Arrivare a commissariare una Regione con la protezione civile per realizzare opere di edificazione ordinaria significa che il sistema della pubblica amministrazione è davvero ridotto male. Anzi malissimo. Tanto da ammettere che la PA interessata non riesce ad adempiere affatto ai suoi compiti istituzionali, finanche di quelli più elementari dettati, nel caso di specie, dalla disciplina degli appalti.
Con l’OCDPC n. 1133/2025, emessa il 13 marzo scorso, ad esito della dichiarazione di emergenza del Consiglio dei Ministri del precedente 7 marzo, è stato nominato un commissario di protezione civile per realizzare in Calabria nove ospedali, di cui cinque finanziati dall’Inail, quindi tutti con fondi pubblici. Ciò è avvenuto a seguito dei cronici ritardi di edificazione di tre ospedali, previsti nel 2007, di cui uno sino ad oggi solo immaginato (Gioia Tauro), un altro da iniziare (Vibo Valentia), quello della Sibaritide in corso d’opera e quello di Locri fino ad oggi solo desiderato. Per non parlare degli altri cinque ospedali (AO e ASP di Reggio Calabria, AO di Cosenza, AOU di Catanzaro e ASP di Crotone) che, attesa la durata del mandato di soli dodici mesi, per la cui realizzazione occorrerebbero altrettanti miracoli.
Emergenza significa deroga dalle discipline esistenti, specificatamente elencate nell’art. 2 della anzidetta OCDPC, per complessive sei pagine. Un evento che mette davvero in discussione il modo di concepire lo Stato di diritto da parte del Governo. Se da una parte è, infatti, vero che il principio di sussidiarietà verticale consente, in presenza di serie difficoltà dell’ente infra-statale territoriale ad esercitare le proprie funzioni amministrative, che queste vengano avocate dal Governo, nell’esercizio di poteri sostitutivi, dall’altra, sembra quantomeno singolare che si ricorra, in casi circostanziati come quelli previsti, ad esercitare il commissariamento di protezione civile e, quindi, a (ri)commissariare il commissario ad acta nominato dal Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 120, comma 2, della Costituzione. L’avocazione commissariale in capo al Governo può intervenire nei confronti di altro organo territoriale non già verso se stesso, altrimenti sarebbe da ritenere un atto formale che sfiducia il già nominato ad personam. Tale è il commissario ad acta, avente una funzione governativa prevista allo scopo di risolvere una incapacità reiterata degli organi, in questo caso della Regione, di assolvere agli adempimenti istituzionali garanti dei LEP.
Ma prescindendo da una siffatta eccezione che assume carattere assorbente - che rende francamente difficile condividere la volontà governativa di ricorrere alla procedura regolata dal d.lgs. 1/2018 (artt. 25-27) - diventa incomprensibile un siffatto ricorso rispetto all’obbligo per le PA di ossequiare nell’ordinario ai compiti istituzionali. Il contenuto della anzidetta Ocdpc nr. 1133/2025 suscita meraviglia, dal momento che rintraccia la sua motivazione essenziale nella realizzazione di nove ospedali. In quanto tale, più che essere un atto che sviluppa correttamente i principi costituzionali - di cui al combinato disposto degli artt. 118, comma 1, e 120, comma 2 – appare più che altro un decalogo di facilitazione delle procedure per edificare manufatti, due dei quali in corso d’opera da tempo, in disdegno alle regole del vigente Codice degli appalti, riscritto nel 2023 e implementato con un provvedimento legislativo del 31 dicembre scorso. Una defaillance, quella accertata costituente motivazione, che è da addebitare agli organi regionali che si sono susseguiti nel tempo, ma soprattutto agli innumerevoli commissari ad acta che si sono avvicendati, ivi compreso quello attuale.
Assumere un siffatto provvedimento di dichiarazione dello stato di emergenza di protezione civile, il Governo, nella sostanza, processa e condanna il nuovo Codice degli Appalti, ritenendolo uno strumento “perditempo”
La dichiarazione di una emergenza è una cosa seria, sia nel costatarne l’esistenza reale che nell’individuare i rimedi. Non afferisce di solito ai ritardi di realizzazione di opere da parte della PA, se così fosse sarebbe tutto il Paese ad essere commissariato, a cominciare dalla Salerno-Reggio Calabria. La gestione delle emergenze interviene per fronteggiare calamità altrimenti ingestibili ovvero per tutelare la vita delle persone minacciata da eventi straordinari con mezzi e poteri straordinari. Un po’ come avvenuto nel 2007 a fronte di reiterati decessi per malasanità avvenuti in Calabria, dovuti a condizioni di disastro delle sale operatorie e degli impianti ospedalieri. Basti pensare alla morte di Federica Monteleone, sedicenne deceduta in un intervento di appendicectomia per l’assenza di un generatore di corrente elettrica oppure a quella di Fabio Scutellà, vittima di una caduta. morto a 12 anni a causa di un estremo e colpevole ritardo dei soccorsi.
Ettore Jorio