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Innovazione e valore: le sfide future dell’industria farmaceutica

La pandemia ha dimostrato e confermato l’importanza strategica dell’industria farmaceutica. Ora le scelte politiche saranno decisive per garantire all’Italia di rimanere competitiva in questo campo, secondo gli esperti intervenuti al l roadshow di Farmindustria, Innovazione e produzione di valore

17 NOV - La pandemia da Covid-19 ha ricordato a tutti, in tutto il mondo e con forza, l’importanza decisiva del settore farmaceutico e della sanità in generale, un settore in cui è necessario investire per garantire la sicurezza e la competitività.
 
Questo tema è stato al centro del roadshow di Farmindustria, Innovazione e produzione di valore, che si è tenuto presso lo stabilimento di Gsk a San Polo di Torrile, Parma.
 
Hanno portato i loro saluti Alessandro Fadda, Sindaco di San Polo di Torrile; Federico Pizzarotti, Sindaco di Parma; Fabio Landazabal, Presidente e Amministratore Delegato GSK e Annalisa Sassi, Presidente Unione Parmense degli Industriali.
 
Sono poi intervenuti Massimo Scaccabarozzi, Presidente Farmindustria; Giovanni Tria, Consigliere economico presso il Ministero dello sviluppo economico; Lucia Aleotti, Vice Presidente di Farmindustria; Alberto Chiesi, Presidente Chiesi Farmaceutici; Maria Chiara Amadei, Direttore Stabilimento e Amministratore Delegato GSK Manufacturing.
 
“La pandemia ha dimostrato e confermato l’importanza strategica dell’industria farmaceutica, per la salute, lo sviluppo, l’economia, l’occupazione e la sicurezza nazionale. Questa nuova realtà ha promosso politiche di attrazione delle risorse a livello globale che stanno determinando dove investire e che stanno cambiando lo scenario di ricerca e produzione”, commenta nel suo intervento Fabio Landazabal.
 
In questo scenario le scelte politiche sono decisive. Siamo di fronte a “un’opportunità unica per rafforzare quello che abbiamo costruito nel tempo, è un’opportunità per garantire all’Italia di rimanere competitiva in questo nuovo scenario globale”.
Massimo Scaccabarozzi concorda: “la pandemia ha mostrato che, come non c’è salute senza economia, è anche vero che non c’è economia senza salute”.
 
E mette il luce “la necessità di avere sul nostro territorio, in Europa, ma sopratutto in Italia, politiche in grado di attrarre investimenti industriali, sopratutto gli investimenti che vanno in aree strategiche come la salute, la crescita, la sicurezza”.
 
Per quanto riguarda il settore farmaceutico, l’Italia è attualmente il primo produttore europeo ma gli altri Paesi, come la Francia e la Germania, non vogliono restare indietro.
 
“È in atto a livello mondiale una gara, per attrarre la presenza di industrie come la nostra”, aggiunge il Presidente di Farmindustria. “Le nostre politiche di sistema però sono ormai vecchie da anni (le politiche di governance sono del 2008) e non ci si è resi conto che il Paese è cambiato”. E spiega: “l’Italia è invecchiata, ci sono 1 milione e 200.000 malati di cancro che sono sopravvissuti, due malati di cancro su tre a cinque anni sono vivi, sono guarite 230.000 persone affette da epatite C, ci sono 98 farmaci orfani, ci sono 18.000 nuovi farmaci in pipeline e oltre il 40% sono terapie personalizzate”.
Il sistema è ancora basato sull’analisi dei costi ma mai come ora, con la pandemia, ci si rende conto di quanto sia importante “considerare la salute come un investimento e non come un costo da tagliare continuamente”.
 
Nessuno può più pensare che si debba risparmiare quando si parla di salute, Giovanni Tria è d’accordo. “Con il PNRR, la mobilitazione delle risorse nel campo della salute è importante. Ciò significa che parte di queste risorse andranno ad ampliare e sostenere la domanda di farmaci e dispositivi medici in Italia”, osserva. Ora, visto l’aumento della domanda, cosa deve fare lo Stato per sostenere il lato dell’offerta, quindi sostenere la capacità dell’industria a rispondere in modo competitivo e di trarre giovamento dalla rapidità del progresso scientifico e sopratutto risposta nel territorio nazionale?
 
Secondo Tria, la strada maestra consiste nel sostenere il premio a rischio, quindi non penalizzare il rendimento dei farmaci prodotti, per fare in modo che innovazione e investimenti siano stimolati assicurando un adeguato rendimento.
Il Consigliere economico presso il Ministero dello sviluppo economico tocca anche il tema caldo delle ultime settimane: la norma sui brevetti del decreto concorrenza. “La procedura di inclusione dei farmaci equivalenti nel prontuario dei farmaci rimborsabili, non significa e non può significare l’affievolimento del diritto garantito dai brevetti”.
 
La dichiarazione rassicura il settore, come osserva Lucia Aleotti: “Ringrazio il Professor Tria perché con queste sue parole ci ha un pochino rincuorato. Secondo la Vice Presidente di Farmindustria “se questa norma diventerà legge lancerà un messaggio a tutto il mondo: che il nostro Paese compra e incoraggia chi contraffà i nostri brevetti anziché coloro che investono in Italia, fanno ricerca, creano una catena virtuosa di produzione e di sviluppo”.
 
E illustra alcuni dati di questa catena virtuosa. Il settore investe 3 miliardi di euro l’anno in questo Paese, di cui un miliardo e 600 milioni in ricerca e innovazione e un miliardo e 400 milioni in strutture produttive. In Emilia Romagna, sede dell’incontro, ci sono otto stabilimenti produttivi, sei siti con attività di Ricerca e sviluppo. È la seconda Regione in Italia per investimenti in R&S, dopo la Lombardia, con quasi 400 milioni di euro, circa il 15% del totale degli investimenti effettuati da tutte le imprese presenti in quel territorio.
 
L’Emilia-Romagna ha conosciuto un vero e proprio boom dell’export farmaceutico dal 2010 al 2020: +108% (oltre il doppio della media del comparto manifatturiero pari al 45%), con circa 2 miliardi di euro nel 2020, il 55% del totale di quello hi tech.
 
Anche Aleotti torna sulle consapevolezze acquisite grazie alla crisi sanitaria: “il Covid-19 ci ha fatto capire quanto sia importante avere vicine le imprese del farmaco. Nei giorni più difficili della pandemia sono mancate mascherine e respiratori, ma non i farmaci perché le nostre imprese sono localizzate in Italia. Quindi la questione della localizzazione delle imprese è un problema di salute, di economia, quasi di difesa”.
Alberto Chiesi rincara la dose sul tema della concorrenza: “il 47% dei nuovi prodotti a livello globale vengono sviluppati negli Stati Uniti e solo il 25% in Europa, l’opposto della situazione di 25 anni fa.
 
L’Europa e l’Italia dispongono ancora oggi di una forte base industriale nel settore ma stiamo perdendo terreno in materia di innovazione (rispetto a Cina e Stati Uniti)”. E aggiunge: “questa non è una situazione irreversibile, ma servono politiche decise e trasversali per sostenere la crescita”.
“Solo con la scienza le nuove tecnologie e la collaborazione si può veramente parlare di innovazione e produzione di valore per il futuro”, secondo Maria Chiara Amadei.
 
La Direttrice dello stabilimento conclude parlando del costante impegno di Parma negli investimenti in innovazione. “Dal 2018 ad oggi nello stabilimento sono stati investiti più di 100 milioni. Abbiamo prodotto farmaci per asma grave, mielina multiplo e l’anticorpo monoclinale contro il Covid-19 che già forniamo in più di 14 mercati nel mondo”.
 
Hanno partecipato alla tavola rotonda conclusiva Daniele Bailo, Segretario Nazionale di Uiltec, UIL, Domenico Di Giorgio, dirigente area ispezioni e certificazioni di Aifa; Maurizio Marchesini, Vice Presidente Confindustria per le filiere e le medie imprese; Luca Paolazzi, Consulente indipendente presso Ceresio investors, Direttore scientifico Fondazione Nord Est, Consigliere Ministro dell'Economia e delle Finanze; Massimo Scaccabarozzi, Presidente Farmindustria; Aldo Zago, Segretario Nazionale Filctem CGIL e Lorenzo Zoli, Segretario Nazionale della Femca CISL.
 
C.d.F.

17 novembre 2021
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