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Labate: "La nostra sanità pubblica, malata di sprechi e mal governo"

30 MAG - E’ facile ironizzare e perfino contrattaccare il Governo Monti, e con lui il ministro Giarda, a proposito della spending review. Soprattutto da parte di chi, volendo attribuirgli la mera intenzione di una poderosa sforbiciata per produrre in fretta un po’ di miliardi di euro da destinare, a seconda di chi alza di più la voce, o a diminuire le tasse o a pagare i debiti della P.A. verso i fornitori o a rilanciare gli investimenti, sembra però dimenticare il nodo gordiano dell’elevato debito pubblico, nonchè l’impegno d’onore sancito in Costituzione dell’obbligo del pareggio di bilancio.
 
Da un lato c’è la nostalgia verso la logica dei tagli lineari, che come si è visto non ha portato da nessuna parte, dall’altro c’è l’antico desiderio duro a morire, nonostante le evidenze d’oltreoceano, che privatizzare interi settori di beni pubblici a forte valenza collettiva sia la risposta dinamica, efficiente e produttiva per la soddisfazione dei bisogni del cittadino consumatore.

I veri obiettivi della spending review
A mio modo di vedere la spending review non è altro che una lucida e sapiente analisi, volta a realizzare due obiettivi: il primo, quello di rendere effettivo il minor peso della voce “acquisti di beni e servizi”, che per la loro entità e magari nella speranza di un allentamento dei vincoli di bilancio, molte amministrazioni centrali e periferiche non hanno rispettato e non stanno rispettando. Il secondo, quello più ambizioso, cioè di rendere economica la gestione dei servizi pubblici, perseguendo l’efficienza nella produzione e l’economicità degli acquisti.

Eppure quasi tutti dal centro alla periferia invocano efficienza ed economicità quando si parla di servizi pubblici e non sono mancate in tutti questi anni analisi, proposte, esperienze volte appunto ad eliminare sprechi, doppioni, sovrapposizioni, catene di comando deboli e spesso impreparate a gestire processi complessi di riorganizzazione ed efficentizzazione del sistema.

Ma quando la crisi si fa dura e pesante, così come quella che stiamo vivendo, quando le disuguaglianze sono sotto gli occhi di tutti, quando la pressione fiscale pesa in modo non più sopportabile dalla grande maggioranza dei cittadini, l’idea della fuga in avanti con tagli pesanti e soluzioni qui ed ora viene cavalcata come la panacea di tutti i mali, dimenticando come stiamo davvero messi in termini di debito pubblico, di bassa crescita o meglio di recessione, di evasione fiscale ecc. ecc.
 
La verità è che per quanti e giusti correttivi si possano mettere in atto, che lo facciano i tecnici ed un domani i politici, ci aspetta un lungo periodo di duro e responsabile lavoro, in cui calcoli politici, facile cattura del consenso, subalternità ai poteri forti, furbizie contabili, non sono più percorribili, secondo le vecchie logiche usate ed abusate fin qui.

Occorre davvero un rivolgimento culturale profondo, una visione strategica di sistema, che ci indichi la rotta da seguire in un mare ancora molto agitato ed inquinato da una speculazione finanziaria dei mercati, corsara e predona, a cui occorre rispondere con l’argine della squadra, della visione comune a tutto campo, del senso etico dello stato e delle istituzioni, della coesione sociale massima tra cittadini ed istituzioni se non si vuole naufragare e diventare relitti in balia delle onde della legge del più forte.

Rigore, crescita ed equità sono un trinomio da non smarrire mai, sennò il capitombolo è dietro l’angolo
Non può accadere più che sulle politiche della salute si proceda con arnesi spuntati e politiche pubbliche autoreferenziali, che le responsabilità della catena di comando soffrano della teoria del ping pong tra centro e periferia, o che debbano essere piegate al rapporto di fiducia ed obbedienza per compiacere “Principi” politici, dirigenziali, primariali, industriali; che si nasconda una realtà ormai fatta di razionamenti non sempre razionali e spesso distanti da appropriatezza ed evidenze scientifiche, bisogni di conoscenza ed umanizzazione dei rapporti tra chi soffre ed è malato dentro un’ organizzazione che sta mostrando tutta la criticità nei tempi , modi e rapporti di soddisfazione del diritto alla cura.

Si è irriso al fatto che il governo ha nominato dei tecnici a fianco dei tecnici ministri per affrontare con più celerità ed appropriatezza la razionalizzazione della spesa pubblica, e che abbia aperto il sito web perchè i cittadini possano denunciare i mille sprechi e disservizi che ogni giorno incontrano nel rapporto con la P.A. e di cui sono testimoni oculari; perciò si domandano quale sia il rapporto costo beneficio tra tasse pagate, dai cittadini onesti, e servizi fruiti.

Non c’è niente da ridere, perchè mettere mano in tempi brevi alla revisione della spesa pubblica, ha bisogno di team specifici che seguano un obiettivo e lo perseguano fino in fondo, per essere giudicati sul risultato, non solo di breve ma almeno di medio periodo e che la voce dei cittadini, coadiuvi il decisore a disboscare meglio la giungla dei tanti sprechi e delle inefficienze, è un aiuto prezioso che aiuta a dipanare spesso una matassa inestricabile, di cui non si riesce mai a capire di chi è la responsabilità.

Infatti non è un caso che il sito sia stato inondato da migliaia e migliaia di e mail e che le denunce sulla sanità non siano affatto irrilevanti.

La mia esperienza degli sprechi in sanità
Aggiungo anche la mia, anche se dolorosa. Mio marito è morto dopo lunga malattia per un Glioblastoma cerebrale maligno, con comparsa improvvisa e cecità.
Mi sono servita della struttura pubblica, e precisamente dell’IFO di Roma, per tutto, diagnosi, radio-chemioterapia, supporto domiciliare di volontariato. Encomiabile la qualità delle cure, la professionalità degli operatori il supporto del volontariato.
Nell’approssimarsi dell’allettamento completo del paziente, mi viene suggerito di avvalermi dell’ausilio di un particolare letto a manovella e a materasso ad acqua, per evitare piaghe da decubito, da richiedere alla mia ASL di appartenenza Roma C, cosa che faccio mettendomi in coda all’apposito sportello a cui presento tutta la certificazione per la richiesta.
 
Passano 8 mesi finalmente il letto nuovo di zecca dalla fabbrica arriva, leggo la fattura che lo accompagna addebitata alla ASL, costo 1486 euro, peccato che il paziente muore dopo 8 giorni, quindi non ne fruisco e ancora quasi completamente imballato telefono all’Ufficio della ASL perchè lo possano ritirare ed usarlo, per quelli che come me, la mattina della richiesta erano in attesa ed erano in 43. La risposta  semplicemente allucinante: se lo metta in cantina noi non lo ritiriamo.
 
Mi arrabbio, dico che è uno spreco e che forse quelle altre 43 persone ne hanno ancora bisogno, chiedo di parlare con un responsabile del servizio ausili, non c’è, minaccio di fare una dichiarazione ai giornali contro lo spreco in una ASL alle prese con il bilancio, ho la sensazione che mi stiano considerando matta. Chiamo direttamente l’assessore alla Sanità, che per fortuna conosco, gli spiego il tutto, naturalmente comprende che non si può far marcire in una cantina un letto nuovo di zecca e mi assicura che l’ASL lo ritirerà.

L’indomani come d’incanto il letto viene ritirato. Inefficienza, scarsa considerazione del danaro pubblico, irresponsabilità, spreco, chiamiamola come si vuole, ma nel contempo proviamo a moltiplicare i casi e le non risposte che un’organizzazione inefficiente, produce e proviamo a contabilizzare i risparmi che si potrebbero ottenere per reinvestirli in migliore qualità e maggiori risposte ai cittadini che ne hanno bisogno.

Ma risparmiare, spendendo bene, si può
Ancora, andando in giro per l’Italia, partecipando a seminari di approfondimento e convegni di studio sulla sanità, ho potuto constatare che in molte realtà ospedaliere o policlinici universitari, laddove non si è lasciato solo il provveditore a fare acquisti di beni e servizi (affiancandogli il direttore sanitario e con la partecipazione alle scelte degli operatori) si sono potuti attuare risparmi che vanno dagli 800.000 euro l’anno al 1.200.000 euro sulla voce beni e servizi. Certo questo è potuto accadere molto di più in quelle regioni virtuose che hanno provveduto negli ultimi 5 anni a centralizzare gli acquisti e ad adottare forme di e-procurement e piattaforme digitalizzate a livello regionale o in collaborazione con CONSIP e che si sono dotate di staff dirigenziali professionalizzati e autorevoli, in grado di colloquiare tra pari, con la dirigenza clinica, che sovente si impunta su particolari prodotti, protesi, ausili e quant’altro, non sempre guidata dal rapporto costo beneficio, ma da scopi in alcuni casi poco nobili. Del resto ricordiamo tutti gli scandali di protesi, valvole e quant’altro apparse sulle cronache.

Non è un caso che Regioni quali l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia, il Veneto, le Marche e molte altre abbiano conseguito in questi ultimi tre anni risparmi medi su beni e servizi che vanno dal 36% fino al 20% ottimizando organizzazione, razionalizzazione delle risorse umane, costi più generali della P.A.
A questo proposito basta analizzare i rapporti di studio della Consip e dell’Autorita vigilante sulle gare di appalto nella P.A. per comprendere che un percorso attivo è stato iniziato e che occorre portarlo a compimento celermente se si vuole innovare, accelerare, risparmiare e soprattutto affermare con con l’e procurement trasparenza e ottimizzazione del sistema.

Tutto questo è possibile fuori da ogni centralismo o visione di command e control, ma dentro una visione di governance dei processi in cui lo Stato e le Autonomie regionali, comunali ed il sistema di aziende, nel nostro caso sanitarie, ospedaliere, IRCCS, IZS, policlinici universitari ottimizzino e collaborino per il fine comune, che in questo momento è usare bene quello che c’è per evitare tagli ai servizi ed alle prestazioni da garantire ai cittadini.

Attenzione a non deprimere il settore delle tecnologie sanitarie
Il problema è concepire la sinergia dei provvedimenti, che non deprimano il settore, che è invece un grande volano di sviluppo ad alta intensità di capitale umano e a valore aggiunto in ricerca e sviluppo. Nel contempo non procedere con vessazioni sul cittadino con ulteriori copayments, perchè la tenuta sociale del paese è a forte rischio e le risorse umane che lavorano in sanità, già provate da misure di blocco delle assunzioni, degli stipendi, dalle emergenze ecc., debbono poter lavorare nel delicato campo della salute, con quel tanto di serenità possibile, senza abbandonarsi a pratiche di medicina difensiva ed in un contesto organizzativo sempre più efficiente e responsabile che elimini sovraccarichi burocratici e rischi clinici sempre in agguato, sennò il sistema implode.

E’ proprio di questi giorni l’esempio qui a Roma, di una importantissima struttura che ha adottato la refertazione on line, con tanto di firma certificata, che ha consentito vantaggio per il paziente, in tempo e conoscenza immediata dei risultati e risparmio di costi amministrativi per la struttura.

Accogliamo la sfida della revisione della spesa, fuori dalla logica dei tagli lineari in collaborazione con le Regioni, senza commissariamenti dall’alto, ma costruendo collaborazione, buone pratiche, obiettivi di risparmio possibile, perchè il tempo, nel nostro caso, dentro questa crisi, è danaro. Sennò 2 miliardi e mezzo e 5miliardi e 750mila di euro previsti di tagli alla sanità si trasformeranno in meno servizi, rinuncia alle cure, iniquità verso i più deboli. Perchè quando parliamo di investimenti, anche quando pensiamo ai futuri Project Bond nei piani non rientra mai il potenziamento delle reti infrastrutturali di ICT per la sanità o progetti di ammodernamento della rete ospedaliera e delle tecnologie chirurgiche robotizzate, visto che risorse per gli investimenti ex art, 20 non ce ne sono più?

Ecco rigore, equità e crescita devono stare insieme sennò uscire dalla crisi nel medio periodo significherà l’operazione è riuscita ma il paziente è morto.  

Grazia Labate
docente di Economia sanitaria all'Università di York
, Inghilterra

In allegato la cartina dell’Italia con le modalità, Regione per Regione delle centrali d’acquisto di beni e servizi e i dati relativi alla spesa per beni e servizi in Italia dal 2000 al 2010.

 

30 maggio 2012
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