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La relazione integrale del ministro Lorenzin in Commissione


24 OTT - Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell'intervento del Ministro della salute Beatrice Lorenzin in Commissione Sanità nell’ambito dell’indagine conoscitiva “"Sostenibilità del SSN con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità” di martedì 22 ottobre 2013.
 
Gentile Presidente e Onorevoli Senatori,
ho avuto già modo di comunicare alla Commissione, in occasione della esposizione delle linee programmatiche della mia azione di governo - e ritengo necessario ribadire anche in questa sede - come la centralità del diritto alla salute, riconosciuta dall’art.32 della Costituzione, non può essere assicurata in modo efficace e organico al di fuori del Sistema sanitario nazionale, ispirato ai principi di universalità, uguaglianza,  globalità e appropriatezza.

 
Sulla base di questa consolidata consapevolezza, mi sono battuta nei giorni scorsi affinché il Governo, nel varare il Disegno di legge di stabilità per il 2014, non imponesse nuovi tagli alle risorse del Fondo Sanitario Nazionale. Come è ormai noto, tale mia richiesta è stata integralmente accolta dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’economia e, per la prima volta nell’ultimo decennio, una legge finanziaria non comporterà riduzioni al FSN, con la sola esclusione dell’impatto economico, a partire dal 2015, delle generali misure di contenimento della spesa nel pubblico impiego.
 
Tale risultato, intendo subito sottolinearlo, non era affatto scontato, considerata la contingenza economica negativa che il nostro Paese sta attraversando e le conseguenti esigenze di finanziamento di misure necessarie per ridurre il costo del lavoro, garantire gli ammortizzatori sociali e rilanciare i consumi.
Si è, pertanto, trattato di un segnale forte che il Governo ha inteso inviare alle istituzioni e ai cittadini, che pone la tutela della salute al centro dell’azione politica.
 
Con esso si è finalmente abbandonata la logica dei tagli lineari, ed è per questo che ho condotto la mia battaglia nei giorni scorsi in tutte le sedi istituzionali per sostenere che non è più possibile sottrarre per tale via risorse al settore della sanità, poiché detta logica ha obbligato il sistema e le regioni ad intervenire indistintamente sui vari settori del comparto, che non necessariamente rappresentano punti di debolezza o fattori di spreco. I tagli lineari non possono essere “il rimedio per tutte le necessità né la medicina giusta” per affrontare il tema degli “sprechi”; le risorse necessarie devono invece essere reperite tenendo conto delle differenti capacità organizzative, culturali, nonché degli sforzi e dei successi già ottenuti negli anni dalle singole realtà regionali.
 
Con la garanzia di un finanziamento adeguato a regime per il prossimo triennio si pongono le basi per una grande riforma del Sistema sanitario nazionale, che – è mio fermo convincimento – dovrà trovare attuazione nel nuovo Patto della salute.
 
A tale nuovo Patto stiamo già lavorando con le Regioni e la garanzia del finanziamento statale al FSN, senza nuovi tagli, del DDL di stabilità ci pone nelle condizioni migliori per raggiungere entro la fine del corrente anno l’obiettivo.
Il nostro sistema sanitario è stato considerato dall’OMS uno dei primi in Europa, sulla base di tre indicatori:
1. il miglioramento dello stato complessivo della salute della popolazione;
2. la risposta alle aspettative di salute e di assistenza sanitaria dei cittadini;
3. l’assicurazione delle cure sanitarie a tutta la popolazione.
 
Si parla con sempre maggiore insistenza di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, e la sostenibilità in sanità comprende oltre ai fattori strettamente economici, anche altri fattori quali lo sviluppo, la cultura, la professionalità e l’innovazione. Sviluppare un Servizio sanitario nazionale sostenibile vuol dire, quindi, porre attenzione ed investire su tutti questi fattori, ma significa, soprattutto, aggiornare il modello organizzativo e strutturale del sistema sanitario in modo da renderlo più vicino alle persone e ai bisogni di salute che essi esprimono.
 
Non vi è dubbio, che il SSN italiano, come la gran parte del servizi sanitari europei, si confronta oggi con nuove, importanti sfide assistenziali, e ciò determina la necessità di sottoporlo a revisione.
In particolare, l’esigenza di una revisione scaturisce da numerosi fattori, tra i quali la tendenza all’invecchiamento della popolazione da assistere, che importa l’individuazione di nuovi modelli di assistenza e di cura con ricadute sul tessuto sociale ed urbanistico, ovvero l’inverno demografico, che impone di inaugurare moderne politiche di assistenza delle nascite mediante adeguate campagne di prevenzione e per la diagnosi precoce e la conseguente cura delle patologie all’origine dell’infertilità.
 
In sintesi, occorre invertire la rotta e partire dalle nuove esigenze di assistenza e cura per giungere a nuovi modelli di intervento.
Tra essi, sin dall’inizio del mio mandato, ho indicato l’e-health ovvero  l’attivazione di centri unici di prenotazione, la istituzione del fascicolo sanitario elettronico, i certificati di malattia telematici, la dematerializzazione dei documenti sanitari, la telemedicina.
 
In linea con tale indirizzo, anticipo che è mia ferma volontà presentare, e fare approvare, nel corso dell’iter parlamentare del DDL stabilità, una proposta emendativa per istituire l’Anagrafe Nazionale degli Assistiti che, nel rispetto delle disposizioni sulla privacy, permetterà di unificare in una sola banca dati informatizzata tutti i dati relativi all’assistenza sanitaria dei cittadini. A tal fine ho fatto appostare nel citato DDL stabilità le risorse necessarie per realizzare l’iniziativa.
Tra gli obiettivi prioritari del SSN colloco la trasparenza. Sono del parere che la capacità delle istituzioni pubbliche di rendere trasparenti i processi decisionali e i risultati, avviando meccanismi di coinvolgimento dei cittadini e dei diversi attori della società civile, sia alla base del nuovo modo di concepire l’azione pubblica. Ecco perché il “piano esiti” deve essere accessibile a tutti, poiché soltanto per tale via si garantisce la scelta consapevole degli assistiti e si può valutare la capacità delle singole strutture sanitarie.
 
E’ mio convincimento – tanto più adesso che stiamo per recepire la direttiva comunitaria sull’assistenza transfrontaliera (su cui mi soffermerò nel prosieguo) – che occorra permettere una immediata conoscenza presso gli assistiti della quantità e qualità dei servizi erogati dalle strutture pubbliche e private accreditate. Deve essere per tale strada garantita la “scelta consapevole” dell’assistito che domanda la cura e deve essere introdotto un sistema premiale per le strutture che operano secondo standard elevati. Su queste ultime occorre puntare con maggiori investimenti e risorse umane e finanziarie.
 
Queste riforme, insieme agli investimenti nella promozione della salute e nella prevenzione, saranno l’elemento centrale per garantire il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, tenendo presente che il concetto stesso di salute non è più lo stesso e che si è evoluto e dilatato nel tempo.
Per quanto attiene alle iniziative per promuovere la prevenzione, ho già avuto modo di indicare, quando ho illustrato le linee programmatiche del Dicastero, che gli investimenti in prevenzione sono il presupposto per la realizzazione di risparmi strutturali e per la conseguente crescita e sviluppo del Paese. Sono gli investimenti che rendono di più nel medio e lungo periodo, e per tale finalità occorre attuare una revisione complessiva del modello organizzativo e gestionale.
 
Ritengo, inoltre, necessario abbandonare l’idea di salute come voce di costo e concentrarsi, invece, sul concetto di salute come valore e occasione di investimento per il nostro Paese.
Bisogna rigenerare e rivitalizzare in modo strategico il settore della sanità, anche come volano di sviluppo del sistema imprenditoriale italiano, impegnato nell’innovazione tecnologica e nel campo della ricerca, anche in termini di PIL.
Ecco perché la regola di base è: potenziare le capacità del sistema sanitario di convertire le risorse in valore, tenendo presente che l’investimento in salute è il presupposto per la crescita e lo sviluppo di un paese.
 
Alcune proposte per il cambiamento
Un approccio meditato al tema della sostenibilità dell’attuale SSN non può prescindere di considerare l’iter di attuazione della revisione costituzionale attuata nel 2001. Non è infatti possibile ignorare che le regioni, in seguito alla riforma del Titolo V della Carta costituzionale ed alle numerose manovra di finanza pubblica succedutesi negli anni recenti, sono state chiamate ad interventi di riorganizzazione economicamente rilevanti, dei quali tuttora rimane traccia nei loro bilanci. Spesso tale circostanza viene dimenticata anche da autorevoli commentatori economici e di essa non viene fatta menzione nei dibattiti sulla attuale condizione e sostenibilità futura del SSN.
 
Con tale rinnovata consapevolezza, mi appresto di seguito a indicare le prossime linee di azione che costituiscono il portato dell’auspicato processo di innovazione.
Il nuovo Patto per la Salute affronta argomenti rilevanti quali la programmazione del fabbisogno standard del Servizio Sanitario Nazionale e dei fabbisogni standard regionali, nonché l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza, tema, quest’ultimo, che riveste un ruolo primario e che trova nel Patto la sede di confronto, in relazione all’esigenza di garantire quel nucleo irrinunciabile del diritto alla salute.
 
Relativamente ai costi standard del Servizio Sanitario Nazionale, l’obiettivo non è solo ottenere un risparmio in termini economici, ma soprattutto verificare se il sistema federalista sarà in grado di mantenere lo stesso livello di tutela della salute e superare il divario oggi esistente tra le diverse realtà regionali.
Anche le tematiche dell’assistenza ospedaliera e dell’assistenza territoriale saranno oggetto del Patto; in tale sede potranno essere promossi adeguati processi di qualificazione della rete per l’assistenza ospedaliera, con la definizione di indirizzi e linee di razionalizzazione della funzione ospedaliera e l’avvio di azioni sinergiche tra ospedale e territorio.
E’ ormai noto l’impegno del Ministero della Salute sul versante dell'assistenza territoriale; ho avuto già modo di indicare che il trasferimento di risorse dall'ospedale al territorio è lo strumento che consente di affrontare efficacemente anche i temi dell'invecchiamento e delle cronicità e, quindi, di garantire la sostenibilità futura del sistema sanitario.
 
Promuovere la domiciliarità e il welfare di comunità significa portare vicino al domicilio del cittadino i servizi essenziali, garantendo tutta la rete con standard di qualità e sicurezza omogenei ed elevati. Il vero cambiamento passa quindi anche attraverso l’accelerazione del processo di razionalizzazione della rete di assistenza territoriale.
Sono convinta, infatti, che l’assenza di reti assistenziali integrate tra ospedale e territorio è un’altra delle cause dei notevoli sprechi di risorse su tutto il territorio nazionale, che determina, peraltro, prestazioni inappropriate, con conseguenze sull’efficacia dei trattamenti oltre che sulla disponibilità di risorse. Ecco perché si rende necessaria una riorganizzazione del livello assistenziale ospedaliero, con un adeguato trasferimento di attività a livello territoriale e quindi una rimodulazione ed un potenziamento della rete dei servizi territoriali.
 
Come è noto è all’esame della Conferenza Stato Regioni lo schema di regolamento sulla “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”. Lo schema contiene l’indicazione programmatica di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri, nonché indicazioni utili ad avviare la revisione del modello organizzativo e strutturale del Servizio sanitario Nazionale in grado di recuperare risorse anche per investire nell’assistenza territoriale. Tale riduzione non può e non deve generare timori, perché deve essere considerata in parallelo ad un’azione programmatica delle Regioni, volta a focalizzare l'attenzione proprio sulla riorganizzazione della medicina del territorio. Questo significa che anche i servizi residenziali e domiciliari, dovranno aumentare le proprie competenze in ambito clinico ed assistenziale. Ritengo che questa sia la sfida : il trasferimento di risorse dall'ospedale al territorio, potrà garantire la sostenibilità futura del Servizio Sanitario Nazionale. L’attuazione dei contenuti del regolamento infatti libererà risorse regionali da destinare al completamento del passaggio da una sanità ospedalocentrica a quella territoriale, incentivando l’assistenza domiciliare, la terapia del dolore e le cure palliative, nonché la continuità dell’assistenza sul territorio.
 
Anche il tema dei Piani di rientro sui disavanzi sanitari va ricondotto in questo quadro complessivo. E’ necessario puntare e promuovere la capacità delle Regioni affinché siano raggiunti gli obiettivi, non solo strettamente finanziari, ma soprattutto gli obiettivi rivolti alla riqualificazione dei servizi. I piani di rientro devono essere intesi come piani di rilancio e di riqualificazione dei servizi sanitari regionali; ritengo che questa sia un’ altra importante sfida a favore della sostenibilità del SSN.
 
E’ a tutti evidente che il successo in tema di sostenibilità non è solo un problema economico, ma presuppone una governance adeguata: persone in grado per capacità e merito di guidare i sistemi nazionali, regionali e locali verso un cambiamento capace di sviluppare salute, innovazione, investimenti, cultura sociale, ma anche un utilizzo etico delle risorse.
Il tema della governance fondamentalmente è un problema etico, sia nella scelta dei manager sia nella gestione e nell’allocazione delle risorse. Sviluppare un Sistema Sanitario Nazionale eticamente sostenibile, significa proprio porre la massima attenzione a questi fattori strategici. In momenti di grande difficoltà economica la “valorizzazione del capitale umano” può apparire sacrificata. Ritengo invece sia necessario, in un momento così delicato e di forte cambiamento, investire proprio nelle persone e nei professionisti della sanità: questo significa promuovere la “cultura del merito”. Infatti, emerge la complessità, l’importanza e la responsabilità del ruolo ricoperto dai policy maker e dai manager delle aziende sanitarie, chiamati ad individuare le misure da adottare ed a trasformarle in azioni quotidiane, fronteggiando le continue emergenze. Intendo promuovere e rafforzare un percorso culturale che privilegi il merito nella selezione dei professionisti, proprio di quelli che sono chiamati a dirigere i massimi livelli di governance del servizio sanitario. Per questa ragione ho fortemente voluto la realizzazione di uno specifico progetto di alta formazione in programmazione e gestione dei servizi sanitari, già in fase di avanzata pianificazione, rivolto proprio a coloro che sono o che saranno impegnati a governare situazioni di elevata complessità, come ad esempio quelle nell’ambito delle regioni coinvolte nei piani di riorganizzazione e riqualificazione dei servizi sanitari regionali. Nella sanità, più che in ogni altro settore, le singole persone riescono a fare davvero la differenza. E per “fare la differenza” intendo il ruolo strategico delle persone nel caratterizzare l'azione di management, le strategie e le scelte, anche nei momenti, come quello attuale, in cui le risorse disponibili sono molto limitate.
 
Occorre, altresì, mettere a punto modelli di intervento sul turn-over, che deve essere parametrato sull’effettivo fabbisogno del SSN. Anche in questo settore non è possibile farsi guidare soltanto dalla leva economica, essendo la nostra stella polare la garanzia di Livelli elevati di assistenza ai cittadini.
 
L’eliminazione di sprechi ed inefficienze è un altra delle sfide che intendiamo sostenere per riuscire a garantire, nei prossimi anni, l’erogazione di servizi sanitari attraverso un sistema sanitario che intendo mantenere tra i migliori al mondo, anche apportando ampi margini di miglioramento. Ritengo che, soprattutto in questa contingenza finanziaria, l’importanza risieda tutta nella qualità della prestazione erogata e non nella categoria dell’erogatore della prestazione, pubblico o privato che sia. Le azioni che stiamo promuovendo hanno come scopo il rafforzamento del monitoraggio dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie e dei Livelli essenziali di assistenza e quello della promozione della trasparenza, quale strumento per il potenziamento della comunicazione con il cittadino e del controllo di legalità.
 
Un sistema sanitario può essere considerato sostenibile nella misura in cui è competitivo.
Per essere competitivi e rafforzare la sostenibilità del sistema è necessario proporre in Europa i livelli di eccellenza e di alta specializzazione di cui il Paese dispone in ogni regione. E’ proprio l’alta specializzazione e la promozione dell’eccellenza che potranno costituire ulteriori opportunità di investimento per il nostro Paese, anche alla luce della Direttiva 2011/24/UE che, come già detto, presto sarà recepita con un decreto legislativo. L’obiettivo è promuovere le strutture di eccellenza, e quindi incrementare la capacità di attrazione dei cittadini dei Paesi dell’UE. Nel contesto europeo i sistemi sanitari ed assicurativi tendono sempre più a privilegiare le strutture che monitorano e dimostrano in modo trasparente di ottemperare a standard rigorosi di eccellenza.
A tal riguardo, abbiamo predisposto un documento contenente la costruzione di un sistema di valutazione orientato proprio alla valorizzazione dei livelli di eccellenza di singoli reparti o dipartimenti ospedalieri. Il sistema di monitoraggio è costituito da validi e rigorosi indicatori di best practice ed a breve sarà sottoposto alla valutazione della Conferenza Stato Regioni.
 
In questo modo disporremo di una modalità che, non solo consentirà di premiare singole strutture di eccellenza ma, in un’ottica più generale, consentirà di migliorare la qualità di tutto il sistema sanitario italiano per mantenerlo competitivo nel contesto europeo.
A voler “azzardare” una previsione su cosa potrà accadere nel prossimo futuro, basta immaginare l’effetto che l’apertura al libero mercato avrà, sia in termini di concorrenza tra i differenti sistemi nazionali, che di opportunità di sviluppo, per il nostro Servizio sanitario nazionale.
Va anche detto che questa opportunità potrebbe nascondere anche un’insidia.
 
Non è escluso, infatti, che l’abbattimento delle barriere pre-esistenti possa generare o rafforzare fenomeni di “turismo sanitario”, in particolare in quelle aree geografiche del nostro Paese in cui il rapporto di fiducia tra cittadini e servizi sanitari risulta maggiormente deteriorato e logorato.
Questa situazione potrebbe provocare sul nostro sistema un impatto economico di proporzioni devastanti a causa del sistema dei rimborsi; rimborsi che dovranno essere effettuati in favore dello Stato europeo presso cui il cittadino italiano ha preferito curarsi.
Quindi, l’impegno che dobbiamo assumere tutti è quello di proporre anche in Europa un modello innovativo di assistenza, in grado di intercettare, di attrarre e di accogliere i cittadini europei che sceglieranno di curarsi presso gli ospedali italiani.
 
Come prospettiva futura, l’impegno sarà incentivare la capacità di attrazione del nostro Sistema nel campo della ricerca scientifica, con l’obiettivo di accrescere ed incoraggiare l’arrivo dei ricercatori dall’Estero. Per fare ciò occorre  migliorare le performance delle strutture impegnate nella ricerca e prevedere adeguati incentivi economici.
 
Sono invero convinta che il livello di meritocrazia adottato da un Paese si misuri anche mediante la capacità di attirare una mobilità attiva dei ricercatori da altri paesi. Se si riuscirà a realizzare questi due obiettivi strategici in ambito europeo: attrarre più pazienti ed attrarre più ricercatori, si potranno creare le condizioni per incentivare anche il sistema imprenditoriale a finanziare i “nostri” progetti di ricerca. Ciò consentirà anche il rientro di molti giovani ricercatori costretti, proprio in nome della ricerca, ad emigrare altrove a vantaggio di altri Paesi. La ricerca scientifica in sanità deve continuare ad essere una delle priorità per il nostro Paese.
 
Beatrice Lorenzin

24 ottobre 2013
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