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Vaccini Covid. Smi Veneto: “Si sta mortificando il ruolo dei medici di medicina generale”

Il sindacato contesta “la continua incertezza nella fornitura di vaccini sia riguardo al tipo, sia al numero di dosi, unitamente alla mancanza di una gestione condivisa delle agende, che consenta di avere contezza su chi è prenotato e chi no”. Alla Regione si chiede “il rispetto degli accordi” e “attenzione verso una categoria che ha sempre dimostrato attaccamento alla popolazione e alle istituzioni”.


25 MAG - “L'organizzazione della campagna vaccinale anti SAR S-CoV 2 nella Regione Veneto va, sempre più, verso l’emarginazione e la mortificazione del ruolo dei medici di medicina generale”. Lo denuncia in una nota Liliana Lora, Segretario Regionale Veneto del Sindacato dei Medici Italiani (Smi).

La prima cosa che non funziona è “la continua incertezza nella fornitura di vaccini sia riguardo al tipo, sia al numero di dosi, unitamente alla mancanza di una gestione condivisa delle agende, che consenta di avere contezza su chi è prenotato e chi no”. Queste criticità, spiega Lora, “costringono il medico di medicina generale a contattare uno per uno i pazienti da vaccinare impegnando ore del proprio tempo medico e del personale di segreteria; energie e risorse che in questo momento sono già messe a dura prova dalla mole dell'attività assistenziale ordinaria che ci vede impegnati anche nei follow-up dei pazienti positivi e nelle emanazioni delle contumace”. Un sistema che, secondo lo Smi, rende, di fatto, “estremamente complessa e problematica” la prosecuzione della campagna vaccinale da parte della medicina generale.

Per lo Smi, è chiaro che “la Regione Veneto pare abbia fatto la precisa scelta di favorire l’accesso ai grandi Hub regionali costringendo la popolazione a rivolgersi al proprio medico di medicina generale in via residuale. In un territorio come quello veneto, in parte rilevante a popolazione dispersa, questo modello non è sufficiente a incontrare i bisogni della popolazione, soprattutto di quella parte di popolazione con caratteristiche di difficoltà negli spostamenti” osserva Lora.

Per il segretario regionale dello Smi “la scelta della Regione Veneto d’indirizzare l’accesso ai grandi HUB se, da un lato, favorisce la rapidità nel raggiungere numeri elevati e in poco tempo da parte di chi ha più accesso alle prenotazioni on line, dall’altro lascia indietro una percentuale significativa di persone in tutte le classi di età. Dal nostro punto di osservazione segnaliamo che tendono a non vaccinarsi le persone in difficoltà per problemi di salute, per condizione sociale o familiare, residenti in territori più dispersi e naturalmente coloro che sono indecisi sulla base delle notizie inerenti le rare reazioni avverse dopo la vaccinazione. Nonostante tutto e con grande sforzo, e con la consueta responsabilità professionale, i medici di famiglia hanno permesso di completare la vaccinazione della popolazione più a rischio, pazienti domiciliari non ambulabili, fragili, pazienti delle classi di età più avanzate che spesso hanno grosse difficoltà a raggiungere gli Hub Vaccinali”.

"La Medicina Generale - incalza Lora - non può essere considerata la riserva del Servizio Pubblico. La Medicina Generale ha dimostrato che, se messa nelle condizioni di lavorare, è pronta, flessibile, capace e altamente gradita dalla popolazione. Non è possibile continuare a coprire ruoli residuali in una fase della campagna vaccinale che impone il pieno coinvolgimento dei soggetti che hanno dimostrato con i fatti la loro prossimità alla popolazione, anche raccogliendo le sollecitazioni delle comunità locali”.

Proprio per favorire l’accesso delle persone più in difficoltà, lo Smi spiace di avere organizzato molti centri vaccinali territoriali “con i Comuni, con le parrocchie, con il sostegno generoso delle associazioni di volontariato e della Protezione Civile, forti di un modello storico che vede nel Veneto una rete di solidarietà diffusa. Tutto questo impegno di cooperazione è stato molto apprezzato dalla popolazione”.

Peraltro, per lo Smi Veneto, “moltiplicare i soggetti vaccinatori al di fuori del rapporto medico - paziente e del rapporto fiduciario rischia di creare caos nella gestione della campagna vaccinale e di far saltare quella medicina di prossimità che ha fatto reggere, sino ad oggi, il modello di sanità del Veneto”.

Lo Smi lancia quindi un appello alla Regione: “Abbiamo bisogno di forniture vaccinali certe per poter programmare le nostre agende. La Regione imponga alle Direzioni Generali il rispetto dell’Accordo sottoscritto; le Aulss siano messe in grado di avere gli stessi strumenti informatici per favorire la costruzione di liste certe delle persone che devono essere vaccinate dal proprio medico di medicina generale. Alla Regione Veneto chiediamo non solo il rispetto degli accordi ma l’attenzione verso una categoria che ha sempre dimostrato attaccamento alla popolazione e alle istituzioni”, conclude Lora.

25 maggio 2021
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