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USA. Ora che Obama ha vinto l’Obamacare è salva?


Obama vince, e la riforma sanitaria rimane. Se l’Obamacare ha fatto tanto discutere ed è stata uno dei motivi che ha portato i cittadini al voto, in realtà nel programma del neo-rieletto presidente la sanità è uno dei punti più carenti. Cosa succederà dunque ora? Probabilmente andrà avanti l’applicazione, ma non senza difficoltà.

07 NOV - Tanto si è discusso negli scorsi anni sulla riforma sanitaria del governo Obama, osannata da molti come il primo passo in avanti verso la copertura universale anche per i cittadini statunitensi, ma anche oggetto di aspre critiche sia dai repubblicani che dagli stessi democratici. L’Obamacare – questo il nomignolo coniato proprio dall’oppositore Mitt Romney nel 2007 – è stato uno dei temi che ha portato gli statunitensi a votare: chi per paura che il candidato repubblicano la potesse smantellare lo stesso “day one” dell’eventuale presidenza, come aveva promesso in campagna elettorale; chi per timore che effettivamente questa potesse venire implementata in tutti gli Stati.
Oggi a vincere non è stato dunque solo Barack Obama, ma anche questa legge controversa. Scongiurato lo spettro del suo smantellamento, però, ora i democratici dovranno continuare a lottare sia in Senato che nei territori perché questa venga applicata.
                 
Cosa dice la riforma?
Approvata nel marzo del 2010 si tratta di una delle leggi più vaste mai passate negli Stati Uniti dagli anni '60 ad oggi, quando le precedenti disposizioni sulla sanità statunitense erano state discusse in Senato. Il primo e più conosciuto punto del Patient Protection and Affordable Care Act – questo il nome completo della legge – è sicuramente l’estensione della copertura sanitaria a oltre 30 milioni di americani non assicurati, a partire da gennaio 2014. Ma Obamacare non è solo questo.

Il sistema sanitario statunitense non funziona certo come quelli di modello europeo: la sanità non è pubblica, le assicurazioni sono stipulate direttamente dai cittadini o al massimo dai loro datori di lavoro, tranne che per gli anziani i quali hanno un programma sanitario specifico (Medicare), e le persone a basso reddito, coperte dal programma Medicaid. Prima di Obamacare le compagnie assicurative potevano rifiutare di concedere la copertura sanitaria a cittadini malati, con patologie croniche, cosa che invece oggi la legge vieta.
Per incentivare il meccanismo di assicurazione, poi, Obama ha introdotto incentivi e sgravi fiscali importanti, nonché sussidi per i più poveri alzando a 31 mila dollari di reddito la soglia per accedere a Medicaid, così da permettere a un maggior numero di cittadini di acquistare polizza sanitaria. In questo modo la legge renderebbe accessibile la copertura al 94% de cittadini non anziani.

Ma la riforma prevede anche dei punti controversi. Il primo – che fa tanto arrabbiare i repubblicani – è l’obbligo per i datori di lavoro di imprese con più di 50 dipendenti di contribuire alle spese per le polizze, incluse quelle che comprendono interruzione di gravidanza e contraccezione nella copertura. Una questione che all’inizio di febbraio aveva fatto scoppiare un’enorme polemica che aveva poi portato ad una parziale marcia indietro di Obama, che era stato costretto da pressioni interne ed esterne al partito a esentare da questo obbligo le strutture cattoliche. Il secondo punto che ha fatto tanto discutere è stato quello di introdurre l’obbligo per legge per tutti i cittadini di contrarre un’assicurazione sanitaria entro il 2014, pena delle multe piuttosto salate.
 
Come già detto, l’Obamacare aveva ricevuto critiche anche da ‘sinistra’, espresse anche da Noam Chomsky, filosofo, linguista e attivista statunitense, che all’interno di uno dei suoi libri più recenti “America, no we can’t”  (pubblicato in Italia da Edizioni Alegre) ricorda come “la rabbia popolare contro il progetto di legge sulla sanità di Obama cresce prima di tutto perché questo è troppo limitato”. Critiche espresse in maniera altrettanto incisiva anche da Michael Moore, regista americano che si è spesso scagliato contro il modello capitalistico statunitense, che a pochi mesi dall’approvazione aveva definito la riforma come una legge che “fa due passi avanti e uno indietro”. Specificando poi: “I due passi avanti sono i buoni motivi per cui le compagnie assicuratrici entro sei mesi non potranno negare la copertura ai bambini con malattie croniche. La cosa peggiore della riforma è che il sistema sanitario rimarrà comunque nelle mani delle compagnie private che fanno i soldi mettendosi in mezzo tra la gente e i dottori”.
 
La campagna elettorale 2012: il tema “salute”
Sicuramente il tema della sanità è stato un ampio campo di battaglia tra repubblicani e democratici negli ultimi anni. Non a caso all’approvazione dell’Obamacare è seguito un importante ricorso della corte di Atlanta che aveva dato ragione a 26 Stati che avevano tentato di bloccare il provvedimento. Poi a giugno la Corte Suprema statunitense aveva dichiarato la riforma costituzionale e bloccato ogni ulteriore forma di opposizione – quantomeno sul piano legale – delle disposizioni.
Una “vittoria” che ha sicuramente fatto piacere a quella maggioranza di cittadini statunitensi che non voleva fosse abrogata, che secondo un’indagine rilanciata dal New York Times corrisponde addirittura ai tre quarti della popolazione: secondo i dati sarebbe infatti solo il 25% dei cittadini a non essere d’accordo con la riforma, mentre un altro 25% sosterrebbe che l’unica modifica dovrebbe consistere nell’eliminazione dell’obbligo ai cittadini di procurarsi una polizza (e la conseguente multa).
Tuttavia, si può forse dire che questa vittoria sia l’unico vero elemento della campagna elettorale di Obama che ha riguardato la salute, visto che durante gli scontri televisivi gli unici accenni che il presidente ha fatto alla sanità sono stati quelli in cui enunciava le cose già fatte, ma senza mai fare alcun piano per il futuro. E anche sul sito del programma elettorale, l’unico elemento che sembra ricorrere è l’attacco alla politica sanitaria di Romney.
 
Il futuro di Obamacare: che succederà ora che il presidente è stato rieletto?
Fino a ieri quel che era certo – come da promessa elettorale di Romney – era che se i repubblicani fossero andati alla presidenza, la riforma sanitaria sarebbe stata tra le prime cose cui dire addio. Ma ora che Obama è stato riconfermato, il futuro di Obamacare non è comunque semplice. Se al Senato il presidente rieletto ha infatti la maggioranza, il che permetterà alla riforma di non essere del tutto bloccata, gli oppositori mantengono il controllo della Camera dei Rappresentati, il che potrebbe avere ripercussioni sulla reale implementazione dell’Affordable Care Act, anche perché soprattutto in tempi di crisi come questi, i detrattori potranno fare affidamento sulla retorica dei “necessari tagli alla spesa”.
In poche parole, questo vuol dire che se l’Obamacare come impianto potrebbe non crollare, la presidenza potrebbe essere costretta a ritirare alcuni dei provvedimenti che questa prevede. I benefici di una legge che già per alcuni era parziale, potrebbero dunque essere ulteriormente ridotti. E in più, permangono tutti i ragionevoli dubbi sollevati dalla sinistra statunitense.
 
Laura Berardi

07 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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