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180-40: i due numeri (e il futuro) di una legge rivoluzionaria

L’Italia è l’unico Paese al mondo che ha superato le Istituzioni Totali, giungendo alla definitiva chiusura dei manicomi e degli OPG grazie alla creazione di una vera rete di assistenza psichiatrica di comunità, che rappresenta un modello di riferimento a livello internazionale. Ma dobbiamo fare i conti con le forti disomogeneità regionali che richiedono un nuovo Progetto Nazionale sulla Salute Mentale

10 APR - L’occasione del compimento dei 40 anni della Legge 180 ci dà l’opportunità di tirare le somme su quello che è stato fatto ma anche di rileggere criticamente l’attuale situazione e guardare alle prospettive future.
 
Comunque, è il caso di festeggiarli questi 40 anni. L’Italia, infatti, è l’unico Paese al mondo che ha effettivamente superato le Istituzioni Totali, giungendo alla definitiva chiusura dei manicomi e degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) grazie alla creazione di una vera rete di assistenza psichiatrica di comunità, che rappresenta un modello di riferimento a livello internazionale. Contestualmente il nostro Paese si è dotato di un assetto giuridico-normativo di tutela dei diritti delle persone affette da disturbi mentali, fondato su solidi principi democratici, anch’esso considerato tra i più avanzati al mondo.
 
Da queste conquiste la Società Italiana di Psichiatria ritiene che non si possa tornare indietro, sebbene i successi raggiunti debbano essere, oggi, visti come un nuovo punto di partenza per un processo di miglioramento e di sviluppo che appare inderogabile. Questo alla luce dell’esperienza e di limiti e carenze evidenziatesi nel tempo: sono infatti mutate le richieste e i bisogni di cura, e profondi sono stati anche i cambiamenti nel Paese avvenuti in questi quarant’anni.
 
Va innanzitutto considerato il profondo cambiamento dell’utenza dei servizi pubblici, costituita attualmente solo al 20-25% dai disturbi dello spettro psicotico, sulle cui esigenze è stato ed è tuttora tarato il sistema italiano, e la crescente richiesta di intervento per disturbi dell’umore e d’ansia, di personalità, disturbi da uso di sostanze e per le cosiddette “nuove patologie”, spesso in comorbidità tra loro.
 
Tutto questo richiede un profondo aggiornamento dei modelli organizzativi e dei processi e metodi di cura nei servizi italiani. In particolare, appare necessaria l’integrazione effettiva e sempre più capillare di percorsi di cura, con interventi rispettosi del rapporto costo/efficacia e basati sulle evidenze scientifiche, che i dati disponibili indicano come ancora scarsamente diffusi nei servizi italiani. Specifico obiettivo è ridurre la distanza tra i trattamenti che dovrebbero essere eseguiti perché di dimostrata efficacia dalla ricerca clinica internazionale e i trattamenti che vengono effettuati nella pratica clinica nei servizi pubblici.
 
La consapevolezza del fondamentale ruolo dei fattori psicosociali nel rischio di sviluppo, mantenimento ed aggravamento di molti disturbi mentali, in particolare dei disturbi mentali gravi e persistenti, richiede un più capillare sforzo di prevenzione primaria, secondaria e terziaria da parte dei servizi, ma anche la consapevolezza della necessità di rivedere e potenziare gli strumenti di welfare, soprattutto a favore delle fasce più deboli della popolazione, e di sostegno alle famiglie
 
L’organizzazione dei dipartimenti di salute mentale deve prevedere modelli organizzativi elastici, nei quali, alla tradizionale rete dei servizi (CSM, Centri Diurni, Day Hospital, SPDC, Strutture Residenziali) possano affiancarsi strutture di secondo livello, interdistrettuali o interdipartimentali dedicate a fasce di utenza definite per caratteristiche (giovani, anziani, donne uomini) e bisogni specifici (es. esordi psicotici, DCA, Disturbi di Personalità gravi, etc..), unitamente alla diversificazione del ruolo delle strutture ospedaliere (es: con previsione di posti letto per le acuzie e postacuzie e per patologie specifiche, es: DCA) e ad una profonda revisione dell’assistenza residenziale, con una effettiva diversificazione delle strutture da accreditare in riferimento all’intensità e alle tipologie di cura erogate.
 
Tutto questo non può prescindere dalla necessità di profondi investimenti nel settore della salute mentale, da destinare soprattutto a colmare la carenza sempre più evidente di personale di tutti i livelli e tipologia di professionalità. Infatti, in psichiatria, è determinante la relazione terapeutica, che è la base di ogni trattamento e che richiede pertanto un investimento essenziale sul “capitale umano”.
 
La salute mentale non può restare il fanalino di coda della sanità italiana ed è fondamentale un adeguamento stabile dei fondi disponibili in una misura non inferiore al 6% del totale del budget della sanità. Non ci si può nemmeno dimenticare del problema della sicurezza degli operatori, sia all’interno delle strutture, sia nelle fasi di gestione dei pazienti in crisi acute all’interno del pronto soccorso.
 
La storica diseguaglianza esistente nel sistema assistenziale, che la regionalizzazione della sanità sembra aver accentuato nel tempo, richiede una rinnovata e più forte azione di indirizzo delle politiche di azione e integrazione sanitaria della salute mentale, comprensiva dei servizi per le dipendenze e per gli adolescenti. In tal senso la SIP ritiene che l’Italia non abbia necessità di nuove
Leggi, quanto di un nuovo Progetto Nazionale sulla Salute Mentale, che costituisca la base vincolante delle politiche assistenziali delle Regioni.
 
Bernardo Carpiniello
Presidente Società Italiana di Psichiatria
 
Claudio Mencacci
Past President Società Italiana di Psichiatria

10 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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