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Domani all’Aran per provare a chiudere un’estenuante partita contrattuale

12 MAR - Gentile direttore,
domani si torna all’ARAN e si prova a ritrovare un punto di convergenza su cui lavorare per arrivare finalmente a chiudere questa estenuante partita contrattuale. Estenuante perché piena di aspettative, dopo dieci anni di attesa. Estenuante perché in questi dieci anni ci sono stati una serie di interventi legislativi sfavorevoli che hanno di fatto limitato le prerogative sindacali e reso impervio il percorso lavorativo. Estenuante perché le risorse economiche ed umane sono ridotte all’osso.

Ieri un lunedì come tanti. Per chi lavora in ospedale il lunedì è spesso un giorno terrificante, denso di impegni, carico delle aspettative di pazienti e familiari di pazienti, giunti nel week end ed in attesa di risposte. Aspettative di colleghi che come te, alla ripresa della settimana, cercano di risolvere quanto rimasto in sospeso. Aspettative di chi fa conto su di te a vario titolo. Sai già che sarà un giorno di quelli in cui non ti potrai fermare un attimo, dovrai gestire situazioni spinose, i telefoni saranno bollenti. E tutti si comporteranno nei tuoi confronti come se fossero gli unici a chiedere qualcosa. Sai che prima o poi la giornata finirà, ma intanto è dura. Perché mentre si scandiscono le ore, sai anche che non riuscirai a fare tutto, a dare una risposta a tutti. Creerai delusioni. E ribalterai sul martedì quello che non hai fatto il lunedì. Ed il martedì si trasformerà in un nuovo lunedì.

Forse nel mentre ti affanni, passando senza riflettere da un file all’altro, governato dalle richieste, ti capiterà di fare qualcosa che segnerà positivamente il destino di salute di una persona che casualmente è giunta a te. Sarà bello, ma ti farà anche male, perché ti ricorderà il tuo lavoro come l’avevi immaginato, come era e come temi non tornerà mai più ad essere. Ti hanno avvelenato così tanto l’esistenza che anche le cose belle non ti faranno felice.

E poi vedi come vanno le cose in sanità in giro per il paese: da mesi la situazione è critica, ma ora più che mai tutto sta andando a rotoli: scopri (?!) che medici in affitto guadagneranno il doppio di te per fare le stesse cose che fai tu, al netto delle grane; che la guerra tra poveri, quella che mette gli uni contro gli altri come se il problema dei medici fossero gli infermieri e viceversa, sta procedendo a gonfie vele con il solo risultato di far vivere noi male e fornire servizi pessimi o nessun servizio agli utenti; che alcuni specialisti che si sentono più indispensabili di altri ricordano al politico di turno quanto poco sono pagati, chiedendo cosa sarebbe il mondo senza di loro (perché tutti gli altri specialisti sono inutili?); e poi il continuo rimando a quanto in pochi siamo rimasti ed a quanto siamo stanchi e logori. E le aggressioni, continue, quotidiane, immotivate, avvilenti e scusate tanto, pericolose: chi iscrivendosi a medicina avrebbe mai pensato di dover uscire di casa temendo di non farvi ritorno o di tornarci meno integro?

Produciamo lavori statistici meravigliosi, studi puntuali che mettono in risalto ogni criticità. Ci frustriamo quotidianamente, confrontandoci con colleghi che vivono e lavorano in nazioni che apprezzano ed esaltano le capacità professionali. Ma la soluzione? O le soluzioni, vista la complessità del quadro attuale?

Cosa aspettarsi allora da un nuovo contratto? Quanto risarcitorio dovrà essere? Sarà mai possibile sanare il danno subito? Ci sarà più un’inversione di tendenza? Cosa potremo offrire a chi un contratto non lo ha ancora avuto?

Cosa legittimamente chiedere? Cosa mai potranno proporci di buono, ora che ci guardiamo con sospetto gli uni con gli altri? Le donne giovani sono potenziali nemiche in quanto si riprodurranno (e meno male) e non saranno sostituite, i più anziani potranno ammalarsi o avere delle limitazioni che li toglieranno ad esempio dai turni di guardia, alcuni (pochi) ce la fanno a fare carriera, saranno chiamati ad altri impegni e e rinunceranno almeno in parte alla attività assistenziale.

Perché qualcuno dovrebbe voler entrare in aziende che offrono così pessime condizioni di lavoro? E se nessuno vorrà più lavorarci cosa ne sarà di chi in questo sistema c’è da tempo ed un po’ per necessità ed un po’ per inerzia non pensa ad una opzione differente?
Forse dovremmo andarcene tutti, forse l’unica risposta possibile è abbandonare in massa e diventare tutti dei semplici prestatori d’opera “a gettone”. Senza tutele, ma anche con meno vincoli e qualche soldo in più. E tempo libero.

Se la nostra libera professione intramoenia è come alcuni sostengono il problema, la madre di tutte le battaglie contro le liste di attesa, togliamo il disturbo.
Se la politica preferisce fare di testa propria, ignorare i pareri tecnici, muoversi nei limitati orizzonti temporali che vanno da un’elezione all’altra, che gestisca la partita in toto.

Resta un problema di fondo, i pazienti. Oggi sono loro, gli altri, domani saremo noi, perché la salute non è garantita per sempre e per tutti. Chi li curerà, chi ci curerà?

Mi piacerebbe che questo periodo, che incidentalmente ci troviamo ad affrontare, non passasse alla storia come quello che ha demolito un sistema sanitario tra i più virtuosi, ma se così deve essere, che avvenga senza di noi, senza la nostra complicità e non a nostre esclusive spese.

I posti letto li abbiamo ridotti, il personale sanitario lo abbiamo decimato, le persone iniziano a vivere per meno tempo e meno in salute. Cosa manca?
 
Al tavolo dell’ARAN dovremmo sedere solo ed esclusivamente attendendoci qualcosa di buono. Che lo stato si faccia avanti con una proposta nuova e rivoluzionaria. Che riporti la barra al centro. Che ridia dignità a noi tanto per partire (visto che abbiamo atteso più di tutti) e che da qui si decida finalmente di ripartire nella valorizzazione dei capisaldi di una civiltà: cultura, sicurezza e cura dei cittadini.

Per i dettagli siamo pronti, ci siamo preparati per dieci anni. Chiediamo un po’ di sostanza ed una visione ampia e di spessore.
 
Ester Pasetti
Segretaria Anaao Assomed Emilia Romagna 


12 marzo 2019
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