La corsa in ospedale alla ricerca di un posto ancora vuoto, un medico intubato per mancanza di ossigeno e con postumi che rimarranno anche successivamente alla guarigione, un mese di terapia intensiva per polmonite bilaterale. Ma anche l’angoscia e la paura che un virus ancora sconosciuto ma di cui si sta parlando insistentemente da settimane possa mietere una vittima in più. E poi, il saluto alla moglie prima di esser portato in ospedale: “Non so se ci rivedremo ancora”. Elementi, questi, quasi ricorrenti nei racconti di chi venne contagiato, in maniera seria e preoccupante, dal Sars-CoV-2 nella prima, terribile ondata della pandemia. Ma questa storia ha un particolare in più: l’esito positivo della battaglia legale contro l’assicuratore che non voleva riconoscere l’infortuno e così evitare di pagare.
La corsa in ospedale, il ricovero e la degenza
Siamo infatti nel febbraio del 2020 quando M.C., medico di Pronto soccorso, mandato al fronte nella zona più “calda” (il bergamasco) senza i dispositivi di protezione necessari a prevenire l’infezione, comincia a sentirsi poco bene e chiede alla moglie di accompagnarlo in ospedale per una lastra. “Da questa – spiega lei a Quotidiano Sanità – non esce un quadro preoccupante, tant’è che torniamo a casa e il giorno successivo mio marito lo trascorre tranquillamente a letto. Ma l’indomani, un lunedì, la situazione peggiora e martedì la sua ossigenazione raggiunge livelli insostenibili”. Comincia allora la ricerca di un posto libero nei reparti Covid di fresca costruzione.
Posto che viene trovato a Sesto San Giovanni. È l’ultimo. M.C. passerà un mese nel reparto di rianimazione di questo ospedale e il successivo nella struttura per cui lavorava. “All’epoca – spiega ancora la moglie, che ha seguito in prima persona sia la sua degenza che l’iter legale che ne è susseguito –, i posti a disposizione per gli infetti erano talmente pochi che gli operatori sanitari erano costretti a scegliere chi curare e chi no. Per fortuna, mio marito, all’epoca sessantottenne, godeva di sana costituzione e non aveva mai avuto patologie particolari. Per questo decisero di curarlo…”. Una volta fuori pericolo, M.C. torna a casa ma non tornerà al massimo della sua condizione: “Mio marito fa ancora fatica a fare le scale, dopo uno sforzo gli viene l’affanno e così via. Gli strascichi, insomma, ci sono ma non è questo l’elemento determinante che ci ha fatto ottenere il risarcimento dalla compagnia assicurativa…”.
La richiesta di apertura del sinistro sulla polizza infortuni
La svolta è arrivata nel momento in cui il medico ha deciso di rivolgersi al Gruppo Consulcesi, di cui era cliente da tempo, ricorrendo ad una consulenza telefonica con un legale di Consulcesi & Partners, il quale gli ha spiegato i motivi che avrebbero potuto sostenere una possibile azione giudiziaria con esito favorevole, malgrado il rigetto opposto dall’assicuratore.
M.C. è stato quindi affidato all’avvocato Francesco Cecconi dello Studio Legale FCA di Firenze. “L’avvocato Cecconi è stato bravissimo – spiega la moglie di M. C. – e, dopo aver avuto alcuni incontri con la controparte, abbiamo negoziato e trovato un punto d’incontro”. La compagnia, infatti, “al fine di evitare un precedente che facesse rumore, ha acconsentito a riconoscerci l’indennizzo”.
Un lieto fine, dunque, considerato anche che “alcuni colleghi di mio marito, tra medici e infermieri, sono deceduti proprio a causa del Covid”. Questo accordo e diverse sentenze hanno aperto una breccia consistente nel muro tecnico-giuridico alzato da chi considera l’infezione da Covid un evento privo delle caratteristiche tipiche dell’infortunio (ovvero derivante da causa esterna, violenta e fortuita) e rappresentano un netto cambio di tendenza della giurisprudenza fin qui riconosciuta.
Infatti, l’ultima sentenza che ha fatto ricadere l’infezione da Covid-19 sotto l’ombrello dell’infortunio è quella del Tribunale di Parma che, il 7 febbraio scorso, ha sostanzialmente confermato l’orientamento dei Tribunali di Torino (n.184/2022), Vercelli (n.383/2022) e Trento (n.102/2022), per cui potrà considerarsi legittima la richiesta di chi, avendo stipulato una personale polizza infortuni, sia stato contagiato riportando conseguenze indennizzabili a termini di contratto.
Arnaldo Iodice