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Quanti numeri a vanvera attorno alla spesa (e ai tagli) in sanità

di C.F.

27 LUG - Come avevamo previsto ieri quel titolo di Repubblica sui 10 miliardi di tagli alla sanità ha lasciato il segno. Ieri ne hanno parlato tutti i Tg e oggi molti altri quotidiani hanno ripreso le parole di Yoram Gutgeld.
 
Già ieri avevamo sottolineato che in realtà in quell’intervista Gutgeld non faceva mai cifre e che i 10 miliardi che figuravano nel titolo e nell’incipit del pezzo di Roberto Petrini sembravano far riferimento al complesso dei risparmi attesi dalla spending, ma tant’è, quei 10 miliardi di tagli alla sanità è ormai difficile scrollarseli di dosso.
 
E non aiuta certamente un’altra intervista di Repubblica, quella in pagina stamattina, dove a parlare sul tema è il ministro Lorenzin, che ieri aveva invitato a distinguere tra titolo e contenuto dell’intervista, ma oggi sembra accettare quei 10 miliardi anche se dice che vanno intesi “come risparmi e non come tagli lineari”. Ribadendo anche che la maggior parte di loro resterà nella sanità e sarà dedicata soprattutto alle assunzioni di nuovo personale stremato da anni di blocco del turn over e alla ricerca.
 
Solo una parte, ed è presto per dire quanta, di quei risparmi contribuirà alla manovra di riduzione delle tasse annunciata la scorsa settimana da Renzi. Così Lorenzin.
 
Insomma cambia l’intervistato, cambiano in parte le analisi, ma i 10 miliardi di tagli/risparmi alla sanità restano ancora in prima pagina. Anzi, Lorenzin va più in là e afferma che con una maggiore efficienza e organizzazione nella sanità si potrebbero addirittura recuperare 30 miliardi e che quindi “a trovarne 10 mi accontento”.
 
A questo punto la querelle su queste cifre ci interessa poco, perché da questa bailamme di numeri sparati con molta nonchalance (come i famosi 10 o 13 miliardi che costerebbe la medicina difensiva, derivanti da un vecchio studio del 2010 dell’Ordine dei medici di Roma, e che ormai vengono ripetuti come un mantra insieme ai 5/6 miliardi imputati alla presunta corruzione in sanità), temiamo derivi solo una gran confusione.
 
Una sola cosa è ormai certa: la sanità sarà tagliata anche nella prossima legge di stabilità. Del resto di fronte a cifre come quelle ribadite oggi dal ministro della Salute – 30 miliardi di possibili risparmi in sanità – come si fa a difendere la spesa di Asl e ospedali?
 
Purtroppo, l’abbiamo scritto anche ieri, le cose non stanno così. La nostra spesa sanitaria è ormai al lumicino. Con percentuali pro capite inferiori del 25% a quelle dei nostri partner europei (Spandonaro, 2014). Il che vuol dire che quando un francese o un tedesco, a parità di potere d’acquisto, spende 1.000 per la sanità, noi ne possiamo spendere al massimo 750. Come si può pensare di risparmiare ancora?
 
L’equivoco, che sarebbe onesto chiarire, è che certamente la sanità, come ogni altro comparto della pubblica amministrazione, potrebbe funzionare meglio con maggiore efficienza, qualità e organizzazione dei servizi. Ma questo non vuol dire risparmiare, questo vuol dire migliorare standard, attitudini, capacità e contesto organizzativo, strumentale e ambientale del sistema. Tutte cose che non farebbero risparmiare risorse ma le farebbero utilizzare meglio a beneficio di cittadini e operatori.
 
Confondere i due piani è, oltre che sbagliato, pericoloso. Qualcuno dei consiglieri ed esperti del ministro dovrebbe avere il coraggio di dirle queste cose, non rendendosi ispiratore del leit motiv, come quello ormai affermato ai piani alti del Governo, che in sanità c’è ancora tanto da mungere “perché intanto ci sono un sacco di sprechi e inefficienze”.
 
Cesare Fassari

27 luglio 2015
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