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Pma: continuano i dubbi sulla legge 40 


Il Consiglio nazionale forense ha promosso un convegno per fare il punto sull’interpretazione della legge 40/2004. Il quadro che è emerso, alla luce delle sempre più numerose pronunce dei giudici nazionali ed europei, è di una legge sempre più in discussione. 

01 GIU -  La legge 40 non ha mai convinto fino in fondo. Da sempre è stata soggetta ad interpretazioni, polemiche e dubbi. I suoi principi sono stati più volte messi in discussione sia dal legislatore nazione che sovranazionale, ovvero la giurisprudenza europea.
 
Alla luce di queste considerazioni ieri, il convegno promosso dal Consiglio nazionale forense, “Procreazione assistita e tutela della persona”, ha inteso fare il punto sull’interpretazione della legge che regola la Pma.
Lo scorso aprile la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha dichiarato la contrarietà alla Convenzione dei diritti dell’uomo della norma (il riferimento era la legge austriaca che però è identica a quella italiana) che vieta la possibilità di far ricorso a gameti (ovvero ovuli e spermatozoi) eterologi, quindi da donatori esterni alla coppia, per la fecondazione in vitro.
 
La giurisprudenza europea ha considerato questa norma una violazione degli articoli 8 (divieto di discriminazione) e articolo 14 (diritto al rispetto della propria vita privata) della Convenzione, visto che la donazione eterologa è ammessa per la fecondazione “in vivo”.
Prendendo le mosse da questa pronuncia dieci coppie italiane hanno presentato un ricorso in diversi tribunali italiani (il primo a Bologna), con l’obiettivo di sollevare la questione di incostituzionalità. È l’ennesima spallata alla legge che ha già subito diversi cambiamenti. Nel 2009 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la norma che obbligava a produrre solo tre embrioni e quella che prevedeva il divieto assoluto al congelamento. In precedenza erano stati affermati il diritto-dovere del medico di decidere insieme alla coppia la metodica più appropriata e dunque anche il numero di embrioni da produrre. E infine lo scorso gennaio è arrivata la sentenza del tribunale di Salerno che ha accolto il ricorso contro il divieto alla diagnosi preimpianto presentato da una coppia fertile portatrice di una malattia genetica.
 
“Il Consiglio nazionale forense – ha spiegato il presidente Guido Alpa – nell’ambito dei compiti istituzionali esamina i testi di legge che istituiscono e regolano diritti soggettivi e interessi legittimi per verificarne il grado di affidabilità e di tutela. Così ha organizzato questo seminario con i maestri del diritto civile per verificare quali apporti migliorativi suggerire al legislatore con riferimento alla legge 40 per, fermo restando il diritto dell’embrione e della madre, assicurare alla donna che desidera accedere alla procreazione assistita ogni garanzia perché il desiderio di maternità diventi realtà”. 

 
Insomma, secondo gli organizzatori del Convegno “sulla procreazione assistita la giurisprudenza italiana ed europea si muovono decise nello smontare alcuni principi che hanno ispirato il legislatore italiano nella legge 40 del 2004”.
Stefano Simoni

01 giugno 2010
© Riproduzione riservata

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