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Cosa emerge dall'indagine di Crea e Federsanità

18 DIC - L’evento odierno nell’ambito del Forum Risk Management incentrato sulla Survey rivolta alle direzioni strategiche, elaborata da Federsanità (in collaborazione con CREA Sanità ed il sottoscritto in qualità di esperto di organizzazione sanitaria), ha affrontato alcuni fondamentali snodi di gestione organizzativa in questa emergenza.
 
La Survey si articola su otto principali temi. In questa disamina mi soffermo soprattutto sul tema relativo alle risorse umane e rimando alla lettura completa dell’allegata survey per gli altri temi indagati, certamente di non minore importanza, quali la necessità di velocizzare e semplificare la capacità di acquisizione da parte delle Aziende Sanitarie pubbliche di beni servizi e di realizzazione dei lavori nonché sulle responsabilità legali dei Direttori e dei Dirigenti dei servizi.
 
In particolare esaminiamo ora nel dettaglio le domande n. 3, 4, 5 dell’indagine che ha coinvolto i direttori generali e amministrativi di un campione di aziende sanitarie italiane.
 
La domanda n. 3 recita: «Ritieni che per il dimensionamento degli organici (sanitari, amministrativi e tecnici) e la definizione di incarichi gestionali e professionali sia necessario,.....»:
- il 50 % dei rispondenti ritiene che per il dimensionamento degli organici e la definizione di incarichi gestionali e professionali sia utile, ma non necessario, uno standard nazionale;
 
- il 41,7% che sia assolutamente necessario uno standard nazionale (ancorché flessibile);
 
- il restante 8,3% ritiene inutile uno standard nazionale il 52,9% di chi opera nelle ASL ritiene che sia utile, ma non necessario, uno standard
nazionale; quasi il 70% di chi opera nelle Aziende Ospedaliere Universitarie ritiene che sia utile, ma non necessario, uno standard nazionale; al contrario, quasi il 70% di chi opera nelle Aziende Ospedaliere ritiene che sia assolutamente necessario uno standard nazionale.
 
La domanda n. 4 richiede: «Quali incentivi ritieni prioritario attivare per il personale»? (possibile più di una risposta)
A questa domanda il 66,7% dei rispondenti ha fornito una risposta singola e il 33,3% più di una risposta. Il 62,5% dei rispondenti ritiene che gli incentivi maggiormente utili per il personale siano: maggiore sviluppo di carriera in senso orizzontale e/o verticale e incentivi monetari direttamente collegati alla complessità, disagio, rischio del settore lavorativo. Lo stesso risultato si conferma per tipo ruolo dei rispondenti e per tipologia di Azienda gestita.
 
La domanda n. 5 recita: «Ritieni giusto differenziare la retribuzione del personale in base alla sede di lavoro?»
Il 66,7% dei rispondenti ritiene che sia giusto differenziare la retribuzione del personale in base alla sede di lavoro.
La domanda di ulteriore dettaglio n. 5.1 chiede: «Per quale tipologia di sede? (possibile più di una risposta):…»
Il 93,8% dei rispondenti ritiene che la differenziazione della retribuzione del personale dovrebbe avvenire nel Pronto Soccorso; per il 50,0% nelle sedi disagiate; per il 12,5% in Provincia.
 
Complessivamente le opinioni delle Direzioni strategiche delle Aziende sulla gestione delle risorse umane convergono ad eccezione della domanda numero 3 sulla necessità/utilità/inutilità di standard nazionale. In questo caso le risposte si dividono quasi a metà tra chi ritiene necessario uno standard nazionale (ancorché flessibile) e chi lo ritiene utile ma non necessario; infine una percentuale di circa il 10% lo ritiene inutile.
 
Io penso che standard nazionali flessibili siano necessari. Infatti chi si occupa della stesura dei Piani di fabbisogno del personale si trova spesso tra le varie richieste di incremento di personale da parte delle varie articolazioni aziendali ed i vincoli finanziari dell’Azienda senza avere in mano parametri su cui basarsi se non il buon senso e pochi parametri “storici” e statici.
 
D’altra parte le risorse o sono un vincolo di partenza o rincorrono modelli organizzativi consolidati anche inefficienti. Risulta dunque imprescindibile nel definire la metodologia di fabbisogno di personale, partire non solo da numeri teorici relativi a parametri statici (ad es. posti letto o numero di abitanti) ma anche dai dati di attività che da una parte ci danno una dimensione da confrontare con il reale bisogno di salute, dall’altra ci permettono di dimensionare con un riferimento standardizzabile le risorse necessarie alla loro produzione. 

Tutto ciò è ancor più vero, a mio parere, con le prevedibili immissione di infermieri, medici, tecnici, ecc. (programmazione della formazione universitaria
coerente, quantitativa e qualitativa permettendo), derivanti dalla applicazione sia della norme d’urgenza sia dalla partenza del Recovery Plan da noi  declinato in Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) attualmente all’attenzione del Governo.
 
In conclusione voglio anche segnalare la risposta al quesito n. 6: «Quale ritieni debba essere il posizionamento degli infermieri sul territorio?» (possibile più di una risposta).
 
A questa domanda il 41,7% dei rispondenti ha fornito una risposta singola e il 58,3%  più di una risposta.
 
Il 70,8% dei rispondenti ritiene che il posizionamento degli infermieri sul territorio dovrebbe avvenire nei Distretti Socio-sanitari.
 
Può apparire una risposta ovvia ma come si vede nella seguente tabella le risposte potevano essere molte ed alcune apparentemente più moderne considerando che il distretto negli ultimi anni spesso non ha goduto di prestigio e di autonomia reale.
 
Forse è giunto il momento di rilanciarlo anche con azioni innovative e concrete.
 
Fulvio Moirano

18 dicembre 2020
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