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Morti per Covid. La Procura di Pordenone archivia le denunce contro i medici 

Ad annunciarlo il presidente dell'Omceo, Guido Lucchini. “Non che un medico non possa essere responsabile e rispondere di eventuali errori, ma in questo specifico frangente tutto il personale ha lavorato con scienza e coscienza, affrontando un nemico sconosciuto, con le poche ‘armi’ a disposizione, prestando tutte le cure possibili ai malati da Covid 19. Il metro di misura usato dall’autorità giudiziaria è stato il buon senso”.

26 LUG - La severità della pandemia Covid 19 ha, in quasi due anni, investito più fronti. All’inizio dell’emergenza sanitaria mancavano DPI, posti letto, personale sanitario e, soprattutto, protocolli chiari su come procedere e quali cure prestare. Ciò che invece non è mai mancato è stato l’impegno e l’abnegazione al lavoro del personale sanitario, che ha sacrificato la propria vita e quella delle proprie famiglie per dedicarsi ai malati Covid. Nonostante questo contesto, all’ospedale di Pordenone cominciavano ad arrivare le richieste di accesso alle cartelle cliniche per uso legale da parte dei famigliari dei deceduti causa Covid. A ricordare uno tra i periodi più neri e pesanti è il presidente della Federazione che riunisce i quattro Ordini provinciali dei Medici, Guido Lucchini, che è anche presidente OMCeO di Pordenone.

“Quando l’emergenza è esplosa, siamo passati in pochissimo tempo da assistere circa 100 malati di Covid a quasi 500 – racconta Lucchini –, con una media giornaliera di 15-20 ricoveri. Ricordo come fosse ora che la sera del capodanno 2020: invece di esserci come sempre uno pneumologo, ce ne erano cinque. La mia preoccupazione era affrontare nel miglior modo possibile un nemico – il Covid – che i sanitari non conoscevano ed erano chiamati, anche oltre il limite consentito, ad affrontare con la massima responsabilità, diligenza e perizia”.  

Insieme ai malati, sono iniziate a crescere le richieste di cartelle cliniche da parte dei famigliari dei pazienti deceduti da Covid 19, con relative denunce-querela per responsabilità medica. Una situazione che cominciava a pesare sulle teste dei medici i quali, tuttavia, erano chiamati senza alcuna esitazione a continuare a combattere senza sosta l’emergenza sanitaria.

Il Presidente OMCeO di Pordenone, assieme ad una delegazione di primari, animati dalla preoccupazione per quanto stava accadendo, chiesero di poter parlare con il Presidente del Tribunale di Pordenone, Lanfranco Tenaglia.
“In quella occasione - spiega Lucchini - cercammo di sensibilizzare l’autorità giudiziaria, nella persona del Presidente del Tribunale di Pordenone, il quale sin da subito si è dimostrato disponibile ed attento alla nostra posizione. Riferivamo come e con quali strumenti il personale sanitario aveva dovuto affrontare l’inizio della pandemia”.

“La giustizia - chiarisce il presidente dell’Omceo di Pordenone - deve fare il proprio corso e quindi non si è trattato di un colloquio finalizzato a scagionare un medico da un’eventuale responsabilità medica; tuttavia vi era l’esigenza di offrire un quadro completo della situazione. Eravamo senza protocolli sia a livello nazionale che a livello regionale che ci potessero dire come intervenire, non c’era omogeneità fra ospedale e territorio, mancava una terapia certa da somministrare per salvare più vite umane e si viaggiava a vista, come i distretti, di fronte ad  pandemia che ha investito moltissima gente comune ma anche molti medici. Dissi al Presidente del Tribunale che vivevamo costantemente in una situazione emergenziale, dove il medico aveva finalizzato l’uso delle risorse disponibili a garanzia della sicurezza, dell’efficacia e dell’umanizzazione delle cure e che oltre a quello non avevamo nient’altro a disposizione”.  

Ora ai medici è arrivata la buona notizia: la Procura di Pordenone ha deciso di archiviare le denunce dei famigliari dei deceduti a causa del coronavirus. Una decisione che ha fatto tirare un respiro di sollievo a tutti i medici pordenonesi, compreso il loro rappresentante e presiedente Guido Lucchini.

“Un risultato che ci fa ben sperare – conclude Lucchini – non tanto perché un medico non possa essere responsabile e rispondere di eventuali errori, ma perché in questo specifico frangente tutto, e ribadisco tutto, il personale medico e sanitario ha sempre lavorato con scienza e coscienza, affrontando un nemico sconosciuto, talvolta anche con i denti nonché con quelle poche “armi” che aveva, prestando tutte le cure possibili ai malati da Covid 19. C’era poco a disposizione e quel poco dovevamo usarlo al meglio. D’altro canto capisco anche quelle persone che hanno visto un proprio caro morire dall’oggi al domani di coronavirus, la cui lucidità è stata spazzata via di fronte ad un evento tanto grave quanto imprevisto. Personalmente mi è venuto a mancare un caro amico e compagno di lavoro di una vita e, umanamente parlando, posso testimoniare che non è stato un periodo facile nemmeno per me e per noi medici”.

In questa vicenda, FROMCeO del FVG vuole rassicurare che non ci sono né vincitori né vinti: tutti siamo vittime di questa pandemia, sia per chi ha perso un proprio caro che per chi ha testato sul campo l’impotenza delle cure e della conoscenza medica; questa malattia non ha fatto sconti a nessuno. “Il metro di misura usato dall’autorità giudiziaria è stato il buon senso e spero che vi siano anche altre a seguire questa linea e non lo dico per senso di impunità”, conclude il presidente Lucchini.

Endrius Salvalaggio

26 luglio 2021
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