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Covid. Fadoi: “Il 20% dei positivi è ricoverato per altre patologie, ma ospedali hanno difficoltà a isolare gli asintomatici”


Survey della Federazione degli internisti ospedalieri, sulla gestione dei ricoverati “con” Covid negli ospedali. L’isolamento comporta comunque la perdita di altri posti letto, con il 64% degli ospedali che rinvia un numero rilevante di ricoveri programmati, percentuale che sale all’86% per gli interventi chirurgici

21 GEN - “Una persona che si ricovera per una frattura e si scopre positiva al Covid con il tampone di ingresso si sarebbe comunque ricoverata e non può essere dunque conteggiata nel numero dei posti letto occupati da chi con il virus si è ammalato”.  Facile a dirsi meno a farsi, perché la maggioranza degli ospedali, il 57%, ha “grandi difficoltà” ad isolare nei reparti i pazienti positivi asintomatici e il 29% non ci riesce affatto, mettendo così nel 50% dei casi a rischio di contagio chi il Covid non ce l’ha, mentre in un altro 50% se ne pregiudica l’assistenza.
 
E l’isolamento comporta comunque la perdita di altri posti letto che non possono più essere utilizzati perché nella stessa stanza non può convivere chi è positivo con chi non lo è. Per non parlare poi delle liste d’attesa, che vanno via via allungandosi per la necessità di procrastinare ricoveri e interventi. Il 64% degli ospedali è stato infatti costretto a rinviare i ricoveri programmati in “misura rilevante” e il 7% li ha sospesi del tutto, mentre nessuna struttura dichiara di non aver dovuto operare qualche spostamento temporale. Ancora peggio va per i ricoveri elettivi, rinviati in misura rilevante dall’86% dei presidi ospedalieri e sospesi del tutto dal 7%.
 
A smentire il racconto di una quarta ondata non poi così difficile da gestire negli ospedali d’Italia è la survey lanciata da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, i camici bianchi che dall’inizio della pandemia hanno preso in carico oltre il 70% dei ricoverati Covid. Una indagine condotta a inizio settimana e che ha coinvolto 14 Regioni, pari a oltre il 70% della popolazione italiana: Lombardia, Piemonte, Toscana, Calabria, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Abruzzo, Molise e Campania.
 
Problemi organizzativi e assistenziali che stanno mettendo sotto stress la nostra rete ospedaliera, nonostante la survey riveli che il numero dei ricoverati “con” Covid e non “per” Covid, sia in media  pari a circa un 20% del totale dei pazienti positivi, pari a circa 4.000 dei quasi 20mila ricoverati Covid.

Meno del 10% sono i letti riservati ai “Covid non Covid” in Piemonte e Abruzzo, circa il 15% in Lombardia, tra il 10 e il 20% in Veneto, Emilia Romagna e Lazio, mentre oscilla tra il 20 e il 30% la quota in Toscana, Calabria, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Molise. Regioni, queste ultime, che più di altre potranno avvantaggiarsi dal possibile scorporo dei “Covid non Covid” nel calcolo del tasso di occupazione dei posti letto, che determina i cambi di colore verso maggiori restrizioni.
 
L’ondata dei ricoveri che ha questa volta investito più l’area medica che non le terapie intensive ha finito per esercitare una “rilevante pressione” anche sui pronto soccorso nel 71% dei casi, che è stata invece “di modesta entità” nel restante 29%.
Problemi “di difficile gestione” nel 43% dei casi li stanno creando anche le sempre più numerose assenze di personale contagiato, “ancora gestibili” nel restante 57% dei nosocomi.
 
Riguardo l’identikit del ricoverato “per” Covid, nella maggior parte delle strutture (il 57%) non è vaccinato in oltre il 60% dei casi, ha un’età compresa tra i 41 e i 60 anni nel 43% dei casi e tra i 61 e gli 80 nel 36% dei reparti, mentre il quadro clinico si presenta di media gravità nel 79% dei casi e “severo” nel 7%, a dimostrazione che se la virulenza di Omicron è inferiore rispetto alle precedenti varianti, la sua pericolosità è comunque tutt’altro che trascurabile.
 
Manfellotto, Presidente Fadoi: “I ricoverati ‘con’ proviamo a isolarli, ma se in una stanza ci sono più letti finiamo per non poterli più usare”
 
La survey Fadoi conferma che i maggiori problemi questa quarta ondata li sta creando nei reparti di Area Medica, che comprendono quelli di medicina interna, pneumologia, malattie infettive.  Qui siamo oramai a quasi 20mila ricoverati, “con” o “per” Covid che dir si voglia. Un numero non lontano dai 25mila dello tsunami della prima ondata nella primavera 2020. Che poi molti di questi in corsia ci siano finiti per altro dal virus ma non allentino più di tanto la pressione sugli ospedali a spiegarlo è Dario Manfellotto, presidente della Fadoi. “L’impatto dei positivi asintomatici sui reparti è comunque devastante. Dobbiamo controllare periodicamente i ricoverati e chi resta una settimana affronta anche tre tamponi molecolari. Se risulta positivo, anche se del tutto asintomatico, e ha bisogno dell'assistenza ospedaliera perché per esempio ha una colica renale, deve essere isolato. Però bisogna anche valutare se nel suo caso sia vi siano i criteri per la terapia con i monoclonali. Se nell'ospedale c'è un reparto Covid, si trasferisce”. E se il reparto Covid non c'è, “va spostato in un altro ospedale che ne è dotato, se vi è la disponibilità, cosa al momento molto difficile”.

L’altra soluzione è isolarlo nel reparto no Covid dove si trova. “È quello che facciamo - dice Manfellotto -, ma con enormi difficoltà, perché se in una stanza ci sono più letti finiamo per non poterli utilizzare per altri pazienti non infetti.  E poi ci vorrebbe più personale, ma adesso è quasi impossibile trovarne”.

Per Manfellotto “una soluzione potrebbe essere quella di creare nei vari ospedali reparti delle diverse specialità riservati a pazienti positivi anche se asintomatici, come delle “bolle” nelle quali   isolare i pazienti contagiati. Non è troppo tardi per farlo”.
 
Gli infermieri di Medicina Interna ANiMO: “La carenza di personale si riflette su tutti i servizi. Siamo stanchissimi e i pazienti sono diventati aggressivi”
 
 
“Si fatica a capire perché ancora a distanza di due anni manchi un piano d’azione e si ha l’impressione di “navigare a vista”, denuncia a sua volta ANiMO, l’Associazione nazionale degli infermieri di medicina interna.
“La situazione è in bilico tra l’aumento della richiesta di ricovero dei pazienti internistici e la disponibilità dei posti letto ridimensionati per far posto ai reparti Covid.  Molte specialità chirurgiche sono state convertite in reparti Covid seguite da personale non sempre preparato a gestire questi malati con la conseguenza di allungare la degenza media e rallentare il turn over”.
 
“Le difficoltà a garantire l’isolamento dei pazienti asintomatici ma positivi – spiega Gabriella Bordin, presidente dell’Associazione- sono spesso legate a problemi di natura strutturale che non garantiscono percorsi sporco-pulito adeguato, per l’assenza del bagno in camera o per la difficoltà di isolare i pazienti in stanze da 4 posti letto. E qualora ci siano requisiti strutturali per mantenere l’isolamento ai pazienti positivi, i tempi previsti dalle procedure atte al rispetto dell’isolamento-vestizione-svestizione, compromettono la qualità dell’assistenza agli altri pazienti dato che le dotazioni organiche delle medicine sono storicamente inadeguate. In particolare la grave carenza di Infermieri si riflette in tutti i servizi ed è ancor più drammaticamente sentita in questo periodo a causa dei numerosi contagi anche tra il personale infermieristico che deve continuare ad erogare assistenza ai pazienti Covid e non Covid e al contempo deve partecipare alla campagna vaccinale e al tracciamento dei contagi”.
 
“Il personale d'assistenza -prosegue Gabriella Bordin- è stanchissimo, provato da tutte le riorganizzazioni interne ed anche dalle numerose assenze di colleghi positivizzati. Abbiamo difficoltà a coprire i turni con altro personale perché moltissimi infermieri sono impegnati nella campagna vaccinale o sono sospesi perché no vax. Sono state tolte ferie e riposi a personale già stanco e provato e questo può portare alla difficoltà di mantenere la giusta attenzione sulle corrette precauzioni da adottare”.
 
E se gli operatori sanitari sono stressati le difficoltà a garantire adeguati standard di assistenza rende “nervosi” anche i pazienti “Rispetto al passato -conclude la Presidente ANiMO- osserviamo un atteggiamento aggressivo nei confronti dei curanti da parte di pazienti e familiari che colpevolizzano il personale che non soddisferebbe le loro richieste di trattamento
Il tempo degli eroi è già passato. E i problemi negli ospedali rimangono

21 gennaio 2022
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