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Pfas. Per i medici ambientali in Veneto “una tra le più gravi emergenze per salute e ambiente”. Botta e risposta con la Regione

L’Associazione Italiana Medici per l'Ambiente (Isde) ha convocato una conferenza stampa per presentare alcuni dei dati più allarmanti sulla contaminazione dei Pfas, e contestato la Regione Veneto per la carenza di dati e l’inadeguatezza delle misure di utile dei cittaini. Accuse che la Regione ha smentito senza mezzi termini ricordando, tra le altre cose, che “la Regione Veneto, unica in Italia e in attesa che lo faccia il Governo, ha fissato da ottobre 2017 il limite Zero Pfas nelle acque potabili”.


17 GEN - La contaminazione da Pfas è un problema grave per l’ambiente e per la salute. Ne sono convinti la Regione Veneto e l’Associazione Italiana Medici per l'Ambiente (Isde). Ma sulle misure messe in atto dalla Regione per contrastare il problema è scontro tra Veneto e Isde. A dare inizio al botta e risposta sono state le accuse che l’Isde ha rivolto alla Regione nel corso di una conferenza stampa convocata ieri alla Camera per presentare alcuni dei dati più allarmanti sulla contaminazione dei Pfas.

I medici dell’Isde, riferisce l’Ansa, hanno rilevato che “in Veneto, nelle province di Vicenza, Padova e Verona con la contaminazione da Pfas, acidi usati nei processi industriali e poi sversati per decenni nel suolo e nelle falde acquifere, è in atto una delle emergenze sanitarie ed ambientali più gravi che il nostro Paese abbia mai dovuto affrontare”. Necessari, hanno proseguito, anche “la mappatura completa dei pozzi privati, una Legge Nazionale che obblighi a dosare le Pfas prima che i fanghi di depurazione siano sparsi sui terreni agricoli come fertilizzanti, studi epidemiologici ben fatti a disposizione della comunità scientifica e che il limite di Pfas nell'acqua sia pari a zero”.

L’Isde ha poi rilevato come “per coloro che non autodenunciano il possesso di pozzi privati, la Regione non prevede alcuna sanzione, le analisi vengono eseguite a spese del proprietario e in caso di sforamento dei limiti regionali non vengono chiusi”.

Il presidente di Isde Veneto, Vincenzo Cordiano, ha detto che “le analisi degli alimenti della Regione Veneto sono state pubblicate senza indicare il punto in cui sono stati eseguiti i prelievi, creando confusione”. Per questo, ha aggiunto, “sono necessari studi epidemiologici ben fatti, come ribadito dagli stessi consulenti della procura di Vicenza nel processo in corso alla Miteni di Trissino per il decennale sversamento in falda degli scarti di produzione". Per Cordiano "il piano regionale di controllo sanitario non può essere considerato tale poiché partecipa solo il 60% dei 70.000 invitati ed esclude i soggetti sotto i 10 e sopra i 65 anni, donne in gravidanza e neonati".

In questo modo, ha aggiunto, “si corre il rischio di un enorme spreco di risorse senza che vengano realmente tutelate le fasce più a rischio dei potenziali effetti tossici degli interferenti endocrini”. Per Isde i limiti di 100 ng/l per tutte le Pfas previsti in Europa nell'accordo preliminare sulla direttiva acque “sono altissimi”. Cordiano ha osservato che "basta un solo nanogrammo per litro nell'acqua di Pfoa (acido perfluoroottanoico), una delle molecole più tossiche, per raggiungere nel sangue, nel giro di un paio di anni, concentrazioni potenzialmente tossiche specie per neonati, gravide e anziani”.

La replica della Regione non si è fatta attendere. Ecco, punto per punto, le precisazioni del Veneto sulle rilevazioni Isde.

•    “E’ destituita di ogni fondamento l’accusa di non aver raccolto e messo a disposizione dati scientifici. Solo come esempio, al proposito si ricorda che la Direzione regionale Prevenzione ha già redatto e pubblicato ben 11 (undici) Rapporti Epidemiologici; il Registro Tumori del Veneto ha effettuato e pubblicato un’indagine specifica confrontando i parametri medi regionali con quelli dei comuni in area rossa; i dati scientifici su acqua, animali, ortaggi e persone sono stati raccolti in continuo e condivisi con l’Istituto Superiore di Sanità nell’ambito di un rapporto di collaborazione tuttora in atto, grazie al quale L’ISS ha prodotto il fondamentale studio sull’esposizione alimentare. Il primo studio dell’Istituto Superiore di Sanità sull’inquinamento da Pfas in Veneto è stato presentato, proprio in Regione Veneto, il 20 aprile del 2016, dopo un necessariamente lungo periodo di raccolta ed elaborazione dei dati necessari.”

•    “L’allargamento dello screening sulle persone alla cosiddetta area arancione è in fase di valutazione. Nell’area rossa, le persone già invitate allo screening (che è esclusivamente su base volontaria) sono 72.100; le visite effettuate sono 42.400. La Regione Veneto sta attuando il più grande screening locale mai effettuato in Italia."

•    “La Regione del Veneto è perfettamente a conoscenza del lavoro del Professor Foresta sulla specifica tematica del cancro al testicolo e su altre tematiche, essendo la Regione stessa ad averglielo commissionato. In materia di esiti materni e neonatali, è peraltro della Regione Veneto l’Aggiornamento dello studio specifico a cura del Registro Nascite – Coordinamento Malattie Rare, coordinato dalla professoressa Paola Facchin".

•    “La Regione Veneto, unica in Italia e in attesa che lo faccia il Governo, ha fissato da ottobre 2017 il limite Zero Pfas nelle acque potabili”.

•    “I filtri operativi sugli acquedotti sono di ultimissima generazione e per questo motivo hanno una maggiore durata e sono in grado di intercettare anche i cosiddetti ‘nuovi Pfas’”.

•    “Solo in Veneto sono progettati o già in corso lavori per opere acquedottistiche pari a un valore di 56,8 milioni e solo il Veneto ha chiesto con forza e ottenuto dal Governo la nomina di un commissario straordinario nella persona del Dr. Nicola dell’Acqua. Nessuna inerzia è quindi ascrivibile alla Regione Veneto”.

•    "Stupisce peraltro il fatto che l’Isde faccia oggetto dei suoi allarmi il solo Veneto, stante che, fin dallo studio iniziale del 2013, è emerso che nella questione è coinvolta buona parte del territorio italiano e che analisi scientifiche effettuate hanno portato a svelare che nelle acque del fiume Po (notoriamente non solo veneto) esistono quantità di Pfas di nuova generazione (C6O4) quasi 2.000 (duemila) volte superiori che sotto l’Azienda Miteni. Gli esiti sono stati immediatamente messi a disposizione della magistratura competente e delle Regioni interessate”.

•    “Non corrisponde al vero che la Regione abbia trascurato le “mamme no Pfas”. Loro delegazioni sono state ripetutamente incontrate, ad esempio il 3 aprile 2019 dagli Assessori Bottacin e Lanzarin; in precedenza, incontri erano stati effettuati dall’allora Assessore alla Sanità Luca Coletto e da tecnici della sanità e della prevenzione. L’Assessore Bottacin ha addirittura partecipato attivamente a un Tavolo con le mamme tenutosi al Ministero dell’Ambiente il 6 febbraio 2018. Le interlocuzioni con le mamme no Pfas da parte della Regione sono comunque, e saranno, numerose e improntate alla massima trasparenza".

•    “Quanto sopra costituisce solo una minima parte dell’attività della Regione Veneto, dei suoi Assessorati competenti e dei suoi tecnici, rispetto all’inquinamento da Pfas”.

17 gennaio 2020
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