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Legge Sirchia ha esaurito la spinta: occorre cambiare passo. Nasce la ‘Road Map per la Lotta al Fumo’


A maggio 2022 i fumatori maggiorenni in Italia erano il 24,2% della popolazione. Per intenderci quando nel 2005 la Legge entrò in vigore fumava il 25,6% degli italiani. A fronte di questi numeri è necessario approcciare la questione su più livelli. Il primo è quello della prevenzione, soprattutto per i più giovani mentre il secondo livello di intervento è quello che riguarda la cessazione.

30 MAG -

A quasi 20 anni dall’entrata in vigore della ‘Legge Sirchia’, convincere i fumatori che sia necessario smettere di fumare attraverso campagne di comunicazione e iniziative mirate rimane uno dei massimi impegni della sanità pubblica, così come convincere i giovani a non iniziare mai.

La legge Sirchia da un punto di vista culturale ha rappresentato uno spartiacque fondamentale nella lotta al fumo, contribuendo a far calare il numero dei fumatori e tutelando la salute dei non fumatori. Tuttavia, oggi, secondo i dati dell’Iss, il fumo in Italia riguarda ancora oltre 12 milioni di persone. A maggio 2022 i fumatori maggiorenni in Italia erano il 24,2% della popolazione. Per intenderci quando nel 2005 la Legge entrò in vigore fumava il 25,6% degli italiani. Il cosiddetto ‘effetto Sirchia’ sembra aver esaurito la sua spinta.

A fronte di questi numeri è necessario approcciare la questione su più livelli. Il primo è quello della prevenzione, soprattutto per i più giovani. Occorre approfondire le motivazioni e individuare strategie per dissuaderli dall’iniziare, qualsiasi sia il prodotto, a base di tabacco e/o nicotina. In questo contesto le campagne di educazione hanno un ruolo fondamentale, eppure l’ultima campagna del Ministero della Salute risale a 5 anni fa. La scuola deve dare un contributo cruciale ed è per questo che dal 2013 il divieto di fumo nei locali pubblici, previsto dalla legge Sirchia, è stato esteso anche ai cortili e ai giardini degli istituti scolastici. Un veto che riguarda sia le sigarette tradizionali sia quelle elettroniche. Eppure, tra i banchi di scuola, la regola non sempre viene rispettata, e non solo dai giovani.

Il secondo livello di intervento è quello che riguarda la cessazione. Il numero di fumatori è ormai stabile da anni, quindi occorre interrogarsi su come potenziare i Centri Anti Fumo. Infatti, pur rappresentando il maggiore impegno pubblico nella lotta al fumo, secondo una recente ricerca condotta da Eurispes, la quota di pazienti presi in carico rappresenta solo lo 0,16% del totale dei fumatori, ossia circa un paziente ogni 625 fumatori[1].

E proprio con lo scopo di cambiare passo attraverso un’analisi a 360° e l’elaborazione di nuove proposte per ridurre il numero di fumatori e le malattie che li colpiscono che è nata la ‘Road Map per la Lotta al Fumo’, un’iniziativa di Sics con il contributo non condizionante di Philip Morris Italia.

La prima riunione del tavolo di esperti multidisciplinari si è svolta a maggio e si pone l’obiettivo di presentare entro l’estate un documento con alcune nuove proposte per ridurre il numero dei fumatori, i danni che ne derivano e contrastare l’avvicinamento dei più giovani.

Tra i temi discussi anche quello dei nuovi prodotti tecnologici senza combustione, come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato. Su questi prodotti negli ultimi anni si è concentrata la ricerca scientifica per valutare il potenziale di questi prodotti di rappresentare delle alternative per i fumatori e per studiare il loro grado di tossicità rispetto alle sigarette tradizionali e, in prospettiva, il loro potenziale di ridurre il rischio di danno per i fumatori che lasciano le sigarette per passare a questi prodotti.

Ad oggi, benchè nessun ente abbia ancora validato una effettiva riduzione del danno, evidenziando la necessità di condurre ulteriore ricerca in questo campo, numerose autorità sanitarie in tutto il mondo, tra cui la Food and Drug Administration in America, l’Ente per la Salute Pubblica inglese e gli Istituti di Salute Pubblica Olandese e Giapponese hanno mostrato come le nuove tecnologie, seppur non prive di rischi, riducano le sostanze tossiche rispetto alle sigarette tradizionali.

In Italia, questi prodotti sono sempre più diffusi. Tuttavia, da un’indagine del Censis, presentata in anteprima durante la discussione, emerge come vi sia un gap informativo che coinvolge sia i cittadini, sia gli operatori della sanità. Tra le fonti di informazione prevale nettamente il ruolo del passaparola tra gli utilizzatori: quasi la metà (il 49,0%) di chi conosce questi prodotti è stato informato da amici e conoscenti che li usano.

Da qui la necessità di un’informazione più completa a livello istituzionale. Una carenza segnalata dagli stessi medici che denunciano, secondo l’indagine Censis, l’assenza e il richiamo alla necessità di fonti istituzionali su fumo e salute, sui nuovi prodotti, sulle strategie per smettere e sugli approcci terapeutici (sia da parte di istituzioni sanitarie che degli informatori scientifici). Tutti fattori che contribuiscono a rendere complicata la relazione terapeutica con i pazienti per intervenire sull’abitudine al fumo. Infatti, esiste una percentuale non irrilevante di intervistati che affermano di non avere mai parlato della propria abitudine al fumo con il medico (21,1%).

È necessario pertanto unire gli sforzi. Dal punto di vista della prevenzione serve lavorare su campagne più efficaci, e attivare iniziative di formazione e informazione. Per quanto riguarda la cessazione, un approccio basato solo sui divieti non può essere la sola strategia da adottare. In ultimo, occorre continuare ad investire in ricerca scientifica per valutare il contributo che l’innovazione può offrire per raggiungere l’obiettivo di una generazione libera dal fumo.

[1] Risultati del Rapporto Italia 2022 - Eurispes



30 maggio 2023
© Riproduzione riservata

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