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Proia (Min. Salute): "Serve un nuovo Patto tra medici e professioni della salute"

20 APR - Ecco perché occorre liberare il potenziale operativo delle professioni sanitarie nella forma più estesa possibile sulla base della vigente normativa, in gran parte ancora inattuata. Le prospettive aperte dal tavolo tecnico Salute-Regioni dalla voce di uno dei protagonisti.

E’ in corso un dibattito in corso sullo stato e delle prospettive del Servizio Sanitario Nazionale, tale da far emergere  la necessità che si possa realizzare un nuovo protagonismo attivo dei medici, degli infermieri e di tutto il personale della stessa intensità che si ebbe nel periodo nella quale fu varata la legge di riforma sanitaria: oltre trent'anni fa le lavoratrici ed i lavoratori degli enti mutualistici, degli enti ospedalieri, dei manicomi...lottarono, caso unico nel nostro Paese, per chiudere i loro enti, abbandonando la sicurezza di posti di lavoro e carriere certe per costruire, con molta generosità ed entusiasmo il nuovo futuro delle Unità sanitarie locali.
 
A trent'anni da quella esaltante iniziativa  di movimento siamo di fronte alla necessità di dar vita ad una iniziativa di riposizionamento e di reinsediamento nella quale ritrovare le ragioni e le motivazioni del consolidamento, della difesa, dell'estensione della natura pubblica, universale e solidaristico del nostro SSN, che, nonostante limiti e errori, rimane uno delle più avanzate conquiste di civiltà del nostro Stato e delle nostre Regioni.
C'è quindi la necessità di costruire un nuovo patto tra medici e  professioni della salute e tra questi con i  cittadini e la politica che sia in grado di dar vita ad un nuovo e più consapevole protagonismo che coniughi l'esigenza di difendere la casa comune (il SSN)  con quella di consolidarla ed estenderla, superando le logiche antiche e comode delle vecchie ed ancora attuali trincee e recinti delle proprie, talora presunte ed autoreferenziali, competenze professionali per lanciare il cuore aldilà dell’ostacolo.

Per capire quale può essere lo scenario che sottende la costruzione di questo nuovo Patto vanno analizzati ed  interpretati in forma ragionata ed analitica  i processi  complessi nei quali si è evoluta l'attuale organizzazione del lavoro in sanità.
L’ elemento più dirompente ed innovativo  è dato dal fatto che  le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e la professione di ostetrica negli ultimi vent’anni, in virtù della legislazione e normativa del settore, sono state oggetto e soggetto di una profonda evoluzione ordinamentale e formativa che non ha pari in altri comparti di attività.
Quest’innovazione ha fatto sì che la stragrande maggioranza del personale del comparto sanità sia costituito da laureati delle professioni sanitarie e da laureati specialistici medici  formati nella medesima facoltà universitaria (quella di medicina e chirurgia) tutti professionisti con un proprio specifico autonomo campo intervento, periodicamente soggetto all’evoluzione scientifica, tecnologica e dei modelli organizzativi del lavoro propria del Servizio sanitario nazionale; anche questo non ha pari negli altri comparti, se non, con diversi fattori, in quello della conoscenza (scuola, università e ricerca).
Il consolidarsi di questo fenomeno ed anche, ma questo fattore non è il fattore determinante bensì collaterale, la previsione di un ridimensionamento fisiologico della presenza attiva di laureati abilitati alla professione medica nel S.S.N, che comunque rimane alto rispetto alla media degli altri Stati dell’Unione Europea ( ci sarà un calo del numero dei medici non ci sarà una loro carenza), ha posto al Ministero della Salute ed alle Regioni la necessità di rivisitare le competenze di queste professioni sanitarie per meglio interpretare e liberare il loro potenziale operativo nella forma più estesa possibile sulla base della vigente normativa, che in parte larga è ancora inattuata.

Questa scelta è positivamente rafforzata dalle sperimentazioni positive già in essere, con il verificato gradimento positivo degli operatori, degli amministratori e soprattutto dei cittadini, quali:
1 il modello See and treat adottato dalla Regione Toscana, su proposta della locale Società di medicina d’urgenza, che permette ad infermieri, debitamente formati, a gestire nei DEA i codici bianchi;
2 le ambulanze INDIA, nelle quali personale infermieristico, all’uopo preparato, gestisce operazioni salvavita immediatamente prima dell’accesso all’ospedale, questo modello si sta estendendo in varie regioni;
3 il trattamento perioperatorio svolto dagli infermieri, realizzato in Emilia-Romagna;
4 la diffusione negli ospedali di molte regioni del centro-nord del modello dell’ospedale per intensità di cure che, affidando la gestione del posto letto al personale infermieristico esalta le funzioni precipue proprie della professione medica, liberandola da competenze improprie.
 
Per questi motivi è operante, in virtù di una  proposta avanzata dalla Commissione Salute del Coordinamento delle Regioni,  uno specifico Tavolo tecnico Ministero della Salute e Assessorati regionali alla sanità con il compito di elaborare proposte per l’implementazione delle competenze delle professioni sanitarie e per introdurre per tali professionisti le specializzazioni previste dall’art.6 della legge 43/06.
Questo Tavolo tecnico  presenta una valenza direi quasi epocale in quanto affronta la questione fondamentale di adeguare alla ormai consolidata nuova dimensione ordinamentale e formativa delle professioni sanitarie che una volta e purtroppo talora ancora denominate per esclusione "non mediche" o per approssimazione "paramediche" completando così un percorso legislativo che dal dlgs 502/92, attraverso le leggi 42/99, 251/00 e 43/06 hanno realizzato il loro processo riformatore. Si è  scelto come prima emergenza quella di adeguare le competenze delle professioni infermieristiche alla luce della ricordata evoluzione ordinamentale e formativa a quella scientifica, tecnologica e dei modelli organizzativi sulla base sia delle sperimentazioni regionali già in essere che di quelli consolidati e verificati positivamente da decenni di altri Stati europei ed extraeuropei.

Il crono programma del Tavolo tecnico prevede l’elaborazione prioritariamente di una proposta di Accordo Stato-Regioni che ridisegni il rapporto tra professione medica e professione infermieristica attribuendo ai laureati infermieri e l’effettuazione di competenze e atti, attualmente svolti da laureati in medicina e chirurgia, senza che venga meno, però, la titolarità degli stessi ai medici: questo primo capitolo è stato raggiunto attraverso un intenso lavoro svolto in pochi mesi tra esperti ministeriali e regionali che ha permesso l’elaborazione della prima proposta di merito che è ora all’esame delle rappresentanze professionali e sindacali interessate tutte, nessuna esclusa, medici compresi, anzi ad iniziare da loro.
La proposta di Accordo Stato-Regioni individua atti e competenze che  sono attribuibili agli infermieri per la loro formazione universitaria e per il loro attuale  ordinamento professionale oppure attraverso una formazione complementare da svolgere da parte del SSN (recuperando e rafforzando la funzione didattica e di ricerca delle Aziende Sanitarie)   e che potrebbero sollevare, ma non esonerare,  i medici dalla  effettuazione degli stessi, senza che comunque venga meno la loro titolarità di queste competenze,  permettendo invece alla professione medica di esercitare appieno competenze più complesse o elevate, proprie del suo lungo percorso universitario di laurea e di specializzazione e della sua funzione dirigenziale.

E’, quindi proprio il medico il primo destinatario e beneficiario di questo provvedimento non il presunto danneggiato: il suo “tempo clinico” ed il suo operato professionale verrebbe quindi messo in condizione di meglio essere utilizzato: è bene ricordare e sottolineare che proprio dalle componenti più avanzate della professione medica ( come insegna la vicenda del See and treat, proposta dalla Società scientifica della medicina d’urgenza e della maggioranza degli Ordini provinciali dei medici della Regione Toscana) è nata l’esigenza di ripensare il rapporto tra questa professione e le altre professioni sanitarie in termini di evoluzione delle reciproche competenze.
 
Una nuova e più attuale centralità del ruolo e della funzione del medico con una conseguente valorizzazione ed apprezzamento delle altre professioni sanitarie è l’effetto che potrà essere prodotto dall’attuarsi di questo processo di ridefinizione delle rispettive competenze.
Lo svolgimento di una siffatta ricomposizione delle competenze professionali prevederebbe, naturalmente, l’avvio in tempi rapidi di un processo di coinvolgimento nelle fasi di elaborazione, attuazione, monitoraggio e verifica da parte di tutti i soggetti interessati ad iniziare dalle rappresentanze professionali mediche ed infermieristiche nonché delle parti sociali al fine di costruire il massimo di partecipazione, comprensione e condivisione: per questo Ministero e Regioni hanno messo in atto una consultazione con tutti i soggetti interessati professionali e sindacali che ha pochi precedenti.
Infatti un processo così complesso e complicato che vuole interpretare, dalla parte dell’interesse duplice dei cittadini e degli operatori, l’evoluzione in atto nell’organizzazione del lavoro nel SSN deve essere vissuto dalle lavoratrici e dai lavoratori delle Aziende Sanitarie, dall’infermiere  al medico, come il “loro processo” per produrre nella forma più avanzata, efficace ed efficiente “salute individuale e collettiva” adeguando competenze e ruoli secondo le esigenze comuni di cambiamento e non perché è il frutto di una direttiva, per quanto illuminata possa essere, emanata senza la condivisione, la partecipazione ed il contributo, anche critico se serve, di chi la deve mettere in essere.

Ministero della Salute e Regioni a me sembra, invece, che vogliano dar vita, ad un confronto realmente esteso e partecipato, appena iniziato non solo per verificare e ricercare il consenso a questo progetto di profondo cambiamento ma anche per avere proposte di modifica in termine di ulteriore miglioramento e perfezionamento aprendo a fasi successive di monitoraggio, verifica e, se del caso, aggiustamento in corso d’opera, del processo di ridefinizione delle competenze delle professioni sanitarie, nel senso della loro implementazione, che dovranno vedere sempre protagonisti questi stessi soggetti professionali e sindacali.
E’ bene, a tal fine, far presente che la presentazione della bozza di Accordo Stato – Regioni che implementa le competenze dell’infermiere è solo il primo passo del percorso da intraprendere: successivamente si tratta di progettare e mettere in essere una serie di atti, tra loro integrati e interagenti, che prevedano sia l’introduzione di specifici percorsi formativi mirati post lauream, svolti da parte del S.S.N anche in collaborazione con l’Università, che l’adeguamento ai nuovi compiti dei contenuti didattici delle lauree triennali e di quella specialistica, la definizione dei protocolli condivisi sulle competenze, i conseguenti provvedimenti delle singole Regioni e gli altrettanti adempimenti attuativi da parte delle Aziende e delle altre Istituzioni Sanitarie: è un processo così articolato e profondo che si può realizzare solo con la partecipazione attiva e protagonista delle professioni mediche e sanitarie coinvolte .
Successivamente a questa emergenza si tratterà di  affrontare l’insieme delle altre professioni sanitarie, sulla base delle scelte di priorità che Ministero e Regioni individueranno sia in termini di implementazione di competenze che sulla base di unificazione di alcuni profili professionali per meglio rispondere alle reali esigenze del mercato del lavoro sanitario e della sua formazione universitaria: il tutto costituisce certamente una grande sfida di modernizzazione dell’organizzazione del lavoro e delle relazioni interprofessionali da accettare con convinzione, condivisione e partecipazione.
 
Francesco Saverio Proia
Dirigente del Ministero della Salute


 

20 aprile 2012
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