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Fismu: “Riformare l’assistenza territoriale, ma non si ripetano gli errori del passato”

Il sindacato interviene sulle criticità della sanità territoriale e presenta le sue proposte alla Regione. “Mancano medici di famiglia, è urgente definire bene il ruolo delle case di comunità, ma soprattutto garantire la capillarità dei servizi e il rapporto fiduciario medico-paziente”. Per il segretario regionale Filippo De Nicolellis, “cambiare radicalmente il sistema può essere oggi l’unico modo per sperare di mantenere adeguati livelli di assistenza sul Territorio”.

23 SET - La Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti (Fismu) del Friuli Venezia Giulia esprime una sua prima valutazione sulle proposte avanzate dalla Regione sulla riforma della sanità territoriale e chiede innanzitutto dialogo per evitare di ripetere gli errori del passato.

“Siamo coscienti da tempo delle difficoltà ingravescenti a garantire la stessa assistenza medica di base in tutti i Comuni della  Regione - dichiara in una nota Filippo De Nicolellis, segretario regionale Fismu -. Operare sul Territorio è sempre meno attrattivo, e abbiamo ben chiari i problemi che rendono difficile coprire i vuoti lasciati da chi va in pensione. Serve un cambio di rotta ma attenzione a ripetere gli errori del passato, a non dialogare con chi opera in prima linea nelle cure primarie e nel territorio”.

De Nicolellis elenca per punti le criticità della regione che sono concause della scarsa richiesta di accesso alla medicina di famiglia da parte dei giovani camici bianchi:

- Aumento continuo del carico di lavoro burocratico (anche improprio) di ogni medico di Assistenza Primaria (medico di famiglia) a danno dei fini assistenziali. È cresciuto anche quello clinico legato all’invecchiamento progressivo della popolazione e alla grande ansia generata dalla pandemia da COVID 19. La conseguenza è un aumento dello stress, impoverimento della vita privata e sociale, calo di interesse per la professione

- Aumento della spese connesse alla gestione dello studio, dato l’aumento dei costi di energia elettrica e gas, e degli affitti, mentre il personale di studio resta  a carico dei medici nella maggior parte dei casi.

- Mancato adeguamento al costo della vita dei compensi dei medici, con contratti fermi da anni, e ormai poco attrattivi

- Mancanza di adeguate soddisfazioni professionali, mancando la possibilità di una vera carriera e prospettive di miglioramento negli orari di lavoro per Assistenza primaria, Continuità Assistenziale ed Emergenza Territoriale. Inesistente il rapporto organico con gli Specialisti e anche una adeguata integrazione della Specialistica Ambulatoriale in percorsi assistenziali condivisi con gli altri Colleghi del Territorio

- Carenza di sufficienti medici sul Territorio, con conseguente difficoltà ad usufruire di tutti i giorni di Ristoro psicofisico previsti dallo ACN.

Per il segretario regionale Fismu, “cambiare radicalmente il sistema può essere oggi l’unico modo per sperare di mantenere adeguati livelli di assistenza sul Territorio, rendendolo più “appetibile” per i nuovi laureati e rimotivando chi già vi opera da molti anni”.

“In questo senso - continua De Nicolellis - il piano regionale che prevede  50 Case della Comunità va nella direzione giusta, ma forse non è sufficiente: date le particolari condizioni demografiche ed orografiche del FVG andrebbe nettamente aumentato il numero delle Case, in modo da arrivare ad averne una ogni 8.000-15.000 abitanti, così da garantire una capillarità altrimenti difficile da raggiungere, e si dovrebbe poi prevedere esplicitamente l’inserimento dei medici di Continuità Assistenziale e del 118 in almeno alcune di queste strutture. Ma anche deve essere chiaro che i medici di famiglia non possono dividersi tra ambulatori e Case di Comunità. Si devono trovare altre soluzioni. La logica conseguenza del progetto della regione sarebbe anche il passaggio dei medici del Territorio alla Dipendenza, ma in ogni caso la situazione attuale non può migliorare se non si incentivano adeguatamente i giovani medici a non emigrare e i medici più anziani a non cambiare ambito sanitario”.

Importantissimo - aggiunge - è non disperdere il piccolo ma importante patrimonio rappresentato dalle USCA, i cui medici hanno già dato, e daranno, un importantissimo contributo alla lotta contro il COVID 19, ma che possono essere utilissimi nella gestione domiciliare dei pazienti più gravi e delle urgenze diurne, e della ex Guardia medica, fondamentale per garantire le urgenze notturne e la continuità dell’assistenza nei festivi”.

“La Casa della Comunità - conclude De Nicolellis - dovrebbe diventare il punto unico di accesso del paziente al Servizio Sanitario regionale, dove i medici, gli infermieri , tutto il personale addetto e i volontari possano interagire e facilitare al massimo l’assistenza, ad esempio garantendo tramite personale di segreteria una contattabilità reale della struttura e, anche differita nel tempo, dei singoli professionisti che vi operano. Ma bisogna sedersi a un tavolo e dialogare, e lo ripetiamo: si devono evitare forzature e gli errori commessi nel passato. Si parta dai medici, dalla loro valorizzazione per riformare la sanità sul territorio”.

23 settembre 2021
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