà più in grado di assolvere alla sua funzione principale di erogare cure ed assistenza al cittadino, con grave vulnus al diritto primario della salute della collettività.

Posso solo immaginare che, seguendo questo trend si verificherà un aumento progressivo della spesa dei privati nel tentativo di porre un argine a questa deriva. Tuttavia, temo, nella viva speranza di sbagliarmi, che questo non sarà sufficiente ad affrontare l’aumento dei bisogni, per cui, nel lungo periodo, potremmo assistere ad alternative di sistema sanitario sul modello di quello statunitense.

Se l’età dell’invecchiamento in Italia sale sempre di più, salgono anche le malattie croniche. Come sarà secondo Lei lo scenario tra una ventina d’anni se ci sarà lo stesso personale sanitario a disposizione?
Abbastanza fosco, direi. Personale sanitario sempre più esiguo, a fronte di carichi di lavoro in vertiginoso aumento, per una professione che dovrebbe essere finalmente riconosciuta come usurante. Per l’assistenza sarà una debacle. Crolleranno tutti i modelli assistenziali più avanzati, per asfittica carenza di risorse. Per non parlare dell’esaurimento psicofisico dell’acciaccato e diversamente giovane personale ancora in servizio.

L’unico modello assistenziale possibile sarà quello tayloristico per prestazione, dove poco o nullo spazio sarà disponibile per il governo del processo assistenziale, con aumento degli eventi avversi e dei contenziosi, decadimento irreversibile quali-quantitativo dell’assistenza e dell’erogazione delle cure, con incremento delle assenze per malattia del personale e dei costi del sistema sanitario.

Quando parliamo di FNOPI parliamo di una moltitudine di 440.000 infermieri, che lavora giorno e notte sabato e domenica compresi. Quali sono i vostri progetti?
Per quanto concerne il programma nei confronti della professione e di tutti gli infermieri, come rappresentanti istituzionali della professione, partiamo dalla consapevolezza che, costituendo il 40% della forza lavoro, siamo la chiave di volta del sistema sanitario, 440 mila professionisti preparati e competenti a soddisfare i bisogni assistenziali dei cittadini. In questi ultimi anni la nostra professione ha compiuto un deciso balzo in avanti, grazie agli sforzi degli ordini professionali, ma resta ancora molta strada da percorrere.

Come manifestato al I° Congresso Nazionale della FNOPI quest’anno, continueremo a dialogare con le Istituzioni affinché siano riconosciute le competenze specialistiche ed avanzate degli infermieri. Sono molti i colleghi che hanno seguito percorsi formativi post laurea, conseguendo una competenza specifica. Un esempio tra molti è rappresentato dagli infermieri provvisti di master nell’assistenza cura e gestione delle stomie, che, a fronte del quid pluris infungibile apportato alle aziende sanitarie, non hanno mai ricevuto il giusto riconoscimento. Pensiamo anche a tutti gli infermieri che ricoprono ruoli di dirigente, che, secondo il dettato del Legislatore, sono provvisti di autonomia professionale ed organizzativa, mentre, nella realtà dei fatti, in molti casi, come in Veneto, questo assunto non è stato recepito dalle Istituzioni. Il momento attuale si presenta denso di opportunità anche sul versante delle posizioni contendibili, che cercheremo di sfruttare al meglio affinché i colleghi in possesso di competenze manageriali siano finalmente valorizzate.

Consideriamo tutti gli infermieri che, in condizioni durissime giorno dopo giorno, 365 giorni l’anno, esercitano la professione nella sanità e nelle strutture residenziali, pubbliche e private, spesso in condizioni che, definire carenti dal punto di vista della sicurezza, costituisce solo un pallido eufemismo. Poniamo anche in primo piano il concetto della professionalità, del ruolo e dell’identità degli infermieri, che non possono essere considerati semplicemente come una moltitudine indifferenziata cui attingere per colmare qualsiasi carenza o lacuna organizzativa del sistema. Nella consapevolezza delle potenzialità e dei pericoli insiti nei social, come custodi della deontologia professionale, abbiamo emanato un atto teso a contrastare l’uso distorto, illecito e lesivo di questi mezzi da parte dei colleghi, cui stiamo dando ampia diffusione. Questo a tutela della professione e delle persone assistite. Queste sono le principali e durissime battaglie che stiamo combattendo, in sinergia con i cittadini, le cui associazioni sono considerate i nostri principali interessati.

Endrius Salvalaggio

09 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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