Era il 1943, siamo in piena seconda guerra mondiale quando a Roma comparve improvvisamente una nuova malattia tanto misteriosa quanto pericolosa e contagiosa. A scoprirle furono l'allora primario del Fatebenefratelli, Giovanni Borromeo, insieme al suo allievo Adriano Ossicini. E furono loro a chiamarla "morbo K".
Si trattava in realtà di una malattia inventata al fine di tenere lontani i nazisti e salvare decine di ebrei romani da persecuzioni e rastrellamenti. Venne chiamata "morbo K" dalle iniziali degli ufficiali nazisti Kesselring e Kappler. I medici del nosocomio romano dedicarono un intero reparto a questa nuova patologia. Qui vennero ricoverati diversi ebrei romani. Tra questi diversi sfuggiti al rastrellamento del ghetto del 16 ottobre 1943. I pazienti venivano tenuti qui in isolamento per alcuni giorni. In realtà per il tempo necessario ad ottenere da una tipografia clandestina falsi documenti di identità. Una volta ottenuti, i pazienti venivano dichiarati morti con i loro veri nomi in modo da favorire la fuga.
A seguito di un controllo da parte dei tedeschi, per salvare i finti degenti del padiglione del "morbo K", Giovanni Borromeo spiegò in tedesco ai soldati la pericolosità e la grande contagiosità del morbo facendoli così desistere dall'ispezione. In quegli anni il Fatebenefratelli sposò la causa antifascista: l'allora responsabile della Comunità religiosa all'Isola, Fra Maurizio Bialek, aveva installato negli scantinati dell'ospedale una ricetrasmittente clandestina per tenere i contatti con i partigiani.
Nel 2004 lo Yad Vashem, l'Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele, riconobbe come giusto Giovanni Borromeo per l'aiuto prestato a cinque membri della famiglia Almajà-Ajò-Tedesco.
Quanto a Ossicini, il suo attivismo in quegli anni gli costò la prigione e le violenze da parte dei nazifascisti. Venne poi liberato grazie ai suoi rapporti con il Vaticano. Morì nel 2019 mentre era ricoverato proprio all’ospedale Fatebenefratelli lasciando questo monito: "Bisogna sempre cercare di essere dalla parte giusta".
Giovanni Rodriquez