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Napoli. Trans rifiuta il ricovero dopo essere stata offesa dagli infermieri


La donna, riferisce l'Associazione transessuale Napoli, era stata portata all’Ospedale Don Bosco per un micro infarto, ma “reiteratamente offesa e denigrata dagli infermieri”, ha firmato per le dimissioni, “non potendo sopportare condotte psicologicamente così aggressive”. Per il direttore sanitario una “versione inverosimile. Penso siano stati i degenti”.

01 AGO - Rinuncia alle cure pur di non essere offesa e dileggiata in ospedale perché trans. La vicenda, accaduta a Napoli, all’Ospedale Don Bosco, è stata denunciata da Atn - Associazione transessuale Napoli che spiega come Nunzia Lo Preato, “a cui è già stato attribuito il genere e il nome femminile anche all’anagrafe”, sia arrivata venerdì al Pronto Soccorso dell'Ospedale Don Bosco “per un micro infarto, per il quale le è stato prescritto il ricovero; Nunzia mentre veniva condotta in reparto, è stata reiteratamente offesa e denigrata dagli infermieri che l'avevano in cura che le si rivolgevano al maschile, manifestando dubbi sulla collocazione nel reparto maschile o femminile. Nunzia pur nelle sue delicate condizioni, ha firmato per le dimissioni, non potendo sopportare condotte psicologicamente così aggressive”, riferisce l’Atn annunciando di riservarsi “ogni possibile azione in sede penale” contro “l’ennesimo caso di discriminazione da parte di dipendenti della PA che dovrebbero tutelare i diritti dei cittadini, soprattutto più deboli per ragioni di salute, e non ingiurarli o dileggiarli”.

In difesa del personale ospedaliero è intervento il direttore sanitario Vito Rago, che in una intervista al Mattino afferma che “sicuramente c’è stato qualche problema, altrimenti non ci sarebbe stato il rifiuto delle cure”, ma per Rago è probabile che a offendere la paziente siano stati “i degenti”. E in questo caso, per il direttore sanitario, si tratta di un “atteggiamento da condannare ma di cui l’ospedale non può farsi carico di responsabilità”. Inoltre, per Rago il racconto dei dubbi sulla collocazione nel reparto maschile o femminile delle paziente “non sembra verosimile dal momento che, per la patologia ischemica, la paziente andava ricoverata in una sala dove non esistono distinzioni di sesso”.

Risposte, quelle di Rago, che non soddisfano l’Atn: “Innanzitutto – osserva sul profilo Facebook dell’associazione la presidente Ileana Capurro - è sempre da stigmatizzare qualsiasi aggressione psichica e/o fisica che un paziente, già in condizioni di forte disagio, possa subire all’interno di una struttura sanitaria pubblica; per cui davvero sorprende il riferimento ad una presunta condotta di altri degenti, in quanto, comunque, anche in tale ipotesi, resta e deve rimanere ferma la responsabilità della struttura sanitaria. Ricade infatti, tra gli obblighi dell’ente ospedaliero nonché del personale medico e paramedico, quello di garantire la totale sicurezza e la dignità dei pazienti ricoverati, anche contro aggressioni di altri”.

L’Associazione riferisce infine che dopo l’episodio del Don Bosco la paziente si è di nuovo sentita male e ieri pomeriggio, priva di conoscenza, è stata trasportata d’urgenza all’Ospedale Loreto Mare. “L’intervento dei sanitari, che hanno escluso problematiche cardiache, ha immediatamente ristabilito i parametri vitali di Nunzia che resta ricoverata per più approfonditi accertamenti medici”, riferisce l’associazione spiegando che la vice presidente dell’Atn, Loredana Rossi, “chiamata dal marito della socia, è prontamente accorsa anche per evitare che potessero ripetersi gli episodi offensivi accaduti venerdì al San Giovanni Bosco. E’ evidente – conclude l’Atn - che Nunzia, firmando venerdì le dimissioni dall’ospedale, ha rischiato la propria vita messa a rischio dalle discriminazioni transfobiche di cui ha denunciato di essere stata vittima al nosocomio di Via Filippo Maria Briganti”.

01 agosto 2016
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