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Il destino della sanità pubblica è nelle nostre mani

di Ivan Cavicchi

02 NOV - “Dopo l’estate vi farò una proposta”, (QS 5 luglio 2016). Ed eccola qua: “la quarta riforma” con sulla copertina “l’autobus farlocco” della sanità pubblica.
 
Andiamo al sodo partiamo dal cuore del problema: il de-finanziamento è la risposta sbagliata dei governi ai problemi di sostenibilità finanziaria della sanità pubblica.
 
Un modo coercitivo per contenere la natura incrementale della spesa sanitaria, ma del tutto inefficace a rimuovere alla radice le vere contraddizioni di un sistema con troppi margini di anti-economicità vale a dire:
· gli squilibri strutturali tra domanda e offerta,
· l’eccesso di invarianza dei modelli di tutela,
· un grado preoccupante di regressività culturale nel modo di usare le conoscenze,
· organizzazioni del lavoro e dei servizi superate,
· prassi professionali inadeguate nei confronti dei cambiamenti sociali ed economici,
· forme di governo e di finanziamento manifestamente anacronistiche.
 
Rispetto a tali contraddizioni il de-finanziamento è del tutto incongruo per cui si può dire che in ragione di tale incongruità a condizioni non impedite la sanità pubblica è destinata ad essere “negata”. Questo è il punto.
 
Se vogliamo far sopravvivere la nostra sanità l’imperativo è categorico: si metta in campo una “quarta riforma” cioè un cambiamento di sistema profondo organico originale dedotto dalla carne viva delle sue tante anti-economicità.
 
Lo scopo è uno solo, perentorio: rendere sostenibile in modo diverso la sanità pubblica altrimenti è inutile parlare di diritti e di universalità.
 
La “quarta riforma” parte dal presupposto che:
· l’dea di sostenibilità del governo è sbagliata e pericolosa,
· esiste un altro genere di sostenibilità su cui si deve lavorare,
· l’economia in nome dei diritti non può essere messa tra parentesi  per cui i conti bisogna farceli,
· tra le politiche di de-finanziamento agite dai governi e quelle di rifinanziamento rivendicate dai suoi oppositori vi è uno spazio riformatore importante di cui noi della sanità per primi siamo responsabili.
 
Questo spazio… udite… udite in realtà avremmo dovuto riempirlo almeno 40 anni fa ma a causa di un riformismo eroico quanto superficiale e immaturo non ci siamo riusciti.
 
Tutto ha inizio dal crollo storico del sistema mutualistico: una crescita abnorme dei bisogni e quindi della domanda di salute alla quale segue una crescita delle prestazioni solo di cura non sostenuta da una adeguata crescita dei finanziamenti (contributi).
 
L’istituzione del Servizio sanitario nazionale (riforma del 78) e riforme successive (92/99) avrebbe dovuto essere la soluzione. Cioè la soluzione avrebbe dovuto essere il cambiamento. Esso avrebbe dovuto:
· rimuovere le contraddizioni all’origine del mortale indebitamento,
· riformare il modello di offerta a partire dalla nuova domanda di salute,
· affermare la salute primaria come diritto,
· ripensare la medicina,  le prassi professionali  quindi il lavoro per accrescere le  utilità di salute dei servizi,
· far costare meno il sistema di cura azzerando le sue diseconomie,
· ripensare i modelli storici dei presidi sanitari e delle loro storiche funzioni perché inadeguati,
· ripensare le forme di governo e di finanziamento,
· affermare  un nuovo genere di cittadino quale primo soggetto di salute.
 
Come ho detto questo cambiamento riformatore profondo non è avvenuto e alla gigantesca questione della sostenibilità si è risposto:
· incollando insieme in un insieme più che in un sistema  tanti tipi di servizi diversi
· riciclando vecchi modelli,
· facendo manutenzione a vecchie organizzazioni,
· limitandosi a gestire al meglio  le risorse assegnate,
· perseguendo compatibilità,
· razionalizzando l’invarianza(appropriatezza, economicità, uso ottimale),
· contingentando e impoverendo il capitale professionale ma sempre a prassi invarianti.
 
E’ a questa idea di riformismo maldestro che si riferisce la metafora dell’autobus farlocco della copertina del libro: prima avevamo tante piccole corriere (mutue) poi abbiamo fatto un grande autobus (super-mutua) ma con un motore vecchio e spompato perché costruito con i pezzi presi dalle vecchie corriere rottamate.
 
Oggi l’autobus farlocco è grosso come una astronave ma funziona come una caccavella quindi costa e consuma troppo, va piano e perde pezzi per cui è destinato per tante ragioni più grandi di noi a lasciarci a piedi.
 
Tutto il riformismo sanitario del 900 messo in campo contro il grande crollo delle mutue si può riassumere in pochi postulati:
· il sistema è quello che è,
· bisogna farlo funzionare di più e meglio,
· non c’è niente da cambiare si gestisca al meglio quello che c’è,
· dovete adattarvi al limite economico e costare meno,
· la spesa va ridotta quindi se necessario riducete i consumi, tassate i cittadini, tagliate i loro diritti.
 
Un riformismo ripeto eroico a volte ingenuo in certi casi macroscopicamente ignorante soprattutto nei confronti di certi storici cambiamenti culturali (penso al tema del tutto ignorato della complessità sorto negli stessi anni della riforma) ma che ha avuto molti meriti che non mi sogno di negare.
 
Il più grande di tutti è aver messo in piedi un servizio nazionale universale che è ancora in piedi e aspetta solo di essere rilanciato cioè riformato veramente.
 
Questo riformismo pionieristico è inutile negarlo a tutt’oggi non è riuscito a rendere effettivamente sostenibile cioè durevole il sistema pubblico.
 
Oggi l’insostenibilità che abbiamo ereditato dalle mutue si è amplificata al punto tale da mettere a rischio con il de-finanziamento il sistema come 50 anni fa. Oggi pensate un po’ il definanziamento è l’unica misura in campo efficace per evitare il default. Paradosso e contro-paradosso.  
 
La responsabilità politica di questo riformismo debole è quadrupla:

· aver declinato il limite economico  solo come limitazione di risorse  e mai come possibilità di cambiamento del sistema,
· aver definito una idea negativa  di sostenibilità del tutto subalterna al limite economico,
· aver interpretato i problemi finanziari solo in chiave compatibilista,
· aver spianato la strada al definanziamento  del diritto.
 
Oggi dopo più di 40 anni di politiche compatibiliste la sostenibilità della sanità definita in questi giorni dal Def 2017/2019 è solo una brutale quanto perentoria funzione di spesa f (x) dove lax, cioè l’argomento, è il limite economico o in forma di Pil o in forma di spesa pubblica o in forma di disavanzo, o in forma di crisi economica. Null’altro. Un puro limite economico.
 
Davvero un bel capolavoro di riformismo di cui essere fieri. Dopo ben tre riforme sanitarie il risultato è che dal ministero degli Interni (prima della seconda guerra), siamo passati al ministero della Salute (dopo la seconda guerra), per finire al ministero dell’Economia.
 
Oggi la sanità rischia di essere negata perché prima di ogni altra cosa la malattia non è più considerata un problema di salute ma solo un problema di sostenibilità finanziaria.
 
Se è vero che a condizioni non impedite la sanità pubblica sarà negata, a quali condizioni si può riaffermarla?
 
La risposta è una sola: riformare ciò che non è mai stato riformato con lo scopo di trasformare la super mutua in un vero servizio sanitario nazionale moderno. In poche parole dobbiamo cambiare il motore all’autobus, metterne uno di nuova generazione, che consumi poco, capace di essere veloce e di portare tutti.
 
La quarta riforma” è un insieme di proposte (10 per l’esattezza) tirate fuori da una analisi spietata e inedita che va ben oltre i luoghi comuni   che ci raccontiamo da anni.  Una analisi storicamente rigorosa perché vissuta che spazza via le amnesie di comodo per mettere a nudo tutte le nostre   responsabilità oltre a quelle pesantissime della politica che oggi ci hanno portato al punto in cui siamo.
 
Prendersela solo con l’orco quando a raccontare la favola dell’imbecille è l’imbecille non è intellettualmente onesto ma soprattutto è troppo comodo e troppo facile.
 
La “quarta riforma” dice le verità scomode sulla sanità e da queste ricava le proposte di cambiamento per evitare il peggio. Non possiamo continuare a prendercela con l’orco e nascondere i nostri limiti dietro un rivendicazionismo di comodo.
 
Oggi è arrivato il momento di opporci alle politiche nichiliste del governo prendendoci le nostre responsabilità. Attardarci in discussioni pretestuose è pericoloso.
 
Invito quindi tutta la sanità sindacati, ordini, associazioni, società scientifiche, istituzioni, fondazioni, servizi, professioni, operatori, cittadini, università, a discutere “la quarta riforma” per costruire una proposta forte credibile convincente di sostenibilità cioè di durabilità del sistema pubblico.
Il destino della sanità pubblica è nelle nostre mani. Non è vero che esso sia segnato. Noi possiamo cambiare le cose. Possiamo dire al governo che se i suoi problemi economici sono innegabili le sue politiche sono sbagliate.
 
Ma se per una qualsiasi ragione vi girerete dall’altra parte facendo finta di non vedere, di non sentire, di non capire, sappiate che se la sanità sarà negata sarà certo colpa del governo di turno quando ne decreterà la fine ma anche vostra perché con mille scuse non avrete fatto nulla per impedirlo.
 
Ivan Cavicchi

02 novembre 2016
© Riproduzione riservata
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