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Pensionati in corsia. Pozzi (Fvm): “Ricette improbabili per colpa di una politica incapace”

Per il vicepresidente Fvm Veneto “si poteva incentivare il mantenimento in servizio degli specialisti, ottimizzare l’erogazione di prestazioni specialistiche negli ospedali di rete con specialistici condivisi, sostenendone la motivazione economica e professionale”. Ma ciò che preoccupa di più Pozzi è che la politica “si muove in perfetta autoreferenzialità calando dall’alto delibere che non esprimono consenso e condivisione”

di Endrius Salvalaggio
11 APR - Il vicepresidente Fvm Veneto, Alberto Pozzi, torna sulla decisione della Regione Veneto di ricorrere ai medici pensionati per porre rimedio ai buchi negli organici Ulss. “Politica incapace di effettuare una adeguata programmazione sanitaria. E ora si mettono in campo ricette improbabili, senza un dialogo e un confronto con medici e cittadini. Eppure altre soluzioni erano possibili…”.

Sono trascorsi anni dal blocco delle assunzioni dei medici e dall’inerzia da parte delle varie istituzioni ad affrontare il problema che via via ha sempre più impoverito l’organico nelle varie corsie degli ospedali. A questo grave problema se ne sono aggiunti altri, come: le insufficienti borse di studio degli specializzandi messe a disposizione dal MEF ed il problema “Quota 100”,  solo per citarne alcuni anche tra i più recenti che pesano sulla sanità veneta. Il governatore Zaia ha cercato di porre rimedio con delibera n. 359 del 26 marzo scorso con la quale la Regione, per ovviare appunto alla contingente carenza di medici, autorizza le aziende del Ssr a conferire incarichi di lavoro autonomo a medici in quiescenza.

“Sull’argomento, sono ormai state spese pagine di osservazioni – spiega il vicepresidente Fvm Veneto, Alberto Pozzi – i sindacati hanno già evidenziato come la soluzione organizzativa proposta sia inefficace perché aleatoria nell’incertezza dell’esito reclutativo. Si potrebbe inoltre osservare che la legittimità della scelta non si basa su un dispositivo normativo esplicito, ma sull’interpretazione di norme. Si è già detto che oltre la metà dei giovani laureati non riesce ad accedere alle borse di specializzazione per il loro numero totalmente insufficiente al fabbisogno di medici specializzati del Ssn. Si è già detto che molte nuove leve disertano il servizio sanitario pubblico a favore del privato accreditato o convenzionato perché più remunerativi e, per lo stesso motivo, magari scelgono di lavorare in altri Paesi dell’Europa dove, oltre al miglior trattamento economico, hanno percorsi di carriera più trasparenti. Abbiamo più volte rimarcato come la politica dovrebbe smettere di ingerire nelle procedure concorsuali, soprattutto quelle per le apicalità, e nella governance, abbrutendo i contesti lavorativi e il clima organizzativo”.

Queste le vere criticità, secondo Fvm Veneto, che non consentono di sostituire le generazioni al lavoro, oltre al fatto che potevano essere considerate altre soluzioni per arginare il problema della gobba pensionistica.  

“Richiamare al lavoro i medici pensionati – continua Pozzi - calando de jure un provvedimento che non ha chiaramente delineati gli aspetti attuativi, risuona come una burla. Per esempio si poteva incentivare il mantenimento in servizio degli specialisti, ottimizzare l’erogazione di prestazioni specialistiche negli ospedali di rete con specialistici condivisi, sostenendone la motivazione economica e professionale. Ma ciò che si dovrebbe ritenere più preoccupante è che la politica ormai non dialoghi più con gli attori del sistema, medici e pazienti, per cercare di gestire le criticità. Si muove in perfetta autoreferenzialità calando delibere che non esprimono consenso e condivisione, ma decisioni unidirezionali che non lasciano spazio al confronto. Senza dialogo, e quindi senza possibilità di incidere sulle scelte della Regione, diventa inevitabile pensare che la stagione del Servizio sanitario pubblico regionale stia volgendo al termine”.
 
Endrius Salvalaggio

11 aprile 2019
© Riproduzione riservata

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